Se non ve ne siete accorti siamo già da un po’ dentro l’era degli algoritmi. Niente paura! Nella maggior parte dei casi la nostra vita continua uguale a prima, tranne qualche piccolo fastidio, facilmente superabile, ma a volte le conseguenze sono gravi, ed allora il problema diventa politico nel senso pieno del termine. Di cosa parliamo, quindi. Di un complesso sistema di profilazione consistente nel creare formule che identificano i nostri bisogni, i nostri gusti, le nostre abitudini, la nostra vita, insomma! E già questo basterebbe per farci sentire a disagio. Ma il vero problema per l’uomo comune nasce quando questi algoritmi sono elaborati erroneamente, per cui ti può capitare di restare irretito in un meccanismo perverso dal quale non riesci ad uscire.
Questa non è una condanna senza appello perché gli algoritmi possiedono delle caratteristiche che in molti casi aiutano a risolvere problemi complessi, ma se trascuriamo i suoi effetti collaterali, sicuramente essi finiranno col condizionare le nostre esistenze al punto da amplificare in modo irreversibile le storture di un sistema che già di suo risulta essere moltiplicatore di ingiustizie sociali.
Ogni tanto accade, però, e questo è fonte di soddisfazione, che gli utilizzatori di questo diabolico strumento restino incagliati essi stessi nella morsa dell’algoritmo. Direte: troppo poco! È vero, ma almeno questi incidenti aprono la possibilità di una riflessione seria sulla questione.
Il primo ministro olandese Rutte ha dovuto dare le dimissioni per uno scandalo che ha coinvolto il suo governo. È accaduto che 26 mila famiglie si sono viste sottrarre il sussidio statale e costrette a risarcire lo Stato con l’accusa di averlo frodato. Indagando più a fondo si è scoperto che in realtà queste famiglie non avevano commesso alcun reato in quanto si era trattato di un errato funzionamento di un algoritmo.
Che poi il signor Rutte abbia vinto nuovamente le elezioni è un’altra storia che non spetta a noi raccontare.
Vittime innocenti di questi diabolici strumenti sono stati, giusto per fare un altro esempio di come gli algoritmi incidano la carne degli esseri umani, gli insegnanti. In occasione dell’immissione in ruolo di migliaia di essi, per l’assegnazione delle sedi è stato usato un algoritmo che si è rivelato sbagliato, per cui insegnanti che avrebbero potuto avere una sede vicino la propria residenza sono stati spediti a migliaia di km di distanza.
Non stupisce, pertanto, che grandi aziende come Netflix usino gli algoritmi per individuare le esigenze degli spettatori.
La notizia che sicuramente non farà piacere è che la tirannia degli algoritmi non è destinata a finire, anzi prepariamoci a conviverci perché il sistema neoliberista ne ha bisogno, allo stesso modo in cui i comuni mortali hanno bisogno dell’aria per respirare.