Da Milano a Stoccolma: storie di ordinaria pandemia

Il calcio non smette mai di far parlare di sé, ma, piaccia o no, è, sicuramente, uno degli indicatori che aiuta a capire lo spirito di un popolo. L’ultima polemica è legata alla marea di tifosi che si sono riversati in Piazza Duomo a Milano per festeggiare lo scudetto della squadra dell’Internazionale.  Lungi da me l’idea di difendere un tipo come Sala, sindaco della città o chi lo ha criticato per non avere chiuso la Piazza, sfido chiunque a fermare, nell’Italia del pallone, un popolo in marcia, non dico verso la difesa o la conquista di diritti, ma verso la celebrazione dello scudetto, diventato l’emblema di un’Italia che solo nel pallone riesce a trovare un motivo per mobilitarsi. Se non si è riusciti a tenere sotto controllo il popolo dei giovani in marcia verso i Navigli per l’apericena, come potevate pensare di tenere sotto controllo le migliaia di persone pronte a sfidare tutto e tutti, Covid19 compreso, pur di celebrare la conquista dello scudetto della squadra del cuore? 

Ma è da questi piccoli particolari che si giudica un intero popolo. È sempre più evidente che gli italiani, a torto o a ragione, non credono nella pericolosità del virus. Non si comprende altrimenti l’olimpica serenità con cui si aggregano, si radunano, organizzano cene e apericene. Troppi esperti che pontificano senza esserlo e troppi politici che, dopo averci imposto divieti perché lo dice il CTS, a distanza di qualche mese, con un nuovo governo, prendono decisioni di senso opposto anche contro il parere del CTS, perché qualcuno deve compiacere il suo elettorato. Non oso entrare nel merito della pandemia e della sua narrazione, ma osservo che non si può pretendere coerenza ed obbedienza delle norme da parte dei cittadini, quando i loro rappresentanti mostrano di non credere a nessuna delle due. 

Non va poi sottovalutata la criminalizzazione del dissenso che, qualunque sia la posta in gioco, non dovrebbe mai essere consentita in una democrazia. 

Abbiamo così da un lato semplici cittadini continuamente spiazzati dalle altalenanti decisioni dei politici, e dall’altro intellettuali che, argomentando in maniera pacata e razionale, fanno emergere le contraddizioni di un sistema in preda ad una crisi di nervi che non gli consente di gestire con competenza e credibilità la situazione. 

Dopo avere criticato il modello svedese  ci troviamo adesso a comprenderne l’efficacia.

Potremmo sintetizzarlo così: io Stato, che non ho alcun potere di limitare le tue libertà, prospetto a te cittadino i pericoli che corri adottando comportamenti non corretti, sarai poi tu a valutare se seguire o meno le mie indicazioni. 

Ogni cittadino, prendendo coscienza della propria condizione, come età, patologie, necessità inderogabili prenderà la decisione di stare in casa o uscire e condurre una vita normale, utilizzando opportune precauzioni.

Pur parlando di una scelta abbastanza razionale, rimaniamo perplessi, pensando che forse è proprio per questo che in Italia una politica del genere non potrebbe mai attecchire. Razionale, troppo razionale!