Qualcuno ci lascerà Le Pen

Ogni tanto qualche cattivo pensiero si affaccia alla mente. Forse la cricca dei miliardari pensa che è meglio lasciare che le destre prendano il potere piuttosto che correre il rischio di spostarsi troppo a sinistra. Questo cattivo pensiero è la conseguenza di alcuni accadimenti che messi in fila lo giustificano. 

Non mi pare, infatti, che la brusca sterzata a destra di alcuni paesi dell’est europeo abbia condotto a più miti consigli gli ispiratori delle politiche economiche austeritarie. Perché un fatto è certo, l’aggravarsi delle condizioni di indigenza di molti strati sociali che prima godevano di  un certo benessere, ha favorito l’avanzata delle destre, dal momento che le sedicenti sinistre, che avrebbero potuto approfittare di questo malcontento per riprendere contatto con i ceti colpiti dalla crisi, e che una volta rappresentavano il loro elettorato di riferimento, hanno abbracciato indegnamente la logica neoliberista, senza neppure provare a contrastarne gli effetti più devastanti.

Questa mutazione antropologica è alla base del crollo dei consensi dei partiti che prima di allora rappresentavano un argine alle politiche neoliberiste che, nel tempo, sono riuscite a sfondare le linee nemiche. 

Dal canto loro, questi paesi dell’est che si riconoscono nel cosiddetto “Gruppo di Visegrad”, se da un lato urlano contro un’Europa che attenta alla loro integrità con politiche sull’immigrazione ispirate al principio dell’accoglienza, dall’altro lato usano i soldi che l’UE mette a disposizione dei paesi che ne fanno parte, per progetti tesi a favorire le famiglie e i ceti più indigenti, creando consenso attorno ai partiti di destra che hanno saputo cavalcare il disagio.

In Grecia, Alba Dorata, gruppo di estrema destra,  ha approfittato della macelleria sociale voluta dalla Troika, per acquisire consenso tra gli strati popolari, distribuendo generi di prima necessità.

Ora qualcuno, in Francia, comincia a stracciarsi le vesti perché vede avvicinarsi pericolosamente all’Eliseo Marine Le Pen, dopo avere tirato fuori dal cilindro una figura politica completamente anodina, tale Macron, più che altro un prodotto da laboratorio, senza un’identità politica definita, a partire dall’insignificante nome dato al suo partito En Marche, che richiama alla mente un’allegra  combriccola di militari più che una compagine politica. Ma En Marche verso dove? Non l’hanno spiegato. Era solo un modo per fermare l’avanzata della destra che, con pazienza, aspetta che il fiume le porti il cadavere del nemico politico.

La storia insegna che il grande capitale si trova a suo agio con i governi di destra piuttosto che con i governi di sinistra. Quella vera intendo. Convinta, forse, che non ci sarebbe stata una marea montante di protesta a destra, la politica neoliberista ha  continuato a  tirare la  corda, sicura che, attraendo a sé una sinistra sempre più annacquata e sempre meno sinistra, si sarebbe garantita un appoggio incondizionato da parte delle masse che, invece, disperate hanno cominciato a guardare alla loro destra. 

E se accadrà che il Front National arriverà all’Eliseo, il fior fiore dell’intellighenzia della soi disant gauche sarà pronta a lanciare i suoi anatemi contro questi insulsi barbari che ci fanno andare indietro di secoli nel tempo. Non la sfiorerà il dubbio che possa essere stata proprio quell’aria di superiorità morale e culturale, a portare il popolo fra le braccia  di un partito di destra che ha intercettato il malcontento che cresceva nelle piazze, mentre la gauche andava perdendo il contatto con i ceti popolari. Narcisisticamente arroccati dentro le loro raffinate analisi, in echo chambers senza porte e finestre, questi intellettuali, diventati autoreferenziali perché senza più seguito,  portavano l’acqua al mulino del nemico, accettando l’equazione neoliberismo = democrazia, e, senza rendersi conto che questo sarebbe stato l’abbraccio mortale, rinunciavano a fare quello a  cui  la loro storia li chiamava: tornare per strada e lavorare ad un progetto alternativo a quello iperliberista in grado di attrarre le masse, passate da un iniziale disagio ad una vera e propria condizione di povertà. E invece questo sporco lavoro lo lasciavano fare alle destre che ringraziavano per l’inaspettato regalo.

Indicando negli immigrati la causa della povertà dilagante, giustificando le politiche colonialiste e neocolonialiste, in virtù di una presunta superiorità razziale, la destra ha avuto buon gioco nell’alimentare la guerra tra poveri, con le banlieu periodicamente in fiamme. Tutto questo senza mai mettere in discussione il sistema neoliberista, limitandosi ad una limatura degli aspetti più macroscopicamente impopolari, attuando politiche in favore dei ceti meno abbienti, e chiudendo la strada al riconoscimento dei diritti civili delle minoranze, in particolare quelli che mettono in discussione i valori della tradizione.

Il filosofo americano M. Sandel nel suo recente saggio La tirannia del merito, ha ben fotografato lo stato delle cose, notando che “Quarant’anni di globalizzazione guidata dal mercato hanno svuotato il discorso pubblico, tolto potere ai cittadini comuni e provocato una reazione populista che cerca di rivestire la denudata piazza pubblica con un nazionalismo intollerante e vendicativo”.  

Un’ultima  considerazione prima di concludere. A che punto sono le decisioni riguardanti le sanzioni previste dalla UE  nel caso in cui vengano conculcati diritti che sembrava fossero considerati non negoziabili? Mi riferisco alla libertà di stampa, il diritto di asilo degli immigrati, l’indipendenza della magistratura e il pluralismo nell’insegnamento. 

Ha scritto Michela A.G. Iaccarino sull’Huffington Post: “Sempre schierate e pronte nelle dichiarazioni, ma inermi nelle azioni incisive che tardano a intraprendere, le istituzioni europee assistono mute mentre cresce e si allarga la piccola Unione di illiberali all’interno dell’Unione più estesa. Zitta come i giornalisti nelle piccole patrie europee dell’est, sta anche la “vecchia” Europa, però avvolta da un silenzio diverso, quello asfittico degli stanchi, dei rassegnati, che la storia chiamerà complici”.

Alla luce di tutto questo, pertanto, non sono più sicuro, come lo ero qualche anno fa, che l’avanzata delle destre dispiaccia poi tanto alle élite economico-finanziarie. Infatti, il silenzio delle istituzioni europee riguardo alle cosiddette “democrazie illiberali” (sic!), che stanno proliferando nei paesi dell’ex Patto di Varsavia, è diventato assordante.