L’epoca della sospensione dei diritti

Se non ve ne siete accorti siamo entrati, già da un pò, nell’epoca della sospensione dei diritti. Lento pede, la traversata ha avuto inizio con il massacro della classe dei lavoratori nei “gloriosi anni ’80”  ad opera di un neoliberismo senza regole i cui cantori sono stati Ronald Reagan e Margaret Thatcher, è continuata con la pandemia e ha trovato nella guerra ucraina un ottimo motivo per proseguire su questa strada. Tutto con la complicità colpevole di chi si è arreso senza combattere di fronte all’avanzata (irresistibile?) di un capitalismo proteso a privatizzare i profitti e scaricare le perdite sui ceti meno abbienti e sulla classe media. Hanno agito da fiancheggiatori di queste politiche, da un lato le forze che storicamente avrebbero dovuto farsi carico dei temi della disuguaglianza e della povertà, dall’altro un’informazione a senso unico che impedisce un dibattito serio e reale sui temi che incidono la carne viva dei cittadini. In prima linea in questa battaglia oscurantista troviamo Angelo Panebianco che dalle colonne del “Corriere” non pare rendersi conto della gravità di quello che afferma quando si dichiara favorevole a zittire tutte le voci di dissenso sulla guerra ucraina, affermazione che fa il paio con quella di Mario Monti che auspica un’informazione controllata da esperti che devono decidere quali notizie sia opportuno, e quali no, portare a conoscenza dei cittadini.

Vasta eco ha avuto, infine, la vicenda del professore Orsini, esperto della LUISS, cui si voleva impedire di parlare dai microfoni di Rai tre per essere una voce dissonante nel panorama dell’informazione sulla guerra. Inizialmente era stato deciso di strappare il contratto che prevedeva un compenso di 12 mila euro per sei comparse, una somma assolutamente risibile per un’azienda di Stato che ci ha abituati a ben altre spese e sprechi. Il professore ha deciso di partecipare a titolo gratuito dopo che Bianca Berlinguer, direttrice della rete, si era opposta a questa decisione.  Stesso increscioso trattamento è toccato subire alla filosofa Donatella Di Cesare che ha avuto l’ardire di affermare come oggi sia imprescindibile, nell’analizzare eventi come lo scoppio di una guerra, ricorrere a strumenti interpretativi come la “complessità” che caratterizza la nostra epoca. Ma pretendere di portare il dibattito su livelli un pò più elevati è chiedere troppo. Il popolo va tenuto lontano da simili sconcezze!

Non so se possa bastare, ma nel caso non fossero sufficienti questi esempi possiamo sempre ricordare il trattamento riservato al prof. Crisanti, non proprio quello che definiremmo uno sprovveduto, in considerazione dei titoli di cui può fregiarsi, che in più occasioni si è mostrato critico nei riguardi della conduzione politico-sanitaria della pandemia. E taccio del modo in cui sono stati trattati teste pensanti come il filosofo Agamben o il prof. Zhok per le perplessità avanzate sul tema dei diritti costituzionali calpestati dai politici in occasione del dibattito su come coniugare diritto alla salute e diritti di libertà. Un dibattito che in realtà non è mai decollato perché esperti un tanto al chilo hanno deciso, di là di ogni ragionevole dubbio, quale sia la “verità”, presunzione che ha chiuso la porta a qualunque tipo di discussione.

Ed eccoci qua, condannati a condividere, pena l’esclusione dal consorzio “civile”, scelte che mai avremmo pensato potessero trovare posto in quelle che, impropriamente, ci ostiniamo a chiamare “democrazie liberali”.

La certezza di poter disporre a piacimento della testa dei cittadini, presi tra la paura e il bisogno, ha fatto sì che da parte del potere non si senta neanche il bisogno di mantenere una parvenza di libertà, tanto è vero che qualcuno può affermare spudoratamente che la politica è un tema per esperti e dunque non può essere oggetto di discussione in quanto “cosa loro”.

Ed io che pensavo che “la Storia siamo noi”!