DISABILE COSTRETTO IN CASA: SI ALL’ASCENSORE!

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“Siamo felicissimi per la notizia, e siamo molto grati a Confabitare per il supporto in tutti questi mesi, all’attenzione dei media grazie ai quali J-Ax, il cui contributo son convinta sia stato determinante, è venuto a conoscenza della vicenda e grazie al Sindaco di Bologna che mi ha mostrato il suo supporto non appena è venuto a conoscenza della situazione di mio padre”. Elisa Gruppioni

“Siamo felici che Emo Gruppioni abbia vinto la sua battaglia e possa inserire l’ascensore condominiale all’interno del Superbonus 110%. C’è riuscito grazie, soprattutto, alla temerarietà della figlia Elisa – interviene Alberto Zanni Presidente Nazionale di Confabitare – che non si è mai data per vinta. Non dobbiamo abbandonare questa famiglia proprio ora, perché l’ascensore si farà ed è il loro più grande ostacolo alla normalità, ma dobbiamo aiutarli ad abbattere le altre barriere, architettoniche e non, che limitano la loro vita”.

“Ci sono altre barriere da abbattere e i 15 anni di “reclusione” non glieli renderà nessuno,  però mi batterò per fargli vivere serenamente i prossimi anni”. Commenta Elisa riferendosi al padre Emo.

Confabitare – Associazione Proprietari Immobiliari – segue la vicenda del proprio associato Emo Gruppioni, costretto in casa da 15 anni, per l’installazione dell’ascensore con l’ausilio del Superbonus 110%. Benché Elisa (con delega del padre) abbia avuto l’assenso finale all’asseverazione dell’ascensore all’interno del Superbonus, il 30 luglio un condomino ha impugnato la delibera ela paura di Elisa era di non riuscire a rispettare i tempi del Superbonus 110% per via della mediazione. Vista la gravità del caso Confabitare lo ha denunciato ai media e grazie a questa denuncia è arrivato l’appello di J-Ax e in seguito a questo sono intervenuti l’ex Sindaco Virginio Merola e il nuovo Sindaco Matteo Lepore che hanno confermano quanto sostenuto dall’ingegnere e dall’architetto che firmeranno il progetto, ovvero che non ci sono ostacoli strutturali all’installazione.

Il clamore ha portato l’unico condomino che aveva impugnato la delibera a tornare sui suoi passi.

“Voglio sperare in una presa di coscienza del condomino che si è ritirato – commenta Elisa Gruppioni – e anche degli altri 10 che non volevano l’ascensore, a volte si è assorti nella

propria quotidianità e non ci si accorge delle infinite opportunità che si hanno di aiutare il nostro prossimo. Mia mamma ricorda con nostalgia i tempi in cui tutti nel condominio andavamo d’accordo, il periodo coincide con quando i miei stavano bene e non erano percepiti come un peso. Per arrivare alla delibera del 7 luglio – continua Elisa –  ho trascorso sei mesi tra interpelli all’agenzia delle entrate e colloqui con gli uffici del comune, perché nessuno credeva fosse possibile inserire l’ascensore come elemento trainato e quindi ad ogni assemblea mi venivano messi sempre nuovi paletti che dovevo superare. Solo grazie a Confabitare ed all’avvocato che mi ha indicato, sono riuscita ad andare avanti in questa battaglia”.

Benché alla riunione condominiale del 7 luglio si sia deliberato per l’installazione della piattaforma elevatrice solo 9 condomini su 20 si sono detti favorevoli (per il Superbonus bastano 1/3 dei proprietari favorevoli e non i 500 millesimi). Dunque anche se alla fine si procederà con l’installazione i Gruppioni dovranno fronteggiare 11 persone di fatto contrarie all’ascensore. Le stesse persone che non hanno voluto l’avvocato che Confabitare aveva suggerito ai Gruppioni anche se si era dimostrato molto preparato in materia di Superbonus.

“Si tratta dello stesso professionista che ha seguito i Gruppioni  per arrivare alla delibera del 7 luglio – continua Alberto Zanni – dopo l’impugnazione, l’amministratore ha proposto come avvocato del condominio lo stesso, in quanto già a conoscenza dei fatti. Gli 11 contrari non lo hanno voluto ritenendolo “di parte”, temendo che essendo già stato avvocato dei Gruppioni, potesse favorirli in fase di mediazione”.

“Essere in disaccordo con un condomino per molti può considerarsi la normalità e neanche un grosso peso, ma come società non possiamo permettere che persone come Emo e la moglie, la cui vita si identifica con la casa, siano percepite come un peso da 11 condomini pur non arrecando alcun danno ai vicini – continua Alberto Zanni – questo non è un problema dei Gruppioni, è un problema di tutti”.

Un altro problema riguardante le barriere architettoniche che affligge la vita di Emo è il bagno, quello attuale va ristrutturato perché non idoneo ad un disabile e per ristrutturarlo ci vogliono circa 10.000 euro. Elisa ha un buon lavoro, ma parte del suo stipendio ogni mese lo spende per le esigenze di salute dei genitori, che purtroppo hanno un ISEE di 8.737 euro l’anno, relativo alla sola pensione di Emo (perché la mamma, anziana la cui salute è evidentemente compromessa, pur disabile al 90% non percepisce alcuna pensione né di invalidità, né sociale, a causa dei limiti di reddito) ed un reddito complessivo di circa 13700 euro l’anno, non sufficienti a far fronte alle esigenze di salute di entrambi, dunque avendo mensilmente questa necessità non riesce a mettere nulla da parte.

“Elisa è una donna molto forte – commenta Zanni – non si è data per vinta, ha continuato imperterrita la sua ricerca che l’ha portata fino a noi che supportiamo ogni giorno migliaia di associati e notando la gravità della situazione abbiamo dispiegato sia le nostre forze tecniche che quelle comunicative col fine di far ottenere l’ascensore ad Emo e far vivere a questa famiglia la vita serena che merita”.

DISABILE COSTRETTO IN CASA. IL CASO NON È RISOLTO

“Sulla vicenda dell’ascensore negato – interviene Alberto Zanni Presidente Nazionale di Confabitare – siamo assolutamente contenti che sia intervenuto anche il Sindaco Merola e il candidato sindaco Lepore, anche perché Elisa è una nostra associata e noi di Confabitare l’abbiamo seguita fin da subito, sia da un punto di vista tecnico, legale e col supporto mediatico. Ma purtroppo la vicenda non può definirsi conclusa, in quanto bisogna seguire le procedure della mediazione e seguire anche le vie giudiziarie, in questo modo si corre il rischio di andare oltre termini  previsti dal Superbonus 110%.”

Confabitare – Associazione Proprietari Immobiliari – segue la vicenda del proprio associato Emo Gruppioni, costretto in casa da 15 anni, per l’installazione dell’ascensore con l’ausilio del Superbonus 110%. In seguito all’appello di J-Ax è intervenuto anche il Sindaco Virginio Merola, che conferma quanto sostenuto dall’ingegnere e dall’architetto che firmeranno il progetto, ovvero che non ci sono ostacoli strutturali all’installazione. Il problema purtroppo rimane ed è il motivo per il quale Confabitare, che segue diversi casi simili in tutta Italia, ha dovuto denunciare il problema alla stampa: benché Elisa Gruppioni (con delega del padre) abbia avuto l’assenso finale all’asseverazione dell’ascensore all’interno del Superbonus, in data 30/07 un condomino ha impugnato la delibera e ora, andando in mediazione, la paura di Elisa è che non si riesca a rispettare i tempi del Superbonus e la possibilità di montare un ascensore possa sfumare.

Il Sindaco Merola – commenta Elisa Gruppioni – mi ha detto che si è informato e che non ci sono problemi statici così come sostiene chi ha impugnato il progetto. Quindi conferma che l’ascensore si può installare. Mio padre non ci credeva quando gli ho detto che Merola aveva chiamato proprio per lui e che lo salutava con affetto. Per noi questo gesto ha significato molto, ma purtroppo l’atto del condomino va avanti, c’è una presa di posizione con un avvocato e a meno che il condomino non si ritiri, l’otto ottobre ci sarà l’incontro di mediazione con l’avvocato.

DISABILE COSTRETTO IN CASA. PER SEMPRE?

Da dieci anni costretto in casa, riesce ad inserire l’ascensore nel superbonus, ma un condomino contesta l’installazione e l’ascensore diventa un miraggio, come il resto del mondo.

Confabitare – Associazione Proprietari Immobiliari – ha a cuore il welfare abitativo, i rapporti sociali fra condomini e l’abbattimento delle barriere architettoniche sta seguendo da vicino la storia di Emo Gruppioni, un produttivo artigiano bolognese che una notte andò a letto sano e il giorno dopo a causa di un Ictus si svegliò disabile. Tante le peripezie della moglie per mandare avanti la casa, lavorare e poter permettere alla figlia di studiare. Emo è chiuso in casa da 10 anni perché abitando al terzo piano e non potendosi permettere di comprare ed installare un ascensore è costretto in casa.

Quest’anno il suo condominio ha deciso di intraprendere una riqualificazione energetica con Superbonus 110%, grazie a questa opportunità la figlia Elisa ha avuto l’assenso finale all’asseverazione dell’ascensore all’interno del Superbonus: alla riunione condominiale del 7 luglio finalmente si delibera per l’installazione della piattaforma elevatrice: favorevoli 9 condomini su 20 (per il Superbonus bastano 1/3 dei proprietari favorevoli e non i 500 millesimi).

Benché Elisa abbia in mano la relazione dell’ingegnere e dell’architetto che firmeranno il progetto, in data 30/07 un condòmino ha impugnato la delibera, adducendo, tra le altre, motivazioni statiche che danneggerebbero la stabilità dell’immobile.

Ora, andando in mediazione ed eventualmente iniziando un contenzioso legale che non si sa quando potrà finire, la paura di Elisa è che non si riesca a rispettare i tempi del Superbonus e la possibilità di montare un ascensore possa sfumare, come anche quella di Emo di uscire a riveder le stelle e tutto il resto.

È assurdo che per questioni esclusivamente personali – commenta Alberto Zanni Presidente Nazionale di Confabitare – un condominio rinunci alla comodità di avere l’ascensore gratuitamente nel proprio palazzo .

In tutti questi anni di attività abbiamo lottato per l’abbattimento delle barriere architettoniche e in questo caso abbiamo sollecitato il governo perché l’acquisto e l’installazione dell’ascensore fossero inseriti all’interno del Superbonus 110%, una conquista non da poco della quale ci si dovrebbe servire con entusiasmo. Se poi alla comodità si aggiunge anche il fatto di poter aiutare un proprio vicino di casa chiuso in casa da dieci anni è incomprensibile come questo palazzo rischi di non poter inserire l’ascensore nel Superbonus.

Il lavoro di Confabitare – continua Zanni – parte da una filosofia di welfare abitativo, di attenzione alle problematiche sociali all’interno di un condominio, di buona convivenza e riguardo verso le persone sole o disabili, le iniziative che abbiamo fatto in tal senso sono tante. Per questo stiamo supportando il signor Emo e la sua famiglia per risolvere la questione.

UN ASCENSORE PER LA LIBERTÀ

Cos’è per te la Libertà? (rapportata a questa vicenda e in generale)

La libertà per me e la mia famiglia non è un concetto scontato. Spesso paragono la vita di un disabile e di chi gli sta accanto (almeno nel nostro caso)  a quella di un carcerato: senza aver commesso nessun reato ci siamo ritrovati negli anni ad aver sempre meno libertà di spostamenti e anche le cose più banali sono diventate un problema (dal fare una passeggiata, andare a trovare gli amici, una visita medica, andare a fare la spesa) e questo ha determinato l’isolamento soprattutto per i miei genitori. Adesso il telefono è diventata una grossa valvola di sfogo (soprattutto per mia madre, papà ha una forte ipoacusia nonostante le protesi acustiche e quindi ne beneficia poco) ma non può sostituire il contatto umano come può essere conversare con qualcuno guardandosi negli occhi. Nessuno dovrebbe essere così limitato nel poter vivere la quotidianità fatta anche solo di cose banali come andare a comperare il pane e scambiare un paio di chiacchere con il bottegaio.

Cosa intendi per Liberazione? (rapportata a questa vicenda e in generale)

Liberazione è una parola carica di significato per me: rapportata a questa vicenda sicuramente la libertà di uscire senza dover chiedere l’ausilio di persone esterne e senza doverlo programmare per tempo. Per “Elisa” la liberazione sarebbe uscire da questa situazione in cui mi sono ritrovata da quando ho 8 anni e che per amore, riconoscenza, senso di responsabilità ed anche senso di colpa (anche se non dovrei averlo) mi sono ritrovata a gestire bene o male (ho probabilmente fatto anche molti errori). Purtroppo so che non potrò mai liberarmi da questo “fardello” finchè loro ci saranno (non certo desidero la loro morte) e questo ha condizionato pesantemente me e chi mi sta accanto da tanti anni per quanto riguarda scelte di vita e di lavoro.

Quanti anni avevi quando tuo padre ha avuto l’ictus, com’è cambiata la tua vita?

Un po’ ho già risposto. Papà ha avuto l’ictus quando avevo 8 anni (2a elementare) e da quel momento la vita mia è cambiata profondamente. Inoltre solo 2 anni prima la mamma ha avuto una malattia che l’ha costretta 6 mesi in isolamento all’Ospedale Maggiore. Entrambe le malattie hanno avuto per me un forte impatto psicologico ed emotivo perchè ho visto entrambe le figure dei genitori che per un bambino sono “pilastri” intoccabili e forti sgretolarsi sotto i miei occhi (di quegli anni ricordo me nascosta dietro la poltrona del salotto con una foto in mano di mia mamma mentre piango e le lacrime di mio padre mentre legge una poesia che lo aveva commosso…..).

Le rinunce sono state tante perchè non c’erano possibilità economiche e perchè papà non stava bene e quindi anche solo una gita la domenica non si poteva fare. Le cose importanti (come gli studi) mi sono sempre state garantite grazie anche all’aiuto della zia paterna Edda che viveva vicino a noi (nubile) e che ci ha supportato economicamente e moralmente. Grazie a lei quando ero adolescente sono riuscita a fare anche qualche vacanza con gli amici.

Oggi sono contenta di non aver avuto tutto ciò che desideravo: mi fa apprezzare maggiormente ciò che ho e mi ha insegnato che le cose che si ottengono con il sacrificio hanno più valore.

Com’è stato vivere con un padre disabile per te e per tua mamma?

Vivere con un disabile è come essere anche noi disabili, perchè per amore si fanno rinunce per non ferire la sua sensibilità. Quindi è come vivere con uno zaino sulle spalle, dover fare le cose che fa la gente “normale” ma con il doppio della fatica. Per mia madre sicuramente (aveva 40 anni al momento dell’ictus) deve essere cambiata la vita in modo radicale: da casalinga che conduceva una vita modesta ma con le sue sicurezze quotidiane si è ritrovata con un marito (la sua colonna fino a quel momento) malato ed una bambina da crescere. Un futuro incerto quindi e pochi aiuti anche dai parenti (fratelli compresi). Si è rimboccata le maniche, ha iniziato a lavorare presso famiglie facendo le pulizie ed ha preso anche la patente ormai non più giovane.

Mamma ha avuto a sua volta un destino “segnato”: si è ritrovata fin da piccola (ultima di sette fratelli con una forte identità libertaria) ad assistere i genitori anziani fino alla loro morte. Degli altri 6 fratelli infatti, 2 sono morti durante la seconda guerra mondiale (uno da partigiano ed un altro da soldato durante la ritirata sul Don in Russia) e gli altri 4 erano ormai sposati e quindi fuori casa.

Come ha vissuto tuo padre questi 15 anni costretto in casa?

Papà ha sempre avuto un carattere tranquillo e positivo. Nella sua vita dopo la malattia ha avuto un altro grosso dispiacere: aveva un’azienda artigianale che ha dovuto chiudere per le pressioni dei suoi dipendenti che poi hanno riaperto senza di lui. Quindi si è ritrovato in pensione forzata a soli 50 anni. Ricordo che papà ha una disabilità fisica ma non psichica e quindi per un uomo non poter provvedere alla propria famiglia ed essere privato del lavoro prima del tempo è sicuramente stato come avere una seconda malattia.

Diciamo che si è adattato alla sua condizione da “recluso” via via sostenuto anche da una forte Fede e da un gruppo di amici che ha trovato nel corso degli anni. Gli amici del pre-malattia infatti sono quasi tutti spariti nel tempo.

La cosa a cui penso spesso ultimamente è che se avessi fatto qualcosa prima avrei guadagnato forse qualche hanno di Libertà per lui, perchè ormai gli anni persi non può restituirglieli nessuno.

Chi si è ricordato di lui in questo periodo? Chi andava a trovarlo?

Come ho detto prima pochi amici sono rimasti del pre-malattia, la maggior parte sono amici che hanno conosciuto nell’ambito della chiesa o amici legati alle scuole che ho frequentato (le mie insegnanti ad esempio dalle elementari al liceo).

Quali sono stati i vostri sentimenti durante i punti nevralgici della vicenda?

Per la malattia di papà e per tutta una serie di “sfortune” (coincidenze sbagliate, quasi fantozziane talvolta) che ci sono capitate abbiamo provato un senso di impotenza negli anni, quasi di tacita rassegnazione ma che non ci ha fatto mai desistere dal rialzare la testa (anche se capita sempre qualcosa che un minuto dopo ce la fa riabbassare, come sempre a ricordarci che non abbiamo diritto ad essere “sereni” non pretendo felici, neanche un minuto).

Che ruolo ha avuto Confabitare?

Quando mio cugino Simone (Gandolfi) mi ha portata a conoscere Alberto Zanni e poi mi sono iscritta a Confabitare, mi sono detta proviamoci, anche se (nonostante i miei cugini mi avessero parlato bene dell’associazione e dell’umanità di Alberto) ero scettica a causa delle precedenti esperienze negative con altri Enti o con le  Istituzioni. Invece mi sono totalmente ricreduta.

Sono stata seguita subito dopo l’iscrizione per tutta questa vicenda con molta professionalità ed umanità, ben oltre alle mie aspettative. Ho contatto il presidente Zanni anche di sabato o alla sera e mi ha sempre risposto. Questo non è certo scontato e va ben oltre il pagamento di una quota associativa.

Come avete vissuto il clamore mediatico?

Francamente non mi aspettavo neanche lontanamente tutto questo. Ho cercato di tenerne fuori i miei genitori perchè anziani e molto riservati. Quindi loro hanno vissuto marginalmente tutto questo: qualche telefonata, titoli di giornale e qualche foto. Per me è stato diverso. Sono contenta di aver tenuto la “barra dritta” verso l’obiettivo (grazie anche ai consigli di mio marito ed Eleonora) per non spettacolarizzare tutta questa vicenda e scadere verso il pietismo.

Come avete vissuto la vicinanza di una star e di altre persone?

E’ stato curioso associare papà, disabile e chiuso in casa, ad rapper. Per un momento vedere e sentire il nome di Emo lo ha fatto uscire non solo dai confini del suo appartamento, ma del palazzo, della via, della città e lo ha fatto entrare nelle case di tutta Italia (o quasi). Era una persona “normale”.

Come sono ora e com’erano prima i rapporti con i vicini?

Quando si vive in una condizione di disabilità come la nostra, si impara che si può aver bisogno di tutti in qualsiasi momento. Quindi si annullano i rancori passati perchè si vive il presente. Quando non sono in casa io o la signora che ci aiuta non è presente, se papà ha bisogno la mamma esce dalla porta e va a suonare ai campanelli finchè non trova qualcuno che le apre. Vorrei tornasse a poterlo fare come prima senza dover “selezionare” l’appartamento. Devo dire che durante il periodo Covid molte persone nel palazzo sono state costrette a casa e nel cortile, quando rientravo dal lavoro, si erano create e rafforzate delle amicizie: i garages erano dei punti di ritrovo e delle piccole officine. Vorrei che tutto potesse rientrare in quella dimensione e ritrovare alcune amicizie che attualmente ho perso e per la cui perdita ho sofferto molto (anche i miei genitori). Non dimentichiamo infatti i molti favori che ci sono stati fatti nel passato da queste persone e che sono stati ripagati da noi solo con un semplice “grazie”.

Quali sono le vostre speranze per il futuro?

Uscire di casa senza problemi e riuscire ad abbattere altre barriere architettoniche presenti nell’appartamento (in primis il bagno), sperando che papà possa beneficiarne per qualche anno ancora. In molti ci hanno detto negli anni e ora, “viste tutte queste barriere perchè non andare in un’altra casa?”  All’inizio di questa malattia perchè non era possibile economicamente (e neanche ora di fatto), oggi a maggior ragione perchè sdradicare delle persone anziane dalla propria casa (che ormai considerano come dice spesso mia mamma una “persona”) trovo sia una violenza (l’ulteriore) a cui non voglio sottoporli visto a quante prove difficili la vita li ha sottoposti.

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