In pandemia la vita finisce a 50 anni

In un paese normale qualunque politico facente parte del governo si sarebbe preoccupato di spiegare ai cittadini la ratio sottostante alla norma che riapre le discoteche e impedisce ai cinquantenni di andare a lavorare se non vaccinati, senza neppure la possibilità di esibire, al posto della vaccinazione, un tampone negativo. Ma il fondo è stato toccato con la sanzione, una tantum, per i cinquantenni che rifiutano di offrire il braccio alla patria. Proprio nel momento in cui in quasi tutti i paesi si tolgono restrizioni insensate, il nostro insiste con politiche discriminatorie prive di fondamento medico-sanitario e connotate, al contrario, di un forte significato politico.

Le proteste che stanno interessando paesi come il Canada o la Francia, in misura maggiore rispetto ad altri paesi, dove comunque sta aumentando la protesta contro le norme anti-Covid considerate eccessivamente restrittive da molti cittadini, vengono semplicisticamente liquidate come un problema di ordine pubblico, facendo finta di non capire il malessere sociale che ci sta dietro. Il fatto che alle proteste in Francia si sia aggregato il movimento dei “gilet gialli”, che non si è mai voluto omologare e mai ha consentito ad alcuno di intestarsi la loro lotta, da la misura del significato sociale e politico che sta assumendo la contestazione. D’altra parte i regimi poco inclini al dialogo, come quelli che si stanno appalesando in tutte le democrazie occidentali, hanno da sempre letto in chiave di ordine pubblico le proteste popolari, ben sapendo che questa interpretazione è una facile scorciatoia per evitare di confrontarsi con i problemi della gente comune stanca di subire inutili vessazioni che, ormai, da più parti vengono ritenute una insopportabile prova di forza a danno di cittadini che, dopo aver approvato misure restrittive ritenute utili, cominciano a dubitare del loro valore dal momento che nessuno è più disposto a dare credito a un documento come il green pass, che è stato dimostrato essere pericoloso in quanto illude i cittadini che il suo possesso garantisce la sicurezza di non essere contagiatie di non contagiare. Ad alimentare questa falsa certezza ha contribuito in prima persona l’attuale presidente del Consiglio dichiarando, al momento della sua introduzione, che avrebbe rappresentato la soluzione al problema dei contagi. Non pochi qualificati esperti misero subito in chiaro lo scarso valore del tanto contestato documento ai fini del contenimento della diffusione del virus. Ma delle tante contraddizioni e fake news del potere poco si parla, essendo molto più utile insistere sulle responsabilità dei cittadini e dei loro comportamenti, in primis i novax, termine col quale si è voluto, in malafede, indicare un movimento che include una varietà di posizioni che ha fatto comodo evitare di riconoscere, cercando di intruppare, dentro questo variegato esercito, sia autorevoli voci in grado di motivare con dotte e puntuali argomentazioni la loro scelta, sia generici farneticanti complottisti. Sono stati identificati, nell’immaginario collettivo, come i novelli untori, l’unica causa dell’intasamento dei reparti ospedalieri ed in particolare delle terapie intensive, omettendo di spiegare perché un terzo dei malati positivi ospedalizzati sono plurivaccinati, se si escludono gli over 80 per i quali, secondo i dati diffusi dall’ISS, il rischio di finire in terapia intensiva è 85 volte maggiore rispetto ad una persona della stessa età che ha ricevuto tre dosi. Quest’ultimo dato dovrebbe fare riflettere sugli errori commessi sin dall’inizio, quando si è agito puntando unicamente su una vaccinazione generalizzata piuttosto che su una vaccinazione mirata per le persone più anziane e/o fragili, per non dire dell’obbligo imposto ai medici di attenersi alla norma della “vigile attesa” e della somministrazione del paracetamolo.

Quando la buriana sarà passata ci si augura che verranno a galla le responsabilità sanitarie e politiche di chi non ha voluto ascoltare le qualificate voci dissonanti rispetto alla narrazione dominante, voci che sono state criminalizzate e a cui è stato impedito di partecipare al dibattito sulla pandemia o, quando invitate a partecipare, sono state derise e maltrattate da sedicenti esperti, da politici e da giornalisti che avrebbero avuto il dovere di ascoltarle rispettosamente.