di Sergio Fanti
La morte di Franco Battiato non ha lasciato indifferente chi ama la musica, e non solo. E’ stata una notizia tristissima per tutti. Infatti non era solo un cantautore, ma un uomo che ha parlato della sua esperienza personale, portando al grande pubblico il senso di una ricerca spirituale.
Un creatore non definibile. Il suo percorso è quello di un uomo che è partito dalla musica propriamente leggera, per poi approdare – dopo qualche 45 giri – a sperimentazioni elettroniche che hanno caratterizzato i primi quattro album “Fetus”, “Pollution” “Sulle corde di Ares” “Clic”. Solo verso la fine degli anni ’70, Battiato si è messo a fare canzoni sul serio, veicolando quello che stava accadendo al suo percorso mentale e spirituale.
Già nell’80 lo si sentiva canticchiare dalle radio, con l’album “Patriots” nel quale era contenuto quel capolavoro di “Prospettiva Nevski”. Ma è nel 1981 che avviene l’inaspettato e l’irreparabile: Battiato arriva al successo con “La voce del padrone”. Un album che vendette più di tutti, più di tutti gli altri colleghi professionisti della musica. Battiato ha usato la semplicità delle strutture della canzone per parlare di argomenti nuovi, come in quel “Centro di gravità permanente” che ha fatto ballare tutti…ma canticchiando il ritornello si canticchiano le strade di Gurdjeff, maestro ispiratore di Franco.
Una volta ottenuta l’attenzione del pubblico, Battiato la ha onorata in ogni cosa, in ogni album, in ogni intervista. Impossibile non citare ancora “La cura”, canzone di una sfrenata delicatezza.
Si è cimentato anche nel genere “colto” con tre opere litiche e una “messa arcaica”. Un genio, coerente bella sua poliedricità. E’ scomparso a 76 anni, nella sua casa di Milo, dove si era ritirato dopo tanti anni trascorsi a Milano.
(foto tratta da “La Gazzetta del Mezzogiorno”)