Che Vespa non inviti Orsini a Porta a Porta non è una notizia. Sarebbe una notizia il suo contrario. È lo stesso Vespa che per ottenere un contratto diverso dagli altri giornalisti ha fatto rubricare la sua posizione all’interno dell’azienda alla stregua di “artista”, per ottenere un trattamento milionario. Quindi quando guardate Porta a Porta, attenzione! Quella persona che intervista gli ospiti non è un giornalista ma un artista. E che artista! Uno che si fa scrupolo di invitare Orsini, di cui ammette candidamente di non aver ascoltato nulla, (perché evidentemente si fida di altri artisti), ma che non ha avuto remore ad invitare i Casamonica e Riina jr, “colui che ha permesso che si citassero i nomi di minorenni coinvolti in fatti di cronaca, in palese violazione di ogni carta deontologica”, come si rileva da una nota dell’Usigrai del 2017. Ma che ci volete fare! Le rendite di posizione pagano e l’avere appoggiato sempre il potente di turno consente di volgere ogni situazione a proprio vantaggio.
D’altra parte sarebbe ingiusto scagliarsi contro il povero “artista”, proprio adesso che da ogni parte si lanciano anatemi persino contro (sentite! sentite!) il mite Lucio Caracciolo, accusato di intelligenza col nemico, anzi no scusate, col Male.
E non c’è da stare tranquilli, perché quando nelle analisi di eventi così complessi come una guerra si utilizzano solo criteri morali o, peggio ancora, moralistici, allora vuol dire che all’orizzonte è scomparsa qualunque volontà di lavorare per la pace, vuol dire che si è entrati, da ambedue le parti, nella logica dell’annientamento del nemico, fino a quando il Bene non trionferà.
Se tanto mi da tanto, allora, difficilmente vedremo qualche esponente dell’ANPI (l’associazione che riunisce i partigiani d’Italia) in televisione, dopo che l’ineffabile Gramellini ha proposto che la P di partigiani venga sostituita con Putiniani, solo perché nel manifesto per la celebrazione del 25 aprile viene riportato quanto stabilito dalla Costituzione Italiana: “l’Italia ripudia la guerra”, mentre mi pare di capire che tanti vorrebbero che la nostra Carta venisse sostituita dal Trattato Nord Atlantico. Come controproposta, alla luce di quanto sta accadendo nel servizio pubblico, si potrebbe trasformare la sigla RAI in Radio Autocratica Italiana.
Di una cosa, però, non riesco a capacitarmi. Stiamo partecipando ad una guerra per difendere la sovranità del popolo ucraino, ritenuto, a ragione, un sacrosanto principio, reclamato e declamato a suon di richiesta di armi senza risparmio di forze dal prode Zelensky, mentre se io, mite cittadino italiano, invoco un ritorno di sovranità, sottratta da tanti trattati, europei e non, vengo ritenuto fascista, come se la sovranità del mio Paese valesse meno di quella di un popolo in cui allignano semi e frutti di un rinascente (mai morto?) nazismo, in un paese che è diventato luogo d’incontro del “meglio” delle organizzazioni di estrema destra dell’Europa. E, allora, delle due l’una: o la sovranità è un principio che vale sempre, a prescindere dal modo in cui essa viene conculcata, oppure di volta in volta dobbiamo aspettarci che qualcuno dall’alto ci dica se essa vale oppure no.
E se proprio dobbiamo parlare di “verità” allora dico: cari Gramellini e Vespa vi ricordo che “ripudio della guerra”, “sovranità” e “libertà di espressione” sono principi sanciti dalla Costituzione, l’unica realtà “vera” e “incontrovertibile” che io riconosco, mentre voi non so di cosa state parlando!