Un errore, nel frequentare quella che viene definita “controinformazione”, è quello di considerarla portatrice di verità, mettendosi in questo modo sullo stesso piano dell’informazione “mainstream”, considerata portatrice di verità da chi viene quotidianamente imbottito da notizie utili all’establishment per continuare a perpetrare il suo potere di formazione dell’opinione pubblica.
Ci vuole una buona dose di pazienza per verificare la veridicità di alcune notizie per non cadere nella trappola appena esposta.
Buona regola è affidarsi sia a critiche provenienti da fonti non pregiudizialmente e/o ideologicamente ostili al personaggio di cui si intende tracciare l’identikit sia a fatti incontrovertibili di cui si ha certezza.
Gli esempi abbondano. Recentemente è apparsa dal nulla la figura di Guaidò che sarebbe dovuto essere il rappresentante più qualificato della democrazia in Venezuela, in qualità di presidente dell’Assemblea nazionale, salvo poi scoprire essere un burattino i cui fili erano, come sempre, tenuti dagli Stati Uniti che hanno, dalla dottrina Monroe in poi, considerato l’America Latina una loro proprietà di cui potere disporre a piacimento. Scoperta l’inconsistenza
del soggetto, gli Stati Uniti lo hanno mollato, dopodiché il “paladino della libertà” è ripiombato nell’anonimato da cui era venuto.
E a scorrere la storia di questi eroi di carta si imparano tante cose, la più importante delle quali è la scarsa considerazione che i paesi democratici, in testa gli Stati Uniti, hanno della democrazia e della volontà popolare che ne rappresenta la quintessenza.
Un personaggio che in questi mesi sta facendo sognare tutte le democrazie occidentali è sicuramente A. Navalny che ha assunto su di sé il compito di ricondurre sulla buona strada della democrazia la Russia di Putin che di certo non annovereremmo mai fra gli strenui difensori della democrazia, ma, solo che si guardi come quest’ultima è ridotta in Occidente, non pare ci siano le condizioni che permettano di ergerci a giudici di tutto il pianeta, con questa idea fissa di “esportare”la democrazia, anche con la forza. D’altra parte per la mentalità mercatista imperante tutto si calcola in base alla logica dell’import-export, e la democrazia è, in quest’ottica, una merce come un’altra.
Il fafto che ci siano in Russia movimenti che combattono per i diritti, sinceramente animati dal desiderio di libertà, deve, “a fortiori”, spingerci ad individuare bene i compagni di strada che si scelgono per combattere tutte le forme di discriminazione e di corruzione.
Ma per non perdere di vista il focus del presente articolo, vorrei iniziare, col permesso dei media mondiali, da quanto affermato anni fa dalla rivista Time che lo ha definito un “agitatore politico-finanziario”. Che cosa avrà mai voluto dire……
E che dire dell’insospettabile “La Stampa” che nel 2012 lo bollava “blogger xenofobo”?
È poi facilmente reperibile su diversi siti il curriculum del nostro ”combattente per la libertà”, grazie al quale si viene a conoscenza di alcune sue incorreggibili pulsioni antidemocratiche e di interessanti legami con diverse associazioni non proprio animate da un disinteressato spirito libertario.
Mi limiterò a riportare tra l’altro, in questo articolo, alcune adesioni a gruppi e organismi che lasciano, quantomeno, dubbi sulla sua vocazione democratica.
Spinto, pertanto, da morbosa curiosità ho così rintracciato, financo, un filmato del 2007 in cui il difensore della libertà, prima di diventare un’icona della lotta alla tirannide, paragonava gli estremisti islamici a degli scarafaggi da fare fuori con la pistola. Poi, scopro che nello stesso anno fondava il movimento patriottico Narod, mentre un anno prima aveva partecipato alla Marcia Russa alla quale avevano preso parte tutte le forze xenofobe dell’ultradestra. Ma questi sono evidentemente insignificanti dettagli. Ci vuole ben altro per impressionare i trinariciuti giornalisti della stampa libera.
Se poi andiamo a controllare le origini del gruppo politico da lui fondato “Democrazia alternativa”, possiamo agevolmente scoprire, perché presente nel suo sito, che parte dei finanziamenti sono arrivati da una Ong americana finanziata dal Congresso.
Una nota a parte merita il capitolo “Ucraina”.
Confondendo ad arte le acque, la stampa occidentale è riuscita ancora una volta nel suo gioco delle tre carte, cosicché i sinceri democratici hanno volutamente sorvolato sulle posizioni ondivaghe di Navalny sull’argomento.
Poi quando ho letto la stampa internazionale, sinceramente indignata per la megavilla di Putin sul mar Nero, ho pensato che l’informazione occidentale deve essere veramente alla canna se anche un simile argomento diventa occasione per criticare il despota di Mosca. Proprio quella stessa stampa che diventa distratta quando finge di non vedere le inverosimili ricchezze accumulate da politici, imprenditori e grandi della finanza mondiale dei paesi sedicenti democratici, mentre la povertà continua ad aumentare in modo preoccupante a livello planetario.
Il resto è attualità. L’avvelenamento e la decisione di tornare in patria che gli hanno procurato tanto consenso, perché un punto di forza del Nostro è sicuramente il vittimismo che lo ha reso famoso e che continua a procurargli benefici anche economici, perché la vittima ha un vantaggio notevole su chi vittima non è, come sottolinea Daniele Giglioli nel suo saggio “Critica della vittima”: “La vittima è l’eroe del nostro tempo. Essere vittima dà prestigio, impone ascolto, promette e promuove riconoscimento, attiva un potente generatore di identità, diritto, autostima. Immunizza da ogni critica, garantisce innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio. Come potrebbe la vittima essere colpevole, e anzi responsabile di qualcosa? Non ha fatto, le è stato fatto”.