Cosa penso di casi come quello di Alex Zanardi? Penso che, se uno corre in auto o in moto o si getta col paracadute o fa alpinismo o altre cose estreme, quando capita qualcosa di doloroso non è tanto un “incidente” quanto un evento tra quelli statisticamente prevedibili e probabili. Penso che se uno per mestiere o per diletto gioca a sfidare il pericolo e ogni tanto ne viene sopraffatto, è una cosa a cui è andato volutamente incontro. Questa retorica esasperata del “non mollare mai” (a scapito di quello che per me è buon senso e VERO amore per la vita) la trovo una grossa forzatura intellettuale. In altre parole più semplici, una bugia per mascherare e nobilitare quello che è uno stato di dipendenza dal pericolo. Si sente dire che i piloti “si sentono vivi” così, la velocità e il pericolo sono la loro adrenalina. Benissimo: come i drogati. Anche i dipendenti dagli stupefacenti “si sentono vivi così” e sono dipendenti dai loro circoli viziosi. E allo stesso modo i ludopatici, gli scommettitori seriali, i giocatori on-line. Non capisco come mai chi spettacolarizza, in modi purtroppo legali, una tale forma di patologia diventi un idolo delle folle e addirittura “un esempio da seguire”. Negli ultimi anni, Zanardi è assurto quasi a guida spirituale. Con tutto l’affetto che posso nutrire per un uomo che sicuramente è dotato di una tempra eccezionale, io ne scorgo invece la parte distruttiva e patologica. Uno che “se l’è andata a cercare”, ha fatto un incidente pauroso, terrificante, e ne è uscito vivo e in buona salute (seppur senza gambe) che fa? Torna “a cercarsela”, a sbeffeggiare il pericolo. Per giunta in un evento – pare – non autorizzato e quindi senza alcuna protezione, come se io mi mettessi a sfrecciare in bicicletta al massimo della velocità, poi sbandassi e finissi contro un incolpevole camion. E’ il massimo della irresponsabilità. Penso che ritrovarsi vivi e lucidi dopo il famoso incidente di qualche anno fa sia un dono del cielo, come lo è la tempra psicologica di cui ho detto prima, come lo è avere una moglie devota. A mio modo di vedere, queste cose hanno un peso ben maggiore di cercare in modo compulsivo il pericolo. Se uno vuole tenersi in forma può farlo in tanti modi meno pericolosi. Zanardi ha avuto anche la fortuna e l’abilità di lavorare in tv e di diventare un personaggio mediatico: i soldi li aveva già fatti con le corse e poteva continuare a farli con la tv e qualche sponsorizzazione, non c’era per lui alcun movente o alibi per sfidare il pericolo se non il vizio. Un’ultima considerazione. Siamo ancora in preda all’emergenza-Covid. Si raccomanda alle persone di portare la mascherina e di attenersi alle norme, soprattutto per amore della collettività, per non essere pericolosi per gli altri, e per non gravare sulla sanità quando – con poche banali precauzioni – tutto ciò si può evitare. Ecco: uno Zanardi, con la sua ludopatia, causa un trauma psicologico inevitabile all’incolpevole autista del camion, ed è curato in terapia intensiva, con una equipe di medici concentrata su di lui e sul suo difficile caso. Tutto ciò a causa della sua ludopatia. E a causa della sua ludopatia, se ne uscirà vivo avrà danni pesanti alla vista. Immagino che potrà godere meno di prima della vista di un prato, di un cielo stellato, del volto delle persone. Immagino che avrà grosse difficoltà nella lettura. Tutto per un gioco inutile. Ma per la morale comune è un esempio da seguire. Io – quindi amoralmente – prediligo invece la direzione opposta. Ma, nonostante le mie dissertazioni da vecchio trombone, auguri di cuore, Alex.
foto tratta da notizie.it