Il D.P.C.M. emesso in data 11 marzo 2020 ha sospeso la stragrande maggioranza delle attività con la conseguenza che, da un giorno all’altro, imprenditori e professionisti si sono ritrovati nell’impossibilità di lavorare, con tutte le comprensibili ripercussioni del caso in termini economici. Ci si è chiesto quindi se fosse possibile evitare del tutto il pagamento o ottenere una riduzione del canone per le attività commerciali, industriali o professionali che si sono ritrovate di fatto a non poter utilizzare l’immobile locato in quanto impossibilitati ad aprire. Indipendentemente dal fatto che trattasi di locazione, è applicabile al contratto oggi in esame, la disciplina generale dei contratti prevista dal Codice Civile, in quanto si tratta innanzitutto di un contratto a prestazioni corrispettive che si fonda principalmente in un obbligo reciproco: avremo da un lato, il conduttore obbligato al pagamento del canone mensile e dall’altro, il locatore obbligato a mantenere il bene idoneo all’uso convenuto. All’interno di questa disciplina emergono due norme che paiono essere astrattamente applicabili al caso concreto ed in particolare ci riferiamo gli articoli 1256 e 1467 che prevedono nel primo caso, il venir meno dell’obbligo di pagamento dell’intero canone se la prestazione è divenuta impossibile; nel secondo caso, la possibilità di una riduzione del canone al verificarsi di un evento straordinario e imprevedibile. Allo stato attuale però, essendo trascorso solo un mese dall’entrata in vigore del Decreto che ha imposto la sospensione dell’attività lavorativa e paventandosi la riapertura nelle prossime settimane anche se a determinate condizioni, l’applicabilità di queste norme non è configurabile per i seguenti motivi: in riferimento all’art. 1256 c.c., l’impossibilità di lavorare deve essere definitiva e quindi non legata a ragioni carattere transitorio come quelle che paiono attualmente sussistere e pertanto il conduttore non potrà invocare questa norma per evitare il pagamento del canone e ciò anche in quanto l’articolo non si riferisce alla decurtazione di alcuni canoni bensì ad una possibile valida causa di risoluzione del contratto; ad ogni modo lo stesso articolo prevede che, finché la situazione di impossibilità persiste, il conduttore potrà pagare in ritardo senza che ciò comporti l’applicazione di interessi o eventuali richieste di risarcimento del danno da parte del locatore. Quanto invece all’art. 1467 c.c., la norma consente all’ultimo comma, che locatore e conduttore possano modificare il contratto, stabilendo una riduzione concordata del canone qualora l’importo sia divenuto eccessivamente oneroso per il conduttore ed è comprensibile che molti ritengano realizzato questo requisito in ragione della mancata attività lavorativa e quindi della mancanza dei relativi introiti, ma anche in questo caso, l’eccessiva onerosità deve essere oggettiva e quindi non legata ad una mera situazione di difficoltà momentanea del conduttore e, ad ogni modo, si ricorda che l’articolo contempla una possibilità concessa alle parti e non di certo un obbligo. L’unica e sola agevolazione al momento prevista dai Decreti che si sono susseguiti in queste settimane, è contemplata nel Decreto Legge n. 18/2020 che ha disposto un credito d’imposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020, ma ciò solo per gli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 e quindi botteghe e negozi, restandone esclusi uffici, studi privati, laboratori per arti e mestieri nonché magazzini e locali di deposito.