“Anche se voi vi credete assolti…”

Il tema delle satira è uno di quelli che accende forti passioni. E questo lo ritengo un fatto positivo. Ma se essa è riconosciuta un diritto inalienabile, e dunque non negoziabile,  non mi pare che altrettanto si possa dire del diritto di critica politica. Sembra un paradosso ma se andiamo a vedere i fatti è proprio così. Ci troviamo di fronte ad una delle tante contraddizioni di quella che ci ostiniamo a  chiamare “civiltà occidentale”. Ma andiamo per ordine. Questo l’assunto da cui prende le mosse il presente articolo: abbiamo creato un mostro e non osiamo riconoscerlo come una nostra creatura, perché riconoscerlo significherebbe scoperchiare il vaso di Pandora. Dopo aver armato fino ai denti i popoli arabi per il nostro tornaconto economico, dopo aver esportato con le armi la nostra democrazia e legittimato il nostro diritto al colonialismo convinti di una superiorità, invero, tutta da dimostrare, cadiamo dal pero e restiamo sbigottiti per la violenza con la quale l’Islam si accanisce  contro la nostra civiltà. Quello dello scontro tra  civiltà è un tema in sé poco appassionante e soprattutto fuorviante, ma che diventa necessario propalare a piene mani per giustificare il vuoto di valori determinato da una cultura che il massimo che è riuscita a produrre è una disuguaglianza senza precedenti e la riduzione di tutti i valori a quelli di Borsa.  Certo, nel corso dei secoli la democrazia ha reso possibile il riconoscimento di diritti ritenuti fondamentali, umani e civili, ma oggi sembra avere imboccato un percorso opposto, tradendo buona parte delle sue promesse e regredendo, fino a mettere seriamente in discussione i suoi fondamenti. Ma attenzione, non è un lamento nostalgico per un mondo che era buono e si è incattivito. È un mondo il cui destino è stato scritto nel secolo scorso quando è stato teorizzato come l’eccesso di democrazia avrebbe portato la società verso il baratro.(1) Lo scontro di civiltà rappresenta solo un pretesto per oscurare tutte le nefandezze perpetrate dalla nostra “democrazia”. Strana creatura, quest’ultima,  che ha poggiato e continua a poggiare gran parte del suo benessere sullo sfruttamento di paesi che, pur possedendo risorse per vivere più che dignitosamente, si trovano a dover combattere contro fame e siccità ed anche a vedere tarpate le ali quando cercano di realizzare una società che si affranchi dalla subordinazione ad un Occidente in crisi. Che dire, ad esempio dell’assassinio di Patrice Lumumba nel 1962?  Ma senza voler andare troppo lontano, che dire delle recenti “primavere arabe”? Che sono una bella costruzione fatta apposta per riproporre, con l’alibi della democrazia, l’assoggettamento dei popoli arabi alle logiche occidentali che non possono ammettere che ci siano società che si sottraggono al dio “mercato”, solo a parole “libero”, perché in realtà costruito a immagine e somiglianza degli interessi dell’occidente.  Ed allora, per ritornare da dove eravamo partiti, sorge, per esempio, il dubbio che con l’affaire Charlie Hebdo e le sue vignette su Maometto, la Francia non abbia  fatto altro che fornire un alibi ad un nemico che in realtà nemico non è, ma una costruzione ideologica buona per tenere in vita un sistema che ci ostiniamo a definire democratico solo come copertura di una politica, come quella francese, ormai vittima della sua grandeur, che continua ad esportare armi e a spedire militari in diversi stati africani e a tenerne in scacco le economie con il suo CFA. E quando qualcuno ha provato a sganciarsi da questa dipendenza, come il colonnello Gheddafi, è stato eliminato, sbandierando come una vittoria della democrazia la fine del suo regime, che era certamente sanguinario, ma che non è stato abbattuto per questo.  La facilità con cui gli eserciti e i servizi segreti occidentali riescono ad abbattere i regimi scomodi è pari solo alla nostra incapacità di ricostruire dalle macerie che lasciamo, a testimonianza del fatto che il vero interesse non è l’amore per la democrazia ma la creazione di mercati obbedienti alle leggi spietate del neoliberismo. E poi, con abile mossa storiografica, perché la Storia si sa la scrivono i vincitori, abbiamo prima derubricato come semplice effetto collaterale e poi definitivamente rimosso i massacri perpetrati dalle potenze coloniali, compresa l’Italia, che con lo slogan “italiani brava gente” si è completamente ripulita la coscienza. Quando penso a tutto questo, allora, mi duole dirlo, mi sento un pò meno “Charlie”! 1. Il riferimento è al documento noto come “Trilateral” del 1975, reperibile sulla rete.