Nulla da dire su Sanremo

di Sergio Fanti Non ho nulla da dire sul festival di Sanremo. I tempi vanno avanti, come sono sempre andati da che mondo è mondo, e io sono rimasto indietro. E’ ufficiale. Posso informarmi sull’attualità, ma non riesco a stare al passo. Non riesco a sentirmi in simbiosi con ciò che accade. Il festival è sempre più un mega-show televisivo, nato per la tv, concepito per la tv. I cantanti vanno in scena palesemente impegnatissimi nel look, conciati come non andrebbero per strada (forse solo a una festa di Carnevale potrebbero riciclare il vestiario di Sanremo). Una finzione totale. La musica è ormai un prodotto da guardare, col suo proprio accompagnamento alle immagini. Una dinamica rovesciata. Credo che la finzione suprema sia nelle coscienze degli addetti ai lavori, e nei critici del giornalismo musicale: anime orrende che fingono di aderire a tutto ciò. Servi di mestiere, indifferenti alle conseguenze di ciò che fanno. Servi di un andazzo occulto che manda avanti non musiche di qualità, ma personaggi-simbolo di ciò che deve essere veicolato e conseguentemente approvato e pensato dalla società. Personaggi che hanno molto più da dire con interviste, acconciamenti e atteggiamenti, che con la musica. Nella mia estetica retrograda, roba come Achille Lauro sarebbe bandita da una tv di stato. E potrei elencare altri nomi, ma non lo voglio fare, perché i colpevoli ovviamente non sono i cantanti, che cavalcano il momento e l’occasione di guadagno e notorietà. E in fondo non si tratta di colpa, ma di diffuso degrado progressivo, voluto da qualche piano alto. Una cosa che mi ha piacevolmente stupito c’è: l’arrangiamento della canzone de “La rappresentante di lista”, davvero perfetto in tutto (come magistrale è stata la performance dei cantanti-attori). Per il resto, tra canzoni belle e meno belle, e qualche cantante con vocalità precaria non a causa dell’emozione, ho visto solo ovvietà. L’ovvietà della ribellione dei giovani trasgressivi confezionata per cercare un posto al sole, l’ovvietà dei cantanti pop e le loro canzoni inutili, e le apparizioni patetiche di alcune vecchie glorie. E’ un festival che sarebbe stato di buon gusto non fare, data l’emergenza sanitaria e le restrizioni che impone a tutti, a tutto ciò che non sia televisione, musica e intrattenimento compresi. Come non mi ha fatto piacere vedere un campione di calcio in attività andare a fare il buffone, inquinando la sacralità della professione e il decoro che questa dovrebbe sottintendere. Ma sono io ad esser vecchio, il mondo – come ha sempre fatto – sta andando avanti. Nella mia senilità, mi ripeto che Gigi Riva in attività non sarebbe mai andato a Sanremo per cinque serate consecutive.
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(foto tratta da studio93.it)