Generazione Erasmus, generazione di fenomeni

È un mondo fatto a immagine e somiglianza di chi può volare alto, quello di Erasmus, mentre agli altri tocca fare i conti con una squallida quotidianità. 

Erasmus è il simbolo di quella gioventù universitaria baciata dalla fortuna di essere nata nelle famiglie giuste e che si può permettere un giro di giostra in una società che, con la menzogna della meritocrazia, condanna irrimediabilmente all’immobilismo buona parte dei giovani, a causa di un ascensore sociale fermo già da alcuni decenni, una società che festeggia quando uno su mille ce la fa, giusto per dare l’illusione che tutti possano farcela. 

A leggere i resoconti del progetto Erasmus c’è da entusiasmarsi. I giovani universitari che partecipano a questa kermesse pare trovino lavoro più facilmente di chi non si siede a questo prestigioso tavolo. 

Così, se andate sulla rete troverete informazioni esaltanti sui risultati di questo progetto, fiore all’occhiello, per i corifei dell’Europa senza frontiere, da esibire ai miscredenti. Poco o niente troverete sugli aspetti meno convincenti e più discutibili.

Ed è proprio davanti a questa informazione a senso unico che, in genere, c’è da insospettirsi, perché il sospetto, ed è bene che ce lo diciamo una volta e per tutte, non è l’anticamera della verità ma il legittimo esercizio del dubbio che a volte può condurre alla verità. Vale, a tal proposito, la pena di ricordare, che tre dei più grandi filosofi europei Marx, Freud e Nietzsche sono stati definiti “maestri del sospetto” e pare, a detta di tanti, “che ci abbiano preso”. Va da sé che non posso iscrivermi a questo esclusivo club, ma molto più  umilmente mi ritengo un “alunno”, e nemmeno troppo meritevole, “del sospetto”. 

Se, infatti, andiamo a vedere questi report, i numeri dicono altro.

Dicono, per esempio, che siamo sempre in presenza di quegli eletti che possono permettersi, grazie a papà e a mammà, di campare per un anno fuori di casa, poiché l’Europa concede soltanto un bonus di 400/500 euro al mese, coi quali puoi pagarti, se va bene, l’affitto.

Viene spontaneo, pertanto, pensare che se questi giovani intraprendenti trovano più facilmente lavoro magari c’entra, anche qui, la manina santa dei genitori. 

Al netto di certo ottimismo di maniera, a volere incrociare alcuni dati sugli studenti universitari, poi, ci si può facilmente accorgere dell’elevato numero di abbandoni che caratterizza le nostre Università, il che fa pensare che qualche problema nel nostro paese esiste.

L’equivoco che sta alla base dell’imbroglio è sempre lo stesso: sbandierare che le porte sono aperte a tutti mentre si lasciano immutate le  condizioni di partenza. A niente valgono le ricerche che confermano quello che ciascuno di noi può osservare guardando la realtà che lo circonda, ovvero che oggi più di ieri il  successo e il fallimento sono strettamente  correlati alle condizioni socioeconomiche della famiglia di origine. I soliti sacerdoti del pensiero unico saranno, comunque,  sempre lì pronti a ricordarci che l’unico sistema degno di sopravvivere alle tempeste della Storia è quello capitalistico, un sistema cui piace vincere facile, essendo rimasto il solo, come  ci ricorda Branko Milanovic nel suo ultimo saggio “Capitalism, alone”. E sottolineo “alone”.

Il mantra che ossessivamente risuona  e che sfrutta il meccanismo per cui una bugia ripetuta mille volte diventa una verità è: “Benvenuti nel mondo delle opportunità “!

Personalmente non mi sentirei di parlare di opportunità ai giovani delle nostre periferie degradate o delle “banlieu” parigine, o di qualunque altra periferia del mondo, quando:

– non è all’ordine del giorno dei paesi ricchi la lotta contro le disuguaglianze che continuano, al contrario, ad aumentare, come risulta dai rapporti annuali di Oxfam e dai dati che emergono sulla situazione nel mondo in questa fase di pandemia;

– la vera lotta di classe è quella dei grandi detentori della ricchezza contro il proletariato e coloro che sono destinati a farne parte, (e non dite che questi termini e le realtà ad essi corrispondenti sono obsoleti, perché l’espressione “lotta di classe” è stata recentemente utilizzata dal miliardario W. Buffet quando ha tenuto a sottolineare che è “in atto una lotta di classe e la mia classe la sta vincendo”)

– è in atto, infatti, un’economia di rapina a livello planetario, perché,  diciamocelo, il colonialismo non è mai finito, ma ha solo cambiato forme e viene elegantemente, ma  maldestramente, tenuto nascosto, anche attraverso accordi di partenariato economico a tutto vantaggio dei paesi ricchi.

Nel frattempo uniamoci al coro e brindiamo alla generazione Erasmus, generazione di fenomeni! 

Allegri ragazzi, la festa continua………