Tre fratelli attorno alla madre morta: un girotondo grottesco e implacabile, amaro e divertente, che racconta rivalità e frustrazioni in un crescendo travolgente. Così due compagnie pluripremiate come Kronoteatro e Maniaci d’Amore uniscono forze e creatività per dar vita a uno spettacolo indimenticabile: “La fabbrica degli stronzi”, con Tommaso Bianco, Francesco d’Amore, Luciana Maniaci e Maurizio Sguotti, in programma a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna; tel. 333.4666333; teatridivita.it) da venerdì 8 a domenica 10 marzo, alle ore 21 (sabato ore 20, domenica ore 17). Scene e costumi di Francesca Marsella, disegno luci e responsabile tecnico Alex Nesti.
Lo spettacolo “La fabbrica degli stronzi”, prodotto da Kronoteatro in coproduzione con il Teatro Nazionale di Genova, è all’interno della stagione teatrale “D’io, Teatro e Famiglia”, realizzata con il contributo del Comune di Bologna, della Regione Emilia Romagna e del Ministero della Cultura.
Siamo attorno alla salma di una donna. I tre figli devono lavarla, truccarla e vestirla prima del funerale. Mentre la preparano ripercorrono piccoli episodi significativi della vita famigliare. Si tratta di eventi neutri ma sempre vissuti come terribili abusi, alibi perfetti per continuare una vita senza responsabilità. Per questi personaggi la colpa di ogni loro sofferenza, frustrazione e sventura è sempre attribuita a qualcun altro: la crudeltà dell’altro sesso, la ferocia dei bulli, il duro mondo del lavoro. Ma soprattutto, lei: la madre. L’incontro sorprendente tra le compagnie Maniaci d’Amore e Kronoteatro, diverse ma accomunate da uno sguardo impietoso sul reale, ci porta in un mondo isterico, meschino, fatto esclusivamente di vittime. Lo stile sospeso e surreale dei Maniaci d’Amore si sposa con quello abrasivo e amaro di Kronoteatro, in un lavoro originale che esplora il gusto tutto contemporaneo di riconoscersi non in chi agisce ma in chi subisce, la gara popolare a chi sente di bruciare di più nell’inferno che sono gli altri.
A partire da alcune letture fondamentali, tra cui “Critica della vittima” di Daniele Giglioli e “La società senza dolore” di Byung-chul Han, lo spettacolo esplora, con livido umorismo e qualche baluginio di tenerezza, il paradigma vittimario così radicato oggi nella psicanalisi, nei media, nella famiglia, nel nostro modo di abitare il mondo.