Uniti contro il Reddito di cittadinanza

I mondi paralleli esistono! E molti li abitano convinti di abitare il pianeta terra. La prova è ormai certa. La lista di chi, dopo Renzi d’Arabia, invoca l’etica del sacrificio contro il diseducativo Reddito di cittadinanza si arricchisce di nuovi adepti, al punto che ti viene il dubbio che, quando tutti i padroni, piccoli o grandi che siano, quando tanti politici e le élite trinariciute, affiliate al Partito Unico, si lamentano di una legge dello Stato, allora probabilmente quella legge va nella giusta direzione. Viene il dubbio che il problema sia la cittadinanza piuttosto che il reddito! Come dire: attaccare il reddito per colpire la cittadinanza! Anziché riflettere e recitare il mea culpa per decenni di assenza di una vera politica economica, ormai impossibile da quando le leggi finanziarie si scrivono a Bruxelles, si punta il dito su una norma di civiltà, pensando sempre che se c’è da favorire qualcuno allora è meglio aiutare i grandi gruppi industriali. Come dimenticare, a proposito, gli interventi sulla rottamazione di cui ha usufruito e goduto l’azienda del senatore Agnelli o la pratica della delocalizzazione di aziende che, dopo aver ricevuto aiuti dallo Stato, trasferiscono la produzione in altri paesi dove il costo del lavoro è minore e dove si pagano meno tasse. Di queste pratiche non pare ci sia una reale intenzione di occuparsene con interventi legislativi ad hoc. E quando se ne parla, il lesto Bonomi fa la faccia corrucciata, lamentando l’atteggiamento  punitivo della politica che, a dir suo, penalizza le imprese. 

Credo, infatti, che piccoli e grandi imprenditori si siano creati una realtà a loro uso e consumo che entra in conflitto con i dati che emergono dal mondo reale. 

La strategia per tenere i riflettori accesi sul Rdc è semplice: oltre a considerarlo la causa del fatto che gli imprenditori non trovano più manodopera, si insiste sui furbetti che lo percepiscono indebitamente, per provare ad eliminarlo, senza pensare alle tante famiglie che, in questo periodo di grande difficoltà economica, sono riuscite a sopravvivere proprio grazie a questo tanto vituperato sostegno. 

Ci vuole una gran bella faccia tosta a ribaltare la realtà in maniera così sfacciata e sostenere che i giovani preferiscono stare in panciolle a casa per 500 euro al mese piuttosto che lavorare! Emblematico è il caso dei camionisti che le aziende non riescono a reclutare, individuando la causa nel Reddito di cittadinanza. 

Ma, anziché rendere più appetibile un lavoro fortemente usurante, con ritmi al limite della sopportabilità in termini di fatica e stress, aumentando le retribuzioni, si è pensato di fare ricorso alla manodopera straniera, quegli immigrati tanto bistrattati ma tanto utili quando si tratta di fare gli interessi dei padroni. 

Diversi personaggi famosi ritornano periodicamente sul tema per indurci a scagliarci contro i giovani sfaticati che vogliono tutto e subito senza sudare, dopo che da decenni viene  proposto un modello di vita iperconsumistico inarrivabile, che ha spinto e spinge molti giovani, soprattutto  dei quartieri popolari, ma non solo, ad accettare le proposte di “lavoro” delle varie mafie. Beh, forse è meglio, pensa qualcuno, che i soldi li cacci la mafia anziché lo Stato. E qui mi permetto una nota. Abbiamo foraggiato la famiglia Benetton per decenni per ottenere in cambio 43 morti, e adesso attacchiamo a testa bassa chi percepisce illegalmente il Rdc? Che sia giusto perseguire e bloccare chi non ne ha diritto è fuori discussione, ma un cittadino di un paese normale si sarebbe aspettato che la stessa determinazione fosse stata usata nel colpire i magliari. Ma si sa, lo stato liberale, nella sua versione iperliberista, è sempre pronto a inginocchiarsi davanti al capitale e a mostrare i muscoli contro i deboli come si sta facendo con i percettori del Rdc, abusivi e non. Tanto è vero che, in nome di un garantismo peloso, siamo stati a discutere per mesi se era possibile estromettere la famiglia Benetton da Autostrade, per paura dei ricorsi che sarebbero potuti piovere.

Adesso arriva la notizia che lo chef Vissani, già noto alla giustizia italiana per reati fiscali, che gli sono costati sei mesi di reclusione, con pena convertita in 45mila euro di multa, dimentico di come sia facile fare soldi a danni dello Stato, se la prende col Reddito di cittadinanza che, a suo dire, spinge i giovani a non far nulla. 

Ebbene sì, se non fosse per la rabbia che suscitano questi discutibili personaggi, queste lezioncine di vita sarebbero veramente godibili!