Cartabia for President!

La mafia sa chi ringraziare. Lo sconcertante spettacolo offerto dai partiti in occasione della riforma della giustizia ha avuto il merito di fare chiarezza sul loro posizionamento. Mettetevi nei panni di un mafioso che va a votare. Deve decidere, come tutti i cittadini, quali partiti rappresentano meglio i suoi interessi. E siccome il problema principale di un mafioso non è la giustizia sociale ma come farla franca nel caso di omicidi o traffico di stupefacenti e altre forme di illegalità, si indirizzerà verso quei partiti che danno le risposte più convenienti ai suoi problemi. Ecco! Il dibattito sulla riforma Cartabia rappresenta un utile   strumento per orientarsi. Una vera e propria cartina di tornasole. I processi e le sentenze ci forniscono un quadro molto chiaro: i mafiosi non solo scelgono i loro rappresentanti tra i politici che si rendono più disponibili, accettando pacchetti di voti, ma anche che scendono direttamente nell’agone occupando uno scranno in Parlamento.  È recente l’osceno spettacolo del parlamento (in questo caso rigorosamente in carattere minuscolo) che riconsegna i vitalizi a condannati che accettano e ringraziano. Giustizia è fatta, gridano in tanti.

Esistono motivi, a parte un peloso garantismo, per cui i processi debbano andare in fumo? È o non è la prescrizione un modo di strizzare l’occhio a tutti coloro che sperano di farla franca? È sufficiente invocare la ragionevole durata del processo per un increscioso liberi tutti? Non sarebbe più corretto limitarsi a punire quei giudici che rallentano, senza adeguata motivazione, i processi (cosa peraltro prevista nella riforma) o potenziare gli uffici giudiziari per evitare che vadano in prescrizione i reati? Eppure, in perfetta malafede, si scelgono le scorciatoie che fanno felici i delinquenti con l’alibi che “l’impunità è nei processi senza fine”, come afferma candidamente la ministra Cartabia che,  ancora più candidamente ascrive le posizioni di chi non ha condiviso l’originario impianto, a posizioni ideologicamente preconcette, scambiando il sacrosanto bisogno di giustizia per deprecabile ideologia.

Aggiungo, poi, che l’Europa aveva salutato positivamente la riforma Bonafede, poiché andava nella giusta direzione, mentre adesso pare che sia, invece, la riforma Cartabia, addirittura nella sua prima formulazione, ad essere gradita all’UE. Ma ormai siamo abituati allo stucchevole ritornello “ce lo chiede l’Europa”, anche quando viene usato a sproposito.

E,  contrariamente a quanto pensano in tanti, non mi stupirebbe se ci ritrovassimo la Cartabia sul Colle più alto. Il popolo italiano, sempre pronto a gridare “ladri, ladri”, è quello che facilmente si lascia blandire  dalla prima sanatoria utile, ed è quello che velocemente dimentica le malefatte dei politici che proprio su questa tendenza all’oblio fondano, spesso, le loro carriere. Quando fra qualche anno finirà l’effetto delle proroghe della presente riforma, qualcuno tornerà all’attacco e finalmente potrà realizzarsi quel “liberi tutti” tanto agognato e si potrà tornare a sperare nella prescrizione, vera panacea per un paese profondamente malato.