Confindustria e il Decreto dignità

Per capire quali forze comandano  veramente nel Parlamento italiano è più che sufficiente, anzi, emblematico, quello che è avvenuto a proposito del cosiddetto Decreto dignità. 

Correva l’a.D. 2018, quando un decreto, fortemente voluto da una forza che si è dichiarata sin dal suo apparire come “antisistema”, stabilì in uno dei suoi articoli che la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato “a-causale”, poteva avvenire solo per un periodo di durata non superiore ai 12 mesi. Trascorso questo periodo i contratti si sarebbero trasformati in contratti a tempo indeterminato. Che colpo, ragazzi! 

Esattamente tre anni dopo, d’accordo anche M5S e Liberi e Uguali, con il ritorno  alla liberalizzazione dei contratti a termine, grazie ad un emendamento voluto da PD, Lega, FI  e FdI, e fortemente richiesto da Confindustria, appare abbastanza chiaro che in Italia la stagione dei cambiamenti favorevoli ai lavoratori non possa durare molto. Alla fine prevale sempre la volontà confindustriale e dei suoi servi in Parlamento di “normalizzare” il paese, ovvero di eliminare tutte quelle clausole che impediscono ai padroni di fare il bello e il cattivo tempo. Le cose solitamente vanno così: si permette a qualche forza politica di giocare per un po’, poi il proprietario del pallone, nella fattispecie Confindustria, quando sta perdendo la partita si porta via il pallone, sancendo la fine del gioco. E si rinnova la classica frase di De Gaulle che con un “la ricreazione è finita”  pose fine al Maggio francese. Giocate pure, sembrano dire le élite economico-finanziarie, poi quando il gioco si fa duro sappiate che i duri siamo noi padroni, che abbiamo grandi risorse, come un Parlamento sensibile alle leggi del profitto e una stampa volontariamente serva, controllata da gruppi editoriali che ci devono molto. 

Sappiate pure che al momento opportuno smantelleremo tutto quello che intralcia la realizzazione dei nostri profitti! Ricordatevi sempre quello che è successo alla sanità e alla scuola. Vi servano da monito leggi come il Jobs Act con il quale abbiamo messo in riga anche i sindacati, che si sono bevuti la storiella che eliminando lacci  e lacciuoli per le imprese si favorisce l’occupazione. 

E quand’anche ci capitasse di distrarci, ci pensa sempre quella paura fottuta di perdere lo scranno in Parlamento, soprattutto oggi che i posti a sedere si sono ridotti, che convince anche i più duri e puri a fare patti anche col diavolo!