Non è facile districarsi in quel ginepraio che è il rapporto tra l’Occidente e i paesi in cui esistono e persistono situazioni di conculcamento dei diritti fondamentali quali quelli delle donne, degli omosessuali e delle minoranze religiose.
Rimane comunque sul tappeto la questione fondamentale ovvero che esiste una priorità assoluta in tema di diritti, quella della lotta alla povertà e all’ignoranza che rappresentano la madre di tutte le battaglie. Il mio convincimento è che è solo combattendo, preliminarmente, la povertà e l’ignoranza si pongono le basi per affrontare la questione di tutti i diritti umani.
Ma essendo, in questo momento, cogenti i problemi relativi ai diritti delle donne nei paesi in cui essi vengono sistematicamente conculcati, ho ritenuto opportuno partire proprio dalla domanda: quale dovrebbe essere il giusto comportamento dell’Occidente in riferimento a questa tematica?
È sotto gli occhi di tutti che l’esportazione della democrazia si è rivelata fallimentare. Ma ciò non vuol dire che l’occidente debba stare a guardare. Proprio dall’esperienza afghana ci giungono alcuni spunti di riflessione.
Sono convinto che la lotta per i diritti debba partire dall’interno di questi paesi. Ma non può essere una battaglia appannaggio solo delle donne appartenenti alle èlite del paese. Essa deve coinvolgere tutte le donne. In questi venti anni nulla si è mosso in questa direzione. Le fortunate per nascita che sono riuscite a lasciare il paese dovrebbero creare reti di solidarietà attiva con le donne rimaste incastrate nei meccanismi perversi del fondamentalismo che è diventato per alcuni l’unica risposta possibile alla crisi di valori dell’Occidente.
Esportazione della democrazia e sanzioni economiche non fanno altro che alimentare l’odio di questi popoli nei confronti di un Occidente che sa benissimo come fare le guerre, ma che non è mai riuscito a migliorare le condizioni di vita di quei popoli che lottano quotidianamente contro la fame.