E’ di questi giorni la notizia che due dei tre ragazzi, che lo scorso ottobre si resero protagonisti di un pesante atto di bullismo nei confronti di una loro insegnante, alla fine dell’anno siano stati promossi riportando 9 ed 8 in condotta, voti abbassati successivamente dopo giorni di polemiche. Riassumiamo brevemente quanto accaduto. Durante una lezione, tre ragazzi di una prima avevano pensato bene di sparare pallini con una pistola ad aria compressa contro la loro professoressa di Scienze, colpendola in pieno e ferendola ad un occhio ed alla testa. Non solo, uno aveva materialmente sparato mentre gli altri due nell’ordine avevano filmato e postato sulla rete l’accaduto, diffondendo le immagini sui social. Secondo quanto riportato dai quotidiani all’epoca, i tre avevano avuto delle sanzioni, mentre per i compagni, nessuno dei quali era intervenuto, si sarebbero tenuti dei corsi di educazione civica e colloqui con uno psicologo. Nel video si vede che l’insegnante si aggira tra i banchi e viene raggiunta da un primo sparo, che si sente nitidamente, poi torna alla cattedra, scrive qualcosa sul registro e viene raggiunta dal secondo pallino a telecamera spenta. La stessa docente poi si era avvalsa della facoltà di adire alle vie legali.
Alla fine del primo trimestre, dopo una breve sospensione dei tre, il consiglio di classe opta per assegnare loro un 5 in condotta. Fino a qui la mera cronaca dei fatti. Ma andiamo oltre. Tutta la vicenda emerge a gennaio quando la docente, non avendo ricevuto le scuse né da parte degli alunni né dai genitori, decide di querelare la classe, non solo i tre responsabili del gesto, per danni d’immagine e morali. In particolare la docente aveva denunciato anche un malessere all’interno della scuola, in quanto fin da subito si era sentita al centro dell’attenzione, quasi fosse stata lei ad essere in qualche modo colpevole dell’accaduto, tanto che la stessa dirigente scolastica le aveva tolto tre classi. Inoltre gli stessi genitori si erano detti disponibili a chiedere scusa a nome dei figli, a patto che però la donna ritirasse la denuncia presentata attraverso i suoi legali.
Finisce la scuola e dai tabelloni emerge che del terzetto uno non è stato ammesso all’anno successivo, mentre gli altri due avevano riportato rispettivamente 8 e 9 in condotta. E qui è naturalmente montata la polemica, mediatica e non, rincarata anche dalle dichiarazioni del Ministro dell’ Istruzione Valditara, il quale ha inviato degli ispettori ad accertare il corretto svolgimento delle operazioni di scrutinio, anche perché nel frattempo il consiglio di classe si era trincerato affermando che i voti erano stati il frutto di una valutazione complessiva del percorso di recupero previsto per i protagonisti.
Ora, al di là del fatto che alla fine i voti siano stati effettivamente abbassati, ciò che ha colpito è che ancora una volta i genitori non siano intervenuti a supporto dell’insegnante, bensì solo ed esclusivamente a protezione dei propri pargoli, quasi la loro fosse stata una marachella come se ne fanno tante, perché a 14 anni se ne fanno tante, vero, ma è anche vero che non tutte sono uguali. La stessa professoressa, alla notizia della revisione dei voti id condotta, si è detta contenta che i ragazzi non siano stati respinti, come nel caso dello studente di Abbiategrasso che aveva accoltellato la sua insegnante di Lettere, perché a lei non interessava ottenere una vendetta, ma che le venisse restituita dignità professionale. Anche nel caso di Abbiategrasso i genitori sono intervenuti, ma sulla bocciatura non sull’espulsione dall’istituto del ragazzo, in quanto dal punto di vista scolastico lo studente aveva un rendimento più che sufficiente. Bisogna però che molte famiglie capiscano che condotta e rendimento non vanno di pari passo: uno studente può essere bravissimo a scuola, ma avere comportamenti scorretti, come può anche andare malissimo, ma essere un perfetto gentleman come condotta. Sono circa 40 anni che i genitori sono entrati nella scuola, con i Decreti delegati, ma negli ultimi anni si sta assistendo ad una vera e propria invasione nel campo dell’insegnamento: ci sono quelli che criticano il voto dell’insegnante asserendo “ma come, ieri sera ho sentito la lezione personalmente a mio figlio, la sapeva tutta”, e non calcolano che sono tutti bravi a leggere sul libro, ma quando vengono poste domande precise i ragazzi si perdono; poi ci sono quelli che, davanti ad una prova comune, ovvero svolta da tutta la scuola, chiedono perché mai sia stato dato un testo non svolto in classe “è come se io domani andassi al lavoro e mi cambiassero mansioni”, per poi scoprire che lavorano nella grande distribuzione. Non so se la situazione sia così solo in Italia, ma la realtà è che da noi tutti si sentono investiti del sacro fuoco del “so tutto io”, soprattutto nella scuola, dove molti genitori pensano di saper insegnare meglio degli insegnanti, che oltretutto hanno tre mesi di vacanze all’anno figuriamoci, quando dovrebbero piuttosto pensare ad agire in sinergia per consentire una più efficace crescita, culturale e materiale, dei propri figli.