Il Trattato del Quirinale tra utopia e malafede

C’è chi si illude che la musica europea possa cambiare e saluta il Trattato del Quirinale, che nasce con l’intento di rafforzare  la cooperazione bilaterale tra Francia e Italia, con una certa soddisfazione. In particolare si tende ad evidenziare la volontà di rivedere le regole del Patto di stabilità ritenute troppo severe, soprattutto in considerazione del periodo che stiamo attraversando. Senza entrare nel merito del valore della figura di Macron, questo piccolo uomo, arrivato alla Presidenza della Repubblica francese sulla scia della paura della possibile vittoria della destra lepenista, con un partito senza identità fin dal nome anonimo che si è scelto, En marche, credo che sia lui che Mario Draghi, che una volta Francesco Cossiga, in diretta televisiva su Raiuno, definì un “vile affarista”, accusandolo di aver svenduto l’intera industria pubblica italiana, non hanno considerato come questa pia intenzione, prevedibilmente, andrà a schiantarsi  contro il muro tedesco e dei paesi frugali che già in altre recenti occasioni hanno dimostrato, al contrario, di voler tornare al più presto alle ferree regole precedenti l’avvento della pandemia.

Come interpretare allora questo Trattato? Delle due l’una: o Macron e Draghi hanno sopravvalutato la loro possibile influenza sulla Commissione europea, ritenendo che questo piccolo asse sia sufficiente per modificare la governance dell’UE, oppure stanno mentendo sapendo di mentire, per dare di loro un’immagine di statisti che hanno a cuore le sorti dei popoli europei, anche se in cuor loro sanno benissimo che il sistema liberista non consentirà mai, nella sua miopia, che si adottino politiche che non siano quelle austeritarie, quelle che hanno consentito alla finanza e ai grandi potentati economici di realizzare incredibili profitti.

Osservando con occhio disincantato viene difficile pensare che uno che è  stato presidente di Goldman Sachs, della Banca Europea e dentro altri organismi finanziari, e perciò legato a filo doppio col Gotha della finanza mondiale, possa intenerirsi di fronte allo scempio causato dalle politiche antipopolari che hanno caratterizzato l’Europa sin da suo nascere. 

Una terza ipotesi sul tappeto potrebbe essere rappresentata da una “spolveratina” di aiuti ai quali hanno fatto sempre da contraltare interventi  punitivi contro chi ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità. E, questa nell’ottica neoliberista, è una colpa che va lavata col sangue. Come quello greco, per esempio! E, restando all’attualità, siamo testimoni di quante trappole nasconda il pluriosannato PNRR.

Poi, è anche vero che ognuno, visto il periodo, è libero di credere a Babbo Natale!