La borghesia e l’accumulazione della ricchezza

La  corsa all’accumulazione della ricchezza è una delle caratteristiche del mondo occidentale a partire dal XIV secolo, quando si afferma in Europa l’ideologia del denaro e la legge del mercato, in seguito alla comparsa sulla scena della storia della borghesia mercantile, nuova classe emergente. A partire da quel momento niente sarà più come prima. Con la scoperta dell’America, alla Via della seta si affianca il commercio con le Indie Occidentali, con annesso mercato degli schiavi dall’Africa. Per la borghesia sarà l’inizio di un’ascesa che, dapprima con la Rivoluzione francese e quella industriale, e successivamente con lo sviluppo inarrestabile della scienza,  celebrerà la sua definitiva  consacrazione durante la seconda metà dell’Ottocento. Era una borghesia produttiva i cui meriti non erano indifferenti, essendo riuscita in un sol colpo a liberare potenti energie e ad eliminare la condizione servile dei lavoratori. L’affermazione della borghesia come classe dirigente e dominante poneva, infatti, fine all'”ancien regime” grazie al quale la nobiltà aveva per secoli goduto di immeritati privilegi. Ma da quel momento iniziava una storia nuova perché la borghesia da classe rivoluzionaria diveniva classe conservatrice in quanto tendeva a imporre i propri interessi politici ed economici a scapito della nuova classe operaia che cominciava a lottare per l’affermazione dei propri diritti. Già all’interno della Rivoluzione francese si era formato uno schieramento di orientamento socialista che provava a organizzarsi, senza successo, in nome di istanze egualitarie. Con Marx, che non aveva mancato di  sottolineare la rilevanza storica della borghesia, si apre un’era nuova nel segno del socialismo e della lotta di classe in nome dell’uguaglianza degli uomini. Il Manifesto del partito comunista del 1848, scritto a due mani da Marx ed Engels, segnava la nascita di una nuova ideologia su basi scientifiche, grazie alla critica dell’economia politica, così come essa si era configurata fino a quel momento. Così nella prima metà del Novecento la paura di vedere trionfare gli ideali socialisti, soprattutto dopo il successo della Rivoluzione russa, aveva spinto le forze conservatrici a imporre con le dittature fasciste la supremazia del capitale sulle istanze egualitarie portate avanti dai sindacati e dalle forze progressiste. Alla  vittoria della Resistenza europea, sancita dalla Seconda guerra mondiale, aveva fatto seguito un nuovo ordine di cui si facevano garanti gli Stati Uniti, forti del contributo dato, con la loro partecipazione alla guerra, all’affermazione della democrazia. La Conferenza di Yalta del 1945 sancì la divisione dell’Occidente in due blocchi contrapposti, con i paesi europei orientali sotto la sfera d’influenza dell’URSS e i paesi occidentali sotto quella statunitense. Era nata la “guerra fredda”, fortunata espressione coniata dal giornalista americano W. Lippmann, per indicare una guerra non guerreggiata direttamente dalle due superpotenze, bensì attraverso interventi miranti ad appoggiare paesi che, strategicamente ritenuti importanti, combattevano in nome del socialismo da un lato e del capitalismo dall’altro. La conquista  dello spazio rappresentò, per USA e URSS, il terreno di scontro per la supremazia tecnologico-scientifica che, con alterne  vicende, portò alla consacrazione della potenza americana con l’allunaggio dell’Apollo 11 del luglio 1969.