Strepitoso successo all’Europauditorium per Edoardo Bennato e la seconda data del suo nuovo spettacolo “Pinocchio & Co”. Uno spettacolo senza interruzioni, ma diviso idealmente in due parti: la prima con accompagnamento di solo quartetto d’archi, e la seconda propriamente rock con due chitarre, basso, tastiere e batteria. Lo spettacolo si apre infatti col quartetto d’archi; Bennato entra ed esegue alcuni dei suoi storici successi: “Dotti, medici e sapienti”, “In fila per tre”, “L’isola che non c’è”. Poi “Le ragazze fanno grandi sogni” tratto dall’album del 1995, e di nuovo anni ’70 e ’80, con “La fata” l’applauditissima “Cantautore”, “Sono solo canzonette” e “Il gatto e la volpe”. A questo punto, il concerto prende una piega totalmente rock con “Stop America”, e diventa un vero e proprio show multimediale con proiezioni su vari schermi dietro il palco e ai suoi lati. Bennato ci porta dentro la sua proverbiale energia con “Sarà Falso, sarà vero”, “Mangiafuoco” e “Quando sarai grande”. Nei parlati, Bennato cita Collodi (cui si ispirò nell’album “Burattino senza fili”), e i sempiterni problemi di Napoli. Infatti è nato nel quartiere industriale di Bagnoli e conosce i problemi delle periferie. Tra gli altri brani, esegue “A Napoli 55 è a musica”, una sentita canzone autobiografica. Un momento toccante è stato quando si è parlato del caso-Tortora, a proposito della canzone “La calunnia è un venticello”, ispirata dal celebre verso rossiniano. Una presentazione particolare anche per “Pronti a salpare” il recente brano sugli uomini che migrano alla ricerca di migliori condizioni di vita. E poi gran finale col ritorno del quartetto e il brano scritto per Pavarotti, un pezzo davvero riuscito che spezza la pressante l’atmosfera rock. Un finale di energia in crescendo, con “Rinnegato”, “Un giorno credi”, e altri brani che sarebbe enciclopedico citare. Senz’altro uno spettacolo di grande livello e di grande generosità nel donarsi al pubblico. Abbiamo trovato un po’ forzata l’operazione di portare un concerto tipicamente rock in un teatro, che si presterebbe a momenti e sfumature di carattere diverso. Un po’ di minimalismo non sarebbe guastato, anche per riflettere e dialogare senza affidare ogni cosa all’esecuzione sfrenata dei brani. Invece è stato tutto iper-arrangiato, iper-suonato e iper-illuminato. La scelta fonica è stata quella di tenere la voce “dentro” come fosse uno strumento, senza farla spiccare prepotentemente sulla base suonata dai musicisti. E’ un’opinione molto rock e musicalmente rispettabile, tuttavia rende scarsamente intellegibili le parole quando non si conoscano già i testi. E – ripetiamo – un bel teatro sarebbe un’ottima casa per accogliere qualche momento anche al di fuori della forza d’urto di un concerto rock. Il pubblico ha mostrato di gradire uno spettacolo quasi frenetico, all’interno del quale sono stati snocciolati tanti successi del passato. Impressionante ripercorrere quanti potenti componimenti ha scritto questo cantautore napoletano, brani che ora sono depositati nella storia del costume e della musica italiana. Grande rispetto per un artista meticoloso, che gioisce nel concedersi al pubblico fino all’ultima goccia di energia. Edoardo Bennato non tradisce. Ma nemmeno stupisce più di tanto, se non nella scelta di tenere fuori scaletta “Viva la mamma”, che non è stata eseguita nemmeno tra i bis.