Da martedì 7 a domenica 12 marzo va in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna Le cinque rose di Jennifer, opera del drammaturgo napoletano Annibale Ruccello, figura tra le più interessanti della seconda metà del Novecento.
A dirigere il testo, dopo alcune storiche rappresentazioni di Mario Martone ed Enzo Moscato, è il regista Gabriele Russo, in una produzione del Teatro Bellini di Napoli, con Daniele Russo e Sergio Del Prete. Lo stesso Ruccello nel 1980, appena ventiquattrenne, interpretò il ruolo della protagonista nella sua pièce.
Le cinque rose di Jennifer è un’opera teatrale senza tempo ambientata in un quartiere popolare di Napoli: la storia di Jennifer, un travestito romantico che, chiuso in casa, aspetta la telefonata di Franco, un ingegnere di Genova di cui è innamorato. A lui dedica continuamente Se perdo te di Patty Pravo alla radio, che intanto trasmette aggiornamenti su un serial killer che in quelle ore uccide i travestiti del quartiere. Un allestimento capace di restituire la malinconia dell’opera senza sacrificarne l’irresistibile umorismo: «se ci si ferma a pensare, – scrive il regista Gabriele Russo – l’unica scelta sensata è quella di non azzardarsi a toccare un testo come Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello. È una pietra miliare del teatro, un testo che quanto più lo si legge e approfondisce tanto più ti penetra, ti entra nell’immaginario, si cristallizza nei pensieri e si deposita nell’inconscio».
«Jennifer è il diavolo – prosegue – e l’acqua santa. Eterna contraddizione. Paradigma dell’ambiguità napoletana. Questa sensazione di appartenenza è quella che soltanto i personaggi dei grandi classici riescono a restituire, quelli che, come fantasmi, si aggirano quotidianamente nelle segrete di tutti i teatri, anche quando in scena si recitano testi contemporanei.
È un testo che è Napoli stessa e dunque punto di riferimento, mito e desiderio di tutta la Napoli teatrale che ne conosce le battute a memoria. Non è un testo su cui sovrascrivere ma in cui scavare, per tirare fuori sottotesti, possibilità, suggestioni, dubbi.
Le cinque rose di Jennifer racconta di due travestiti napoletani, ma racconta anche e soprattutto la solitudine, la solitudine che è il rovescio della medaglia della speranza che Jennifer mantiene dentro di sé fino alla fine e, dal mio punto di vista, oggi racconta con forza anche la condizione dell’emarginato, quella di chi si deve nascondere.
Jennifer si traveste, come un attore, come Napoli.
Jennifer si trasforma, come un attore, come Napoli.
È fragile, come un attore, come Napoli.
Prova, come un attore, non come Napoli, che non ci prova nemmeno».