Claudio Detto
Il percorso di vita dei creativi molto spesso tende ad allontanarsi dalla naturale inclinazione verso l’arte, forse perché è necessario compiere un percorso emotivo e di crescita interiore prima di giungere alla consapevolezza delle proprie sensazioni e poi di poterle esprimere, o forse semplicemente perché la contingenza rende prioritarie altre vie che tendono a lasciar prevalere la parte logica e razionale su quella emozionale. Claudio Detto scopre fin da giovanissimo la sua vena artistica, coltivata prima con il disegno e successivamente con la pittura a olio lasciandosi ispirare dalle opere dei grandi maestri del Novecento e in particolare da Morandi, Modigliani e De Chirico, successivamente però accantona la sua grande passione per seguire il percorso professionale che lo ha condotto a diventare dirigente d’azienda e poi ad aprire una sua società diventando di fatto imprenditore a tempo pieno. Tuttavia non dimentica il suo amore giovanile per l’arte e dopo molti anni, quando decide di vendere la sua fiorente società, riprende in mano i pennelli e ricomincia a dare sfogo a quella creatività rimasta in silenzio troppo a lungo. Come spesso accade è proprio in virtù della rinuncia alla manifestazione espressiva che poi, una volta che le si dà di nuovo spazio essa fuoriesce in maniera irresistibile e carica di tutte quelle emozioni trattenute nel percorso precedente. In un primo momento si misura con differenti stili e linguaggi pittorici per seguire il suo desiderio di sperimentazione, ha infatti approcciato il Cubismo, il Neoplasticismo e a tratti anche l’Espressionismo e l’Impressionismo, ma trova la sua dimensione, quella più affine alla propria indole e alla propria dimensione creativa, nell’Espressionismo Astratto, o Arte Informale, grazie a cui può lasciar fluire liberamente sensazioni e riflessioni. Le sue opere sono suggestive, meditative e serene ma al tempo stesso anche coinvolgenti proprio in virtù di quell’apparente caos dentro cui ricercare un ordine, o forse è proprio la non forma a infondere la sensazione di essere all’interno di un ordine differente eppure rassicurante; le tonalità scelte da Claudio Detto sono accostate secondo una perfetta armonia cromatica, come se il colore fosse la base e l’essenza stessa della realtà osservata con lo sguardo e rielaborata dall’interiorità, perché in fondo, sembra dire l’artista, la vita è tutta una questione di emozione, di come ciascun individuo percepisce gli eventi o ciò che vede e che poi reinterpreta sulla base del proprio sentire. È esattamente grazie a questa libertà di decifrazione del suo messaggio espressivo, la facoltà che Detto lascia all’osservatore di assorbire e dare un proprio significato a ciò che l’opera trasmette, a rendere le sue tele incredibilmente coinvolgenti, come se ciascun osservatore ne divenisse in qualche modo parte integrante o protagonista. L’opera Astratto 28
Astratto 28
con le sue tonalità chiare e sfumate sembra raccontare di un momento di gioia, di ricordi felici e luminosi, quelli dei giorni d’inizio estate, quando l’aria non è ancora troppo afosa e si può approfittare del calore del sole; il grattage, quasi sempre presente nelle tele di Claudio Detto, cerca di fissare i momenti salienti, quegli attimi più rilevanti che devono restare scolpiti nella memoria ed essere predominanti sulla sensazione ricevuta dall’insieme. In Circolo Polare
Circolo polare
invece la gamma cromatica appare più scura, più orientata alla riflessione e alla sensazione di silenzio che in quella parte del mondo probabilmente predomina; la geometricità tondeggiante che domina l’intera tela infonde nell’osservatore la sensazione di freddo che può essere interpretato anche come gelo dell’anima quando rinuncia a lasciarsi andare alle emozioni più calde e coinvolgenti. Ora però voglio lasciare spazio alla voce dell’artista e permettergli di raccontarsi al pubblico.
Lei ha rinunciato per molto tempo a seguire la sua indole artistica, le è costata molto questa rinuncia oppure l’ha ritenuta necessaria per il percorso che aveva deciso di seguire?
Non è stata una rinuncia voluta, ragionata bensì un abbandono naturale dovuto a cause contingenti e alle situazioni che la vita mi presentava. Da ragazzo disegnavo discretamente bene ma solo con matita o carboncino; alle medie inferiori la professoressa di disegno mi autorizzava, insieme ad un compagno, a scendere in cortile per disegnare en plein air il giardino e la chiesa che si affacciava a lato.La mia famiglia non era abbiente ed io ho iniziato a lavorare a 16 anni studiando la sera. Erano altri tempi così a soli 24 anni mi sono sposato. I soldi messi da parte non erano sufficienti per arredare totalmente la nuova casa e non sopportando i muri spogli, ho acquistato una valigetta di colori ad olio. Ho così dipinto i miei primi quadri ricopiando le donne di Modigliani, le nature morte di Morandi e alcuni figurativi di De Chirico. Di queste prime opere mi è rimasto unicamente un Morandi dipinto nel ’74. Questa è stata una parentesi perché il lavoro mi impegnava al tal punto da dover abbandonare non solo la pittura ma anche gli studi universitari. Dopo le prime esperienze nell’industria elettronica ho lavorato nel settore finanziario e commerciale di società operanti nella produzione o commercio di macchinari di movimento e sollevamento terra e dopo molti anni di dirigenza e di comproprietà, nel 1997 ho fondato una mia società operante sempre nella vendita e nel noleggio di macchinari industriali.
Oggi piove
Dopo la sua scelta di vendere la società si è trovato a gestire tutto il suo tempo dedicandosi all’arte, quanto ha contato nella sua espressività questa ritrovata libertà? Quanto il nuovo stile è stato influenzato dalla sensazione di potersi finalmente dedicare alla sua passione?
Dopo quarantasette anni di lavoro sempre molto impegnativo è stato disorientante ritrovarmi padrone del mio tempo. Inizialmente non pensavo alla pittura… intendiamoci, l’arte mi è sempre piaciuta, non ho mai smesso di visitare mostre e musei e ho anche investito in alcune opere di maestri del ‘900 creandomi una piccola collezione, ma l’idea di dipingere proprio non mi ha sfiorato sino a quando ho ritrovato in cantina quella vecchia valigetta di colori. Difficile dire che influenza ha avuto nel mio modo di fare arte la libertà dal tempo, dalle regole e dagli impegni del lavoro. Quando vai in pensione la tua vita cambia e ti metti a fare cose che non hai mai fatto al di là di desiderarle o meno. La pittura è stato un ritrovarmi, una liberazione dalla noia del nulla, del tempo vuoto; un modo per ritrovare me stesso, per dimenticare il tempo e per realizzare quello che prima non c’era.
Palude
Lo studio e l’approfondimento di vari stili pittorici l’ha condotta a scegliere l’Espressionismo Astratto, ci racconta quanto tempo e quanta sperimentazione ha impiegato per riconoscere la cifra stilistica più affine alla sua indole?
Non ho avuto la fortuna di studiare arte all’accademia, frequentare corsi di pittura o avere un tutor o un mecenate al mio fianco. Sono un autodidatta con tutti i limiti tecnici del caso. Nel mio percorso ho provato più o meno brevemente diversi stili ma è nell’astratto e nell’informale che ho trovato la massima libertà di espressione, libero sfogo alla fantasia, alle emozioni, al gesto. L’astratto ti permette di creare quello che non c’è, ti permette di far vedere a chi guarda quello che l’osservatore vuole vedere, suscita emozione. L’emozione è un sentimento intimo e unico che attraverso gli occhi ti arriva all’anima. Ecco io, come tanti altri pittori, vorrei solo suscitare emozione. Certo, non tutte le opere riescono a toccare certe corde perché non tutte le opere nascono nel giusto momento per diventare messaggere di emozioni.
Astratto n. 36
Quali sono gli artisti del passato, a parte quelli che omaggiato nelle sue opere giovanili, che l’hanno ispirata di più?
Tralasciando i nomi che hanno accompagnato la mia gioventù direi che sono molti gli artisti che ammiro e che probabilmente hanno influenzato coscientemente o incoscientemente la mia pittura, posso citare Mario Schifano, Bruno Cassinari, Bruno Saetti, Mario Sironi, Tano Festa, Carlo Carrà, oppure Jackson Pollock, Robert Raushemberg, Willelm de Kooning, Hans Hartung … ogni artista può darti qualcosa: l’accostamento dei colori, il tipo di pennellata, il materiale utilizzato, l’idea del disegno.
Lei ha partecipato a importanti mostre collettive nazionali e internazionali ricevendo ampi consensi: qual è stata la soddisfazione maggiore? E quali sono i suoi prossimi progetti?
Ho iniziato a promuovermi molto tardi, prima dipingevo per amici e conoscenti. La maggiore soddisfazione? Certamente la mia prima mostra collettiva alla Art3f di Montecarlo con la Queen Art Gallery di Padova. Come si suol dire “la prima mostra non si scorda mai”.Recentemente sono stato alla Pro-Biennale di Venezia con Spoleto Art, alla Biennale di Genova con Satura, alla Barcelona Contemporary 202I con la Its Liquid. I progetti più significativi che avranno luogo breve sono una mostra collettiva a New York a settembre presso la Saphira e Ventura Gallery, all’Expo Fiera Milano in occasione della Milano Design Week con la Passepartout Gallery, a Innsbruck alla Art Innsbruck con la galleria Accorsi di Torino in ottobre mentre entro fine anno sto organizzando una mostra personale a Milano che però è ancora in fase di definizione.
CLAUDIO DETTO-CONTATTI
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Marta Lock’s interviews:
Claudio Detto, the entrepreneur who rediscovers his artistic nature
The life path of creative people very often tends to deviate from the natural inclination towards art, perhaps because it is necessary to go through an emotional journey and inner growth before reaching the awareness of one’s own feelings and then being able to express them, or perhaps simply because contingency gives priority to other paths that tend to let the logical and rational side prevail over the emotional one. At a very young age, Claudio Detto discovered his artistic vein, which he cultivated first with drawing and then with oil painting, allowing himself to be inspired by the paintings of the great masters of the twentieth century and in particular by Morandi, Modigliani and De Chirico. However, he later set aside his great passion to follow a professional route that led him to become a company manager and then to open his own company, becoming a full-time entrepreneur. However, he did not forget his youthful love for art and after many years, when he decided to sell his flourishing company, he picks up his paintbrushes again and gives vent to that creativity that had remained silent for too long. As often happens, it is precisely by virtue of the renunciation of the expressive manifestation that, once it is given space again, it emerges in an irresistible manner, charged with all those emotions held back in the previous path. At first he measured himself with different styles and pictorial languages to follow his desire for experimentation. He approached Cubism, Neoplasticism and at times even Expressionism and Impressionism, but he found his own dimension, the one most akin to his nature and creative dimension, in Abstract Expressionism, or Informal Art, thanks to which he could let feelings and reflections flow freely. His artworks are evocative, meditative and serene, but at the same time also involving, precisely because of that apparent chaos within which he seeks an order, or perhaps it is precisely the lack of form that instils the feeling of being within a different yet reassuring order; The tones chosen by Claudio Detto are juxtaposed according to a perfect chromatic harmony, as if colour were the basis and the very essence of reality observed with the eye and reworked from within, because after all, the artist seems to say, life is all a matter of emotion, of how each individual perceives events or what he sees and then reinterprets on the basis of his own feeling. It is precisely thanks to this freedom of deciphering his expressive message, the faculty that Detto leaves to the observer to absorb and give his own meaning to what the artwork conveys, that makes his canvases incredibly involving, as if each observer somehow became an integral part or protagonist. The painting Astratto 28 with its light and shaded tones seems to tell of a moment of joy, of happy and bright memories, those of early summer days, when the air is not yet too sultry and one can take advantage of the warmth of the sun; the grattage, almost always present in Claudio Detto’s canvases, tries to fix the salient moments, those most important instants that must remain engraved in the memory and be predominant on the sensation received by the whole. In Circolo Polare, on the other hand, the chromatic range appears darker, more oriented towards reflection and the sensation of silence that probably predominates in that part of the world; the rounded geometry that dominates the entire canvas infuses the observer with a feeling of coldness that can also be interpreted as a chill in the soul when it renounces letting go of the warmest and most involving emotions. But now I want to leave room for the artist’s voice and allow him to tell his story to the public.
For a long time, you gave up following your artistic nature; did this cost you a lot, or did you consider it necessary for the path you had decided to follow?
It was not a deliberate, reasoned renunciation, but a natural abandonment due to contingent causes and the situations that life presented me with. When I was a boy, I drew quite well, but only with a pencil or charcoal; in secondary school, my drawing teacher authorised me and a classmate to go out into the courtyard to draw en plein air the garden and the church on the side. My family was not wealthy and I started working when I was 16, studying in the evenings. It was a different time, so I got married when I was only 24. The money I had saved was not enough to furnish the new house completely, and since I could not stand the bare walls, I bought a case of oil paints. So I painted my first pictures copying Modigliani’s women, Morandi’s still lifes and some of De Chirico’s figurative artworks. All that remains of these early works is a Morandi painted in 1974. This was an interlude because my work was so demanding that I had to give up not only painting but also my university studies. After my first experiences in the electronics industry, I worked in the financial and commercial sector of companies operating in the production or trade of earth-moving and lifting machinery, and after many years of management and co-ownership, in 1997 I founded my own company operating in the sale and rental of industrial machinery.
After your decision to sell the company you found managing all your time by dedicating yourself to art, how much did this newfound freedom influence your expression? How much has the new style been influenced by the feeling of finally being able to dedicate yourself to your passion?
After 47 years of very demanding work, it was disorientating to find myself the master of my time. Initially, I wasn’t thinking about painting… let’s be clear, I’ve always liked art, I’ve never stopped visiting exhibitions and museums and I’ve even invested in some painting by 20th-century masters, creating a small collection, but the idea of painting didn’t even occur to me until I found that old paint case in the basement. It is hard to say what influence freedom from time, rules and work commitments has had on my way of making art. When you retire, your life changes and you start doing things you have never done before, whether you want to or not. Painting has been a way of finding myself, a liberation from the boredom of nothingness, of empty time; a way of finding myself, of forgetting time and realising what was not there before.
The study and in-depth analysis of various painting styles led you to choose Abstract Expressionism, can you tell us how much time and experimentation did it take you to recognise the stylistic code most akin to your nature?
I was not fortunate enough to study art at the academy, attend painting courses or have a tutor or patron at my side. I am self-taught with all the technical limitations. I have tried different styles more or less briefly during my career, but it is in the abstract and informal styles that I have found the greatest freedom of expression, free rein to my imagination, emotions and gestures. Abstract art allows you to create what is not there, it allows you to show the viewer what the observer wants to see, it arouses emotion. Emotion is an intimate and unique feeling that reaches your soul through your eyes. Like many other painters, I just want to arouse emotion. Of course, not all artworks manage to touch certain chords because not all paintings are born at the right time to become messengers of emotions.
Which artists from the past, apart from those you pay homage to in your early artworks, have inspired you the most?
Leaving aside the names that accompanied my youth, I would say that there are many artists that I admire and who have probably consciously or unconsciously influenced my painting, I can mention Mario Schifano, Bruno Cassinari, Bruno Saetti, Mario Sironi, Tano Festa, Carlo Carrà, or Jackson Pollock, Robert Raushemberg, Willelm de Kooning, Hans Hartung … every artist can give you something: the combination of colours, the type of brushstroke, the material used, the idea of the drawing.
You have taken part in important national and international group exhibitions, receiving wide acclaim: what has been your greatest satisfaction? And what are your next projects?
I started promoting myself very late, I used to paint for friends and acquaintances. The greatest satisfaction? Certainly my first group exhibition at Art3f in Monte Carlo with the Queen Art Gallery in Padua. As people say, ‘you never forget your first exhibition’.Recently, I was at the Pro-Biennale in Venice with Spoleto Art, at the Biennale in Genoa with Satura, and at Barcelona Contemporary 202I with Its Liquid. The most significant projects that will take place soon are a group show in New York in September at Saphira and Ventura Gallery, at Expo Fiera Milano during Milan Design Week with Passepartout Gallery, in Innsbruck at Art Innsbruck with Accorsi Gallery in Turin in October, and by the end of the year I am organising a solo show in Milan, which is still being defined.