Ho molto esitato prima di intraprendere la scrittura del presente articolo perché il tema delle quote rosa, sul quale rifletto da lungo tempo, mi è sempre sfuggito, trovando sempre buoni argomenti ora nell’una ora nell’altra posizione.
Alla fine ho convenuto su alcuni aspetti che mi sono parsi dirimenti, ed ho deciso di entrare nel dibattito che si è aperto su questo dilemma: quote rosa sì o quote rosa no?
In realtà ciò che mi ha portato ad optare per il secondo corno del dilemma, si trovava nella domanda che altre volte mi ero posto e a cui avevo dato una circostanziata risposta: mi chiedevo cioè se l’avvento delle donne in politica avesse apportato un vento nuovo, una sensibilità nuova e diversa rispetto a quanto fatto dagli uomini che hanno da sempre dominato la scena.
Mi sono ricordato allora di un articolo che avevo già scritto, in cui avevo risposto che no, l’ingresso delle donne non ha modificato alcunché nel panorama della politica, per cui riservare ad esse una quota era un’operazione ambigua e pericolosa al tempo stesso. Infatti, al contrario di quanto a prima vista potrebbe apparire, creare una corsia preferenziale per le donne aveva tutta l’aria di una concessione.
Credo, nello stesso tempo, che ci sono momenti storici in cui, per attirare l’attenzione su problematiche non avvertite come urgenti e importanti è opportuno forzare la mano, imponendo delle scelte non foss’altro che per porre il problema sul tappeto. E da questo punto di vista si potrebbe accettare che si siano create delle corsie preferenziali.
Credo, altresì, che una volta fatto questo, sia necessario passare alla fase della lotta, in modo da evitare che passi l’idea che una donna trovi posto nella politica, non in quanto persona in grado di elaborare una propria visione del mondo senza necessariamente appiattirsi sulle posizioni già esistenti, ma in quanto donna.
È successo invece che le donne hanno cominciato ad assumere comportamenti che ricalcano in tutto e per tutto lo stile maschile, scimmiottandone i modi e accettando, “tout court”, disvalori come la violenza e l’arroganza.
Si pensava che la sola istituzione di un Ministero delle pari opportunità sarebbe bastata a spianare la strada alla realizzazione della tanto agognata parità. È indubbio che avrebbe potuto dare luogo ad una maggiore possibilità per le donne di migliorare la loro condizione di sudditanza nei confronti dell’uomo. In realtà le disuguaglianze non sono diminuite a meno che non si scambino per conquiste gli allineamenti alla imperante mentalità neoliberista che hanno finito col perpetuare modelli maschili ostili alle donne.
Anche la stessa idea di parità presenta tratti di ambiguità facilmente utilizzabili da chi vorrebbe che la donna si prestasse a perpetuare la mentalità maschile, laddove, invece, sarebbe piu utile, ai fini della liberazione delle donne dal giogo millenario, rimarcare la differenza, facendo in modo che essa non si trasformi in disuguaglianza, anzi al contrario, che diventi forza propulsiva per un cambiamento di mentalità.
Interessante a questo proposito il manifesto scritto a più mani “Femminismo per il 99%” nel quale viene messo in risalto nella “Tesi 2” come “I media mainstream continuano a diffondere l’equazione tra “femminismo” e “femminismo liberale”. Lungi dal fornire una soluzione, il femminismo liberale è parte del problema. […]
Come dire che se la donna accetta di essere ammessa nel consesso maschile, condividendone la visione neoliberista, non rende alcun servizio alla causa della sua liberazione, finendo, al contrario,col dare più forza all’affermazione di una mentalità sessista.
E, ancora: cambia qualcosa se le politiche economiche neoliberiste vengono enunciate dalla signora Von der Leyen o da qualsiasi altro uomo dell’establishment? O che le novità sulle pensioni degli italiani vengono annunciate dalla signora Fornero o da dal signor Monti in persona?
Se poi qualcuno pensa, comunque, che nessuno, neanche la donna, possa opporsi all’ideologia imperante che continua a blandirci col suo mantra “non c’è alternativa”, allora non posso che ribadire un’idea che da sempre coltivo, ovvero che la donna, insieme agli uomini liberi che continuano ad inseguire un’utopia, possa dare un decisivo contributo a immaginare e realizzare una società diversa, capace di liberarci da un’ideologia che ha ridotto tutto a merce, perché solo l’utopia ha il potere di dare un senso alle nostre esistenze.