11 settembre: due date e due misure

Quanto detto qualche giorno  fa dal presidente USA, J. Biden, ha fatto scattare nella mia mente un collegamento storico. Il presidente, in una conferenza stampa, ha annunciato il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, sottolineando il giorno in cui avverrà il definitivo abbandono di quei territori: l’11 settembre di quest’anno. È chiaro che la data scelta è simbolica, per quello che essa significa per il popolo americano, una data che segna un prima e un dopo nella loro storia, come quella del 6 gennaio 2021, quando è stato occupato il Campidoglio  da un gruppo di facinorosi sostenitori di Donald Trump. Due date che rappresentano due vulnus alla democrazia degli USA, uno proveniente dall’esterno, e un altro dall’interno.

Eppure alla democrazia americana farebbe bene ricordare un altro 11 settembre, quello del 1973, quando è stato perpetrato uno dei, ahimè, soliti  colpi di stato appoggiati e messi a punto dagli USA in America Latina, e precisamente ai danni del Cile di Salvador Allende. Con questo golpe, portato a compimento dai militari cileni, veniva soffocata nel sangue un’esperienza politica, legittimata dal voto popolare, che aveva portato al potere S. Allende, leader della coalizione di sinistra Unidad Popular, il quale, anziché arrendersi alla ferocia di una dittatura che avrebbe seminato il terrore dal settembre 1973 al marzo del 1990, preferì darsi la morte. 

La tecnica golpista americana è ormai  collaudata. Non appena un paese inizia a nazionalizzare i settori produttivi più redditizi, sottraendoli agli appetiti del mercato e ai grandi gruppi industriali, scattano le sanzioni economiche  che strozzano le economie di questi paesi, colpendo  indiscriminatamente tutta la popolazione. 

Gli interessi economici degli USA avevano, ancora una volta, avuto il sopravvento, ed è singolare come il paese della libertà tenga in così scarsa considerazione la democrazia, pronta a calpestarla quando le sue multinazionali vedono compromessi i propri interessi. Questo drammatico evento è l’ennesima conferma che i morti non si contano, ma si pesano, per cui alla fine avrà pure un significato se in tutto il mondo saranno ricordati i quasi 3000 morti delle Torri Gemelle, mentre, probabilmente, non resterà memoria storica dei desaparecidos cileni, circa 40.000 vittime, di cui 2000 morti accertati e 38.000 scomparsi.

Purtroppo, nelle nostre democrazie  ci sono tante zone d’ombra, e ogni paese ha i suoi scheletri nell’armadio, anche se, con l’alibi della restaurazione della democrazia,  gli USA non nascondono il fatto di essere i registi di queste sporche operazioni, di cui, al contrario, vanno fieri, in quanto, attraverso esse, possono dimostrare di essere, agli occhi del mondo, i paladini della libertà dei popoli. 

Nel frattempo molti testimoni o sono già scomparsi o scompariranno e continueremo a farci scrivere la storia dall’informazione mainstream, per cui se ci è preclusa la speranza della verità  da parte dei servizi segreti, sicuramente non ci andrà meglio coi servizi giornalistici.