di Sergio Fanti
“All’inizio il manager è quello che ti fa guadagnare l’80%, poi diventa quello che ti ruba il 20%”.In questa frase si potrebbe riassumere il sentimento che ha animato Michele Torpedine nello scrivere questa autobiografia. Un libro succulento per gli appassionati di musica, e interessante per chiunque, trattando dell’eterna questione dell’ingratitudine e di come le dinamiche delle relazioni umane possano cambiare al mutare delle circostanze.
“Grazie è una parola che l’artista non conosce quasi mai” è la frase d’esordio del libro: una frase che restituisce lo sguardo dell’autore sulle proprie vicissitudini nel mondo della musica leggera. Uno sguardo di amarezza, che lamenta la mancata riconoscenza da parte di vari artisti che Michele ha valorizzato -in alcuni casi scoperto- portandoli al successo.
La storia di Michele Torpedine è decisamente avvincente: di famiglia povera, arriva a Bologna da bambino e guadagna qualche lira facendo lavori di calzoleria. Poi fa il cameriere e il fattorino. Insomma, una vita difficile, che si illumina quando il fratello mette insieme una rudimentale batteria: quello strumento diventerà per Michele passione vera; di gradino in gradino, dalle orchestre emiliane diventerà batterista di nomi noti, per poi inserirsi come road-manager nell’entourage di Gino Paoli.
Ed è proprio quando faceva il batterista-manager di Paoli che gli venne la grande intuizione che cambiò il suo percorso: l’idea di fare un tour Paoli-Vanoni. Un’idea per la quale non trovò gli alleati che sperava e che portò quindi avanti in prima persona, nell’incredulità degli addetti ai lavori. Il tour fu un successo strepitoso e gli cambiò la vita: da quel momento, una diversa considerazione nell’ambiente e tanto lavoro destinato a lasciare tracce importanti. Ma prima ancora, era riuscito nella non facile impresa di rilanciare Paoli, in quei primissimi anni Ottanta nei quali la discografia lo considerava un cantante buono solo per i revival. Fu grazie alla caparbietà di Torpedine che uscì “Averti addosso” l’album del ritorno di Gino. Sembra impossibile adesso, ma canzoni come “Una lunga storia d’amore” venivano bocciate dai sapientoni della discografia.
Subito dopo quella fortunata tournée, cominciò a lavorare con Zucchero, portandolo da cantantino pop a grande artista blues.
Nel libro, Zucchero ricorre più volte come esempio di ingratitudine, non solo verso Michele, ma anche verso altri collaboratori, mentre quasi surreale appare la collaborazione con Giorgia. Torpedine la scova mentre canta in localini e in contesti senza avvenire, e la porta a Sanremo col brano “E poi”, col quale la giovane esordiente romana si fa notare parecchio. L’anno dopo vince il festival con “Come saprei”, ma tutte queste scelte artistiche -di indubbio successo commerciale- non trovarono mai d’accordo Giorgia, che le considerava canzoncine e nulla più. Giorgia partecipò senza voglia a “Vivo per lei”, il celebre duetto con Bocelli che vendette venti milioni di dischi. La rottura tra Giorgia e Michele avvenne la sera stessa della vittoria di Sanremo. Sono cose ai limiti dell’incredibile.
Nella storia di Michele Torpedine i fili sono uniti da meccaniche invisibili. La vita è veramente l’arte dell’incontro, e per Michele gli incontri e le collaborazioni sono sempre state porte aperte verso nuovi capitoli. Lo stesso Zucchero si rivelerà il viatico verso Andrea Bocelli: compose “Miserere”, un brano con venature liricheggianti, e si pensò di farla cantare a Pavarotti. C’era bisogno di una voce tenorile per il provino, e le circostanze fecero sì che Michele andò a cercare un pianista di piano-bar di Pontedera, che era appunto Bocelli. Dall’iniziale rifiuto di Pavarotti nacquero il successo mondiale di “Miserere”, il Pavarotti International, e la carriera di Bocelli che stava per essere assunto dalla Sip. Una telefonata tra Torpedine e Andrea risolse il dilemma lavorativo di quest’ultimo nella scelta a favore della musica. “Se incontrate Bocelli, chiedetegli come ha fatto a dimenticare” chiosa Michele nel libro.
Gli anni con Bocelli sono stati pieni di avventure e di cose belle e prestigiose. Gli aneddoti raccontati nel libro mostrano come il ruolo del manager sia stato fondamentale, anche in alcuni bluff che si sono rivelati stratagemmi vincenti per raggiungere obiettivi pazzeschi di prestigio e di denaro.
Poi, dopo aver perso le collaborazioni con tanti artisti, Michele rimase inoperoso, fino a quando inciampò in un programma della Clerici, nel quale si esibivano i tre tenorini de “Il Volo”, allora ragazzini. Gli torna la voglia, li contatta e si mette in pista con loro. Ecco perché il titolo “Ricomincio dai tre”. Anche qui, la fortuna di incontrare la canzone giusta per stravincere Sanremo. Di nuovo come con Bocelli, Michele esporta il bel canto italiano in tutto il mondo. E la storia col Volo è appena cominciata. E sicuramente Michele Torpedine ha qualche artista ancora da scoprire.