In occasione di una piacevole cena in compagnia di Folco Portinari

Il problema è cambiare la dirigenza della RAI?

In occasione di una piacevole cena in compagnia di Folco Portinari (1926-2019) in quel di Santa Maria in Duno, parlammo di gelato, di Malalbergo di cui la sua mamma era originaria, di slow food visto che fu uno degli ideatori del manifesto fondativo e di tanto altro; ciò grazie alla sua vasta cultura che spaziava in tanti settori del sapere.  Mi pare anche che si parlasse di musica lirica e della tradizione che a fatica ancora vantava nella nostra regione.

Ricordo che parlando di media e giornali mi chiese quali fossero secondo il sottoscritto i giornalisti dell’epoca meritevoli di essere letti. Secondo l’autorevole Portinari, inserendo nel conto nella compagine i giornalisti indipendentemente dall’area politico-culturale di appartenenza, non si arrivava alle dita di una mano. Nell’elenco inserimmo Indro Montanelli, Sergio Zavoli e d Enzo Biagi.

Tutto questo premesso per chiedermi a chi mai potrà interessare la cronaca (e commenti) che mi accingo a scrivere relativamente a fatti attuali? Nello specifico alludo al Festival di Sanremo.

Confido nella bontà dei miei congiunti che così potranno sommarsi, quali lettori, al direttore del presente giornale, obbligato per ovvie ragioni, a sincerarsi su quanto scrive uno dei suoi tanti e capaci (gli altri) collaboratori nel lavoro di redazione.

Veniamo al fenomeno canoro giunto alla sua 73° edizione.

Giusto azzerare il tutto.

Primo punto da considerare considerato che quest’anno, così pare, scade la convenzione che lega nell’organizzazione del Festival la Rai e il Comune di Sanremo, proprietario del brand. 

Giusto anche parlare di dimissioni. Il punto è chi si deve dimettere.

Ecco le domande nel dettaglio.

Si deve dimettere il “bollito”, come afferma l’iroso tuttologo Vittorio Sgarbi, perché al cospetto del Presidente Sergio Mattarella, alla cui rielezione hanno contribuito in tanti, ha parlato della Costituzione? E di quale articolo in particolare ha parlato Roberto Benigni, vincitore del Premio Oscar? Dell’articolo 21 che recita “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Occorre ricordare che prima della caduta del fascismo e dei suoi orpelli, quale fu la Repubblica Sociale di Salò, non era proprio facile esprimere il proprio parere. Parecchi, durante il ventennio finirono in carcere, al confino, al cimitero causa le legnate o pallottole come nel caso di una bambina a Ca’ de’ Fabbri (Minerbio) alla quale per cosiddetti motivi di ordine pubblico non fu consentita degna cristiana sepoltura.

Si deve dimettere il bollito Benigni o le autorità dello Stato che ancora in casa conservano cimeli, con malcelata sfrontatezza, di quel periodo? Forse era compito di quell’autorità a cui alludo, che se non vi è chiaro è la seconda carica dello Stato, parlare di libertà in occasione del 75° della Costituzione o di un giullare, pur se di rango?

Sì, si obbietta, ma non era quella la sede. Politica e canzoni sono separate. Altre argomentazioni valide le tengono questi contestatori? Faccio presente che dove c’è parola c’è analisi, c’è sentimento, c’è senso comune e società. In ultima analisi c’è politica. É politica, ricordo ai refrattari, dare attraverso le canzoni un’immagine retriva della donna e del suo ruolo. Non credo manchino gli esempi. Non è forse politico affermare come fece Adriano Celentano che chi non lavora non fa l’amore in occasione di tensioni sociali e rivendicazione di diritti? È politica tacere sui fatti e offrire un’immagine edulcorata della società, azioni in cui erano maestri i fascisti al potere che mostravano un‘Italia priva di crimini e ingiustizie. Pensiamo alla canzone Il Bandito e il Campione di Francesco De Gregori, che narra di un evento non noto perché secondo l’ufficialità del tempo il fenomeno del banditismo non c’era. Ora invece per conquistare il potere, si crea paura, si parla fino alla noia di sicurezza ben sapendo che il nostro paese è uno dei più sicuri al mondo. O preferite gli USA dove negli ultimi anni la polizia, dati ricavati dalla stampa recente, sono state uccise dalla polizia 1200 cittadini? Si dovrebbe dimettere un direttore artistico che non vede ciò che succede in Italia.

Giusto quindi parlare nei modi consoni all’arte di diritti e violenza di genere, di libertà d’amare secondo il proprio orientamento sessuale, giusto porre problemi con viva forza trasgressiva. Sì, Giorgia legalizzala, come invita a fare un rapper. Poi, questo il parere di tanti, in primis per fini terapeutici, poi, magari, troviamo il modo di togliere il mercato degli stupefacenti  alla delinquenza organizzata che poi investe gli utili in imprese apparentemente pulite. Ricordiamo che Matteo Messina Denaro attraverso prestanomi gestiva una parte di una nota catena di Supermercati?

Si deve decretare l’ostracismo a un cantante che esprime con violenza e zero considerazione del logo e del lavoro del prossimo? Forse sì. Anzi certamente sì. Prima capisce le regole del buon vivere, si pente, paga ammenda e poi ne riparliamo. Accidenti, non riesco nemmeno a ricordare il nome di quel tipo che ha sfasciato il palco a suon di calci obbligando Gianni, maestro di buon senso, a imbracciare la scopa. Pulizia del palco e violenti nella spazzatura.

Ma si deve ricorrere all’ostracismo verso un artista che, magari con un occhio alla provocazione calcolata è comunque coraggioso nel ricordarci alcuni dati.

Sei milioni di ebrei vittime dell’olocausto, 200. 000 Rom, 50 .000 disabili, 2 milioni di politici, tre milioni di prigionieri, 15.000 omosessuali, 2000 Testimoni di Geova e altri ancora da sommare ai quasi 25 milioni di giovani soldati morti oltre a 43 milioni di civili. Questi i numeri di morte provocati del nazismo e degli sgangherati fascisti alleati e complici di cui chi dovrebbe, per dignità politica e onestà intellettuale, prendere distanza con decisione chi ci governa. E il fascismo male assoluto dov’è finito? Per ora, pare, ben custodito nel frigorifero.

Si deve dimettere Fedez, il rapper straccia foto, o il soggetto di questa, vice ministro della Repubblica, che ostenta in occasione di una festa di addio al celibato, una sfolgorante divisa da nazista corredata di macabri simboli? Per me si dovrebbero dimettere anche quelli che minimizzano e giustificano queste azioni vergognose e offensive e non rispettoso di chi per quei fatti ha perso vita e nel migliore dei casi, dignità di essere vivente.  Oltre alle dimissioni, obbligherei il nostro vice ministro corregionale, a leggere ogni giorno Se questo è un uomo di Primo Levi. Chissà se così smetterebbe di posare in divisa da nazista?

In una cartella e mezzo, e ce ne vorrebbero altrettante ma non voglio abusare della pazienza dei miei quattro lettori, già si capisce che l’ultima edizione del festival va difesa, migliorata e replicata.

Si dovrebbero dimettere quelli che non vedono quello che succede nella società, che hanno interrotto il filo che dovrebbe legare chi dirige il paese con i cittadini. É questa classe dirigente, e non faccio nel caso distinzione di colore e appartenenza, che dovrebbe dimettersi perché invece di affrontare i problemi ci tratta come deficienti pensando che nascondendo la testa sotto la sabbia può continuare a “spoterecchiare” a proprio comodo.  Non tutti sono struzzi, cioè non tutti insabbiano il cervello, ma molti, troppi, hanno perso la fiducia e non vanno più a votare.

Ultima nota.

Leggere una nota di un capo di stato, quando ormai lo sbadiglio imperversa, non è stata scelta degna di chi a parole dice di difendere la libertà, i valori dell’occidente e combatte la violenza degli aggressori. Ma questo è un altro film: difficile, doloroso. Intanto giovani vite si perdono, piangono le madri che non vedranno più i propri figli, si toglie il futuro a chi vive in terre martoriate. Salga un grido forte da tutti i festival, dai concerti, dalle discoteche, dalle scuole, da ogni spazio di aggregazione: PACE. Niente armi e molte parole!

E adesso ditemi che il problema è cambiare la dirigenza della RAI.