C’eravamo appena abituati alla “Buona scuola” che ecco il nuovo ministro dell’istruzione, l’economista Patrizio Bianchi, gettando il cuore oltre l’ostacolo, propone una Scuola Nuova. Non possiamo che accogliere con soddisfazione la nuova idea di scuola proposta dal ministro (ma siamo certi che sia nuova?), idea che ha tutta l’aria di un progetto, (finalmente un progetto per la scuola, dirà qualcuno), cui tutti dobbiamo contribuire, che ha sicuramente un merito, quello di affrontare il problema alla radice: lavorare tutti insieme per distruggere definitivamente la scuola italiana.
Ma per non fare un torto all’eccelso economista prestato al Ministero dell’istruzione, una volta “pubblica”, è giusto riportare il Bianchi-pensiero. Con la sua nomina a Ministro dell’istruzione si è voluto, intanto, dare un segnale chiaro: la scuola è una questione squisitamente economica. È arrivato il momento di abbandonare qualsivoglia infingimento e inserire nei gangli vitali della società e delle sue istituzioni i “sani” principi del neoliberismo.
Sorvoliamo sulll’introduzione del curriculum dello studente, di cui non ha colpa, essendo stato inserito nella legge 107, quella della Buona scuola e che egli ha semplicemente implementato, giusto per fornire un elemento in più di discriminazione tra studenti “che possono” e gli “altri”.
Allora, tenetevi forte perché non è facile imbattersi in idee così potenti e rivoluzionarie. In questo articolo mi limiterò a prendere in considerazione soltanto uno dei sette punti della sua idea di scuola.
Che ve ne pare, p.e., di ridurre il liceo a 4 anni, per allineare i nostri giovani ai coetanei degli altri paesi europei? Mmm! Potrebbero così anticipare il loro ingresso nel mondo del lavoro e l’accesso all’università. Grazie signor professor Patrizio! Apprendiamo, finalmente senza giri di parole e con malcelata soddisfazione, che la scuola deve essere pensata, principalmente, in funzione del lavoro. D’altronde non avrebbero messo un economista nel posto che Lei occupa. Pensavamo, in verità, che non saremmo tornati alla Riforma Gentile, ma ci siamo sbagliati. Siamo andati ancora più indietro! Infatti in Gentile almeno c’era un’idea di società, un’idea sbagliata, ma c’era ancora la società. E, poi, c’era dell’onestà in quel modello, era dichiaratamente selettivo e gerarchico.
Nelle riforme che si sono succedute durante questi ultimi decenni, con ipocriti slogan del tipo “nessuno rimanga indietro” et similia, abbiamo assistito sia alla riduzione delle ore di lezione e di attività, come il ridimensionamento del “tempo prolungato”, che “viene autorizzato in base alla disponibilità dei posti, dell’organico dei docenti e dei servizi disponibili nella singola scuola”, sia ad un progressivo sfilacciamento dei rapporti sociali, buono per incitare alla competizione, che però è illusoria in quanto a “numero chiuso”, appannaggio cioè di chi parte notevolmente avvantaggiato. Gli “altri”, peggio per loro, dovranno accontentarsi delle briciole del mondo del lavoro, della precarietà e, perdipiù, ricattati al punto da accettare di lavorare privi di garanzie di sicurezza, senza le quali è normale che aumentino le “morti bianche”.
Per chi andrà nei licei “giusti”, ha poca importanza che sia di 4 o 5 anni. Il loro futuro è quasi sicuramente già segnato da più o meno folgoranti carriere. Per tutti gli altri la concentrazione in 4 anni favorirà di certo una formazione episodica, a macchia di leopardo, fatta di quattro nozioni arraffazzonate, che ha il vantaggio di impedire allo studente di farsi un’idea del mondo e delle sue contraddizioni. Non si porrà nemmeno il problema del conformismo, poiché l’allineamento al pensiero unico, mercatista e iperliberista, eliminerà, come d’incanto, qualunque idea di alternativa all’attuale stato di cose. E perché mai dovremmo pensare ad una società diversa, se viviamo nel migliore dei mondi possibili?