Le battaglie vere, quelle giuste, quelle che dovrebbero colpire al cuore un sistema che ha elevato il profitto ad unico valore assoluto, non sono all’ordine del giorno. I sindacati o si accontentano delle briciole lasciate a terra dai padroni e dai suoi paladini o fanno sentire la loro flebile voce con scioperi che, alla fine lasciano immodificate le cose, come accade ormai con le manifestazioni che non ha sortito effetto alcuno sulle scelte dei governi che rimangono sistematicamente invariate.
C’è una guerra in atto di cui nessuno sembra accorgersi ed è quella ingaggiata dal capitale contro la vita degli operai, la sporca guerra che quotidianamente lascia a terra morti e feriti sul lavoro, che sembra facciano notizia, ma solo per un giorno, dopodiché si resta in attesa, neanche vigile, del prossimo morto. Dovrebbe essere questa la madre di tutte le battaglie per i sindacati dei lavoratori ed invece continua a dominare la regola aurea è macinare profitti senza tregua e senza pietà per nessuno, figuriamoci per i lavoratori che non hanno più nessuno che li rappresenti, perché tutti i partiti sono ormai risucchiati in quel vortice chiamato iperliberismo che non lascia scampo ad alcuno.
C’era una volta la guerra di classe e c’è ancora, solo che si è ritorta contro chi l’aveva preconizzata. Infatti, il nemico di classe si è appropriato del kit del perfetto rivoluzionario, utilizzando per i propri fini concetti come “egemonia culturale” e la stessa nozione di “lotta di classe”, negata dal potere economico in nome della pax sociale, necessaria per accumulare ricchezza senza nessun ostacolo, è stata ripresa per stabilire una volta e per tutte qual è la classe che ha vinto la lotta, riuscendo in un’impresa che sembrava impossibile: permeare dei suoi ideali le società contemporanee.