Patrizia, Paolo e Sara sono persone speciali, grandi esempi per chiunque si trovi ad affrontare delle difficoltà senza sapere come uscirne, senza riuscire a trovare la luce oltre il tunnel; sono individui a cui la vita ha tolto tanto ma poi, dopo essersi rialzati, hanno saputo trovare la ricchezza che si nascondeva dietro la mancanza, un cambiamento che avrebbe lasciato a terra molti altri mentre loro hanno saputo trasformarla in opportunità, in ampliamento di un punto di vista che ha aperto la strada a un inedito modo di vivere, di comunicare e di essere di aiuto per gli altri.
Sono gli autori di Un tris di cuori, un libro che racconta le loro storie personali che si trasformano in esortazione e in incoraggiamento per tutti coloro i quali restano fermi, impantanati all’interno di circostanze e di accadimenti dai quali credono di non riuscire a tirarsi fuori, dimenticando che l’immobilità o l’azione sono scelte e come tali non dipendono dalle circostanze esterne bensì da se stessi. Nelle coinvolgenti pagine del libro è tracciato il loro percorso di vita, quello che li ha messi davanti a repentini giri di boa da cui inizialmente si sono sentiti sopraffatti, incapaci di accettare un cambiamento tanto radicale delle semplici abitudini quotidiane troppo spesso date per scontate, disorientati sul motivo per cui eventi tanto devastanti fossero accaduti proprio a loro. Poi però hanno saputo dire no allo sconforto, al senso di sconfitta, alla reazione spontanea di lasciarsi andare e lasciarsi vivere e hanno deciso di prendere in mano quella nuova esistenza, trasformarla in un punto di forza, in un’occasione per rinascere, diversi certo, ma non per questo meno artefici della loro vita, e soprattutto hanno capito quanto fosse importante diventare un traino, un supporto per tutti coloro che da soli credono di non farcela, di non sapere come affrontare traumi fisici tanto invalidanti. In un momento storico come quello che il mondo intero sta attraversando, attingere alla positività, all’impulso di trovare una via d’uscita, una soluzione piuttosto che soffermarsi sul problema, diviene essenziale così come lo è confrontarsi con le esperienze vissute di chi ha oltrepassato ostacoli molto più grandi, immensamente più complessi, e malgrado tutto ha trovato dentro se stesso la capacità di combattere, di lottare per affermare la propria autonomia, di cercare ogni giorno un motivo per sorridere e per reinventarsi. È questo lo straordinario messaggio che emerge da Un tris di cuori, la testimonianza che la mente e il cuore, la determinazione e la passione, possono condurre l’individuo verso territori inesplorati eppure non certo meno belli, piacevoli rispetto a tutto ciò che c’era prima; un libro che insegna ad accettare ciò che non può essere cambiato e a trasformarlo in un punto di forza, scoprendo inediti approcci ai rapporti con gli altri e soprattutto con se stessi, senza autocommiserazione, senza cedere all’abbattimento bensì sollevandosi da terra decretando un nuovo inizio, una vita diversa e tuttavia non meno degna di essere vissuta in pieno. Patrizia Saccà è oggi naturopata, allenatrice di tennis tavolo e di yoga per diversamente abili; Sara Rubatto è naturopata, nutrizionista, fisioterapista e massaggiatrice specializzata per infartuati e diabetici; Paolo Fresi è tornato a essere consulente aziendale e nuotatore professionistico paralimpico. Sono amici, uniti da una comune sensibilità e forza che li ha indotti a riconoscersi e costituire un legame forte, indissolubile, solidale e solido proprio in virtù delle comuni esperienze. Ora però vorrei lasciare spazio alle loro voci.
Patrizia, la sua vita ha subìto un brusco cambio di direzione in un’età delicata, quella della preadolescenza, quella delle scoperte di emozioni, di sensazioni e di tutto ciò che costituisce l’esperienza e il percorso verso la maturazione. Quanto ha influito nella sua formazione di adulta il trauma che ha dovuto affrontare?
Ha influito immensamente, ci ho lavorato tutta la vita, ci lavoro e lavorerò per sempre con lo yoga, con la meditazione del silenzio assoluto, con la psicoanalisi, con la preghiera o immersa nell’infinito blu e sentirmi volare nell’acqua, nuotare con corpo leggero libero dalla sedia, o ancora giocando al mio amato sport, il tennis tavolo. Davanti ad uno spettacolo meraviglioso che possono offrirci la natura, l’arte o la musica, negli occhi di un amato o di un amica/o, nel perdersi in sane e fragorose risate. Dentro di me c’è ancora la bambina che non ha mai smesso di correre e cavalcare sul suo amato cavallo, quella bambina ha dovuto crescere in fretta tanto, troppo in fretta. Ho fatto in modo che quella bambina continuasse in qualche modo a camminare e ci sono riuscita con tutta la mia storia sportiva Paralimpica come racconto nella mini e intensa biografia “La Bambina con la Valigia” ed è proprio a lei che dedico il nostro libro Un Tris di Cuori così come a tutte le bambine che si ritrovano ad affrontare traumi, dolori, bullismo, maltrattamenti. Le nostre storie sono davvero un’eco di voglia di vivere. I viaggi sono stati il mio balsamo, la mia seconda pelle che mi hanno permesso di visitare e scoprire paesi lontani come il Brasile e l’India. Lo sport è stato il mio alleato, lo era prima dell’incidente e ha continuato a essere il mio migliore amico; nelle gare in cui potevo vincere l’oro vincevo argento e dove potevo vincere argento vincevo il bronzo, anni difficili perché mettevo troppa rabbia… Alla fine la vera medaglia d’oro è arrivata insegnando a tanti giovani con o senza disabilità ma con la voglia di fare agonismo o a persone neo-traumatizzate, nello sport terapia delle Unità Spinali o in AISM (Associazione Sclerosi Multipla). Ho sempre cercato di guardare oltre il possibile e in tutta la vita ho cercato di esserne esempio. La mia formazione di adulta è stata certamente più complessa, ero troppo giovane per accettare ciò che mi era capitato, ne hanno fatto le spese tutte le persone che mi hanno amata: rivoluzionaria, ribelle, fragile, arrabbiata, selvatica e a tratti impossibile. Una funambola in equilibrio fra cielo e terra, precaria ma con passi sicuri che camminano sulla corda, alla fine ha prevalso l’equilibrio, la ricerca del mistero insondabile della vita. Mooji (maestro spirituale dell’advaita vedanta) ci dice: “accogli il leone che incontri sul cammino” e io l’ho accolto.
Sara invece ha scoperto un’anomalia del proprio cuore che l’ha costretta a stravolgere completamente le abitudini quotidiane al punto di esserne in qualche modo disorientata ma anche spaventata. Come è riuscita ad accettare la nuova situazione e quando ha deciso che la sua esperienza dovesse essere un supporto e un aiuto per persone con la sua stessa patologia?
La scoperta di avere un cuore mal funzionante in giovane età, proprio quando ero all’ apice della carriera agonistica natatoria ed ero in piena salute, sino a quel minuto, prima di quel ritmo che è cambiato per sempre, ha stravolto la me che ero stata. Nei pensieri, nella quotidianità, nelle abitudini, nei ritmi della vita che non era più quella di un attimo prima. Accettare la situazione cardiaca, che ha voluto dire accettare in primis me stessa, ha richiesto tempo. Tempo che ho trascorso dentro me, mettendomi a nudo con tutte le mie paure, i dubbi sul futuro del mio cuore, le perplessità di un corpo allenato e a livello alimentare controllato eppure ho dovuto prendere atto della realtà che evidentemente non tutto funziona come crediamo. L’accettazione di essere non solo corpo ma anche anima, che ho scoperto in seguito a un’esperienza di premorte vissuta durante un infarto miocardico acuto anomalo, è stata l’occasione e dico occasione, da qui si evince il percorso che mi ha condotta a vedere l’infarto non come un evento negativo ma positivo, per aprire la porta alla consapevolezza. Un cammino profondo e importante in questi casi in cui capita di volersi scagliare contro il mondo esterno eppure è solo dentro di noi che possiamo trovare risposte e soluzioni alla vita. Dopo l’infarto avuto su un cuore già malato, ho avuto il dono di essere ancora in vita, miracolata, e ho sentito che la mia missione era in questa vita. La sofferenza che ho vissuto a causa di quella assai poca attenzione umana da parte dei medici, aggiunta a uno scarso supporto nello stile di vita di una persona cardiopatica, ha risvegliato in me il desiderio profondo di essere di aiuto e sostegno a coloro che hanno o stanno affrontando una patologia cardiaca e diabetica, essendo io anche diabetica per patrimonio genetico. Da atleta sono passata a essere prima paziente e poi terapeuta. Oggi in Sara ci sono queste tre figure.
Paolo, per lei invece il trauma è arrivato quando era già adulto, quando aveva già un percorso professionale tracciato e ben definito ma, a seguito dell’incidente, ha perso tutto ma poi ha avuto la forza e la determinazione di ricostruire un nuovo tutto adattandosi alla sua condizione. Quando e dopo quale percorso di accettazione ha deciso che era giunto il momento di rialzare la testa e cominciare a rinascere?
Il mio incidente avviene nel pieno della mia vita professionale e sociale, a 35 anni, in ulteriore contrasto con la mia totale assenza di conoscenza e partecipazione al mondo della disabilità, della malattia e della riabilitazione, essendo stato sempre piuttosto sano e avendo praticato ogni genere di sport dunque, per farla breve, mi sono sempre immaginato perfettamente vivo in sella ad una moto oppure morto… senza via di mezzo. Forse la mia era un’immagine irreale e troppo esasperata delle cose! L’impatto con la realtà in cui improvvisamente mi sono trovato è stato devastante anche perché non sapevo nemmeno cosa fosse una lezione spinale e cosa comportasse. Inoltre ho dovuto subire tanti interventi che mi hanno costretto immobile a letto molto a lungo prima di poter arrivare a fare un minimo di fisioterapia! In questa totale sospensione dalla normalità, dopo tanti pianti e disperazione, non appena ho visto dei miglioramenti che mi hanno permesso di abbandonare il letto in cui avevo trascorso tanti mesi, ho potuto riamare la vita. Quella rinascita è stato un raggio di sole, una luce nel buio, ho ritrovato il piacere di ricevere la visita di un amico, insomma le piccole cose fondamentali che si danno per scontate finché non si perdono. E poi ho compiuto la fondamentale scelta di non spegnermi lentamente bensì di vivere in modo diverso, sperimentare e assaporare la vita con ciò che era rimasto. Sono convinto che malgrado tutto ciò che conta di più è il sapersi mettere in gioco, preservarsi il più possibile in vista di nuovi progressi e salti in avanti da parte della medicina mondiale che potrebbe in futuro essere risolutiva per il mio problema e per quello di molte altre persone come me. Il contatto con l’acqua durante la riabilitazione mi ha avvicinato di nuovo al nuoto e alla voglia di vivere! È faticoso ma non ha prezzo rispetto al lasciarsi andare alla depressione scegliendo di lasciarsi vivere!
Questa è una domanda per tutti e tre: alle persone che stanno vivendo un momento difficile a causa della situazione mondiale attuale, cosa vi sentite di suggerire? Quanto è importante un approccio positivo e propositivo nel trovare la soluzione a una condizione psicologica, ma anche contingente, alle circostanze che si sono verificate?
Patrizia: Mmmm… no, non ho veri suggerimenti, posso esprimere come faccio e ho fatto in questi mesi o nella mia vita, suggerire ad altri mi sembra pretenzioso. Credo che ognuno abbia le proprie paure da abbandonare, vivere, oppure in cui immergersi e da cui farsi stritolare. La cosa che ho imparato sempre di più in questi anni di vita, in questo meraviglioso viaggio sul nostro pianeta terra, è che abbiamo dentro noi le capacità di alzarci, cadere, risollevarci, possiamo decidere se essere guerriero o vittima strumentalizzando la nostra condizione. Sin da bambina, poi da ragazzina, infine da ragazza-donna-adulta e anche oggi, mi sono sentita dire così tante volte che sono forte. E, tutte quelle volte avrei voluto urlare: non sono forte ma non posso fare diversamente… la vita è preziosa e forse l’ho compreso ancora di più perché ho cominciato sin da troppo piccina a soffrire? Non so. Forse. Indubbiamente malgrado il tanto sacrificio, una voce di speranza e gioia mi ha sempre accompagnata, qualcosa di più forte dello scoraggiamento, ho sempre sentito un filo invisibile che mi lega all’invisibile e da cui prendo forza. Lo yoga mi ha insegnato e mi insegna ogni giorno che se rimango ancorata alla mente-ego sono nel vittimismo, nell’attaccamento, nel giudizio e nella sofferenza. Proprio grazie alla pratica dello yoga ho imparato a lasciare andare, a piangere, a ridere, a sorridere, a essere triste o arrabbiata e soprattutto a fare in modo che le emozioni, quando bussano, non trovino la porta chiusa. Tutto è il benvenuto poi lascio la finestra aperta in modo che le emozioni che sono entrate possano poi uscire riconosciute, a volte sostano più a lungo a volte meno. Lo yoga, l’amore, le pratiche spirituali, la fede, il sacro, l’attenzione del qui-ora sono quanto di più vero abbiamo, quando riconosco questo penso che si può essere sempre felici. L’approccio positivo se non è profondo, se è solo mentale, non dura. Ghandi diceva: “La forza non deriva da una capacità fisica, ma da una volontà indomabile” e quel tipo di volontà arriva dal cuore, non dalla mente. Quando chiudi gli occhi e inspiri e sei lì, proprio lì, trovi tutta la bellezza dell’infinito. In questa grande prova, in questo cammino che tutti stiamo percependo possiamo risvegliarci dal sonno per essere pronti per un nuovo mondo, come nella metafora dell’araba fenice che risorge dalle ceneri. L’essere umano ha meravigliose potenzialità, immense, in virtù delle quali può ricrearsi un nuovo lavoro, una nuova identità, una nuova vita, con o senza gambe, con scarpe con i tacchi o sedia con le ruote, c’è tanto dolore nella vita, tanto, ma ci sono anche tanta sorpresa, bellezza, meraviglia e incanto. Ho incontrato persone straordinarie con tutte le braccia e gambe, normotipo, e alcune meno meravigliose e ho incontrato persone alle Paralimpiadi dove sembrava ci fosse una gara a chi aveva meno cose: braccia, gambe, chi vedeva da un occhio o da nessuno, chi era nano, chi muoveva solo il respiro; alle Paralimpiadi di Barcellona ‘92 è stato uno choc per me vedere così tante disabilità, non ero abituata avrei voluto scappare eppure dopo il primo impatto duro crudele potente ho finito per vedere le prestazioni sportive di tutte le discipline, un po’ come accade alle persone che non conoscono persone che hanno disabilità. Anche noi che l’abbiamo una disabilità, non siamo mai pronti!
Sara: Ciò che posso trasmettere alle persone che si trovano a vivere momenti difficili della loro vita è quel cercare di non precipitarsi con la mente sull’attimo che sta per arrivare perché non possiamo conoscere che cosa ne sarà di quel momento, bensì è necessario stare presenti, nel momento contingente. Sentirci, viverci ADESSO, poiché le forze, il coraggio e le soluzioni sono dentro di noi. Imparare ad ascoltarci e sapere ciò che accade è importante ma lo è ancor più come noi agiamo davanti a quell’evento o meglio ancora come decidiamo di vivere quella circostanza che è arrivata e che tra poco se ne andrà.
Paolo: Penso che occorra sentirsi forti, ascoltarsi e comprendere che se il dolore è inevitabile la sofferenza invece è opzionale. Mi spiego meglio: la differenza sta tutta nel come prendi ciò che succede perché le disgrazie accadono, dunque devi fare i conti con una qualità della vita differente ma il più possibile dignitosa! A quel punto diventa essenziale concentrarti su cosa hai e puoi fare e non su cosa ti manca! È questo il mio mantra e il mio invito a tutte le persone che stanno attraversando un momento difficile, concentrarsi su ciò che si ha e sulla possibilità che ciò che non si ha in qualche modo può essere trovato, conseguito, ottenuto grazie alla forza e alla consapevolezza di potersi rialzare, sempre! Non si tratta solo di resilienza ma di gratitudine verso la vita e se si rimane aperti la vita stessa in qualche modo trova il modo di riparare e compensare.
Titolo: Un tris di cuori
Editore: Il Rio
Autori: Paolo Fresi, Patrizia Saccà, Sara Rubatto
Anno edizione: 2019
Prezzo: € 14,00
Pagine: 120