Paola Rubbi (Bologna, 21 settembre 1933 – Bologna, 1° luglio 2017). Paola Rubbi fece la sua gavetta per l'”Avvenire d’Italia” – biro Bic e taccuino – prima sui banchi del Consiglio provinciale; per passare, solo più tardi, in Comune a Bologna; per approdare, infine, alla Rai, diventando un “volto” del Tg regionale. Allora niente mail, niente cellulari, dettatura dei pezzi al telefono o dattiloscritti direttamente in redazione. Le donne giornaliste non erano tante e lei ha avuto, nel nostro contesto, un ruolo oggettivamente pionieristico. Con incarichi di primo piano, tra i quali la presidenza dell’Associazione stampa dell’Emilia-Romagna (Aser). Ha scritto tanto. Con l’editore l’Inchiostro blu, partecipando a volumi come “Le strade di Bologna”; “I portici di Bologna”; “Le chiese di Bologna”. Fu un piacere, per me, la sua collaborazione ai tempi dell’assessorato provinciale al Turismo, con tante idee, compreso un libretto con raccolta di diapositive sul territorio. Sua la suggestione di immaginare delle “varianti pedonali di Valico”, impostando progetti per il trekking. Era legatissima alla sua città, alla “sua” via d’Azeglio; e non gradì, a suo tempo, la costruzione del parcheggio sotterraneo. Amava l’Appennino. Ci si incontrava anche a Varano, località di Borgo Capanne, nel comune di Granaglione, dove aveva una casetta sulla strada. Si era abituata, non so perché, col suo inconfondibile timbro di voce, la “erre” arrotondata, a chiamarmi “il mio bimbo”; a maggior ragione la ricordo con tantissimo affetto.