Pochi privilegiati possono aspettare con trepidazione ogni fine anno l’uscita di calendari editi grazie ad artisti che, spesso attraverso l’obbiettivo fotografico, fermano un’epoca.
Sono calendari promossi tradizionalmente da aziende presenti nel mercato globale che hanno mezzi e conoscenze per offrire scampoli preziosi d’arte oppure sono selezioni d’immagini di virtuosi maestri del chiaro-scuro e della miriade di colori presenti in natura che operano in una nicchia e in tale luogo sono conosciuti e riconosciuti.
Da anni, alcuni privilegiati hanno la speranza di ricevere il calendario di Maurizio Poli che sviluppa il suo estro in tanti campi, ma che in particolare privilegia il territorio di Cervia: quindi il mare con le sue spiagge, le poche zone incontaminate o i segni dell’antropizzazione funzionale alle primarie necessità umane o dell’ampio spettro che per sintesi, non certo per correttezza formale, intendiamo denominare consumismo.
Il filo rosso del calendario 2025 può, secondo lo scrivente, non essere diversamente definito come fakereport: neologismo che ricaviamo direttamente da fakenews.
Se le fakenews sono bufale, notizie false, fasulle[ o pseudonotizie, insomma informazioni false o fuorvianti divulgate attraverso i media per disinformazione e conseguentemente provocare eventi, per fakereport intendiamo un rapporto circonstanziato di fatti e luoghi fuorvianti del vero stato di cose.
Non imputiamo Maurizio Poli di falso, ma gli riconosciamo di esporre attraverso i suoi scatti, frutto di una paziente selezione, uno spaccato della realtà edulcorata, accompagnata inoltre dall’assillo di offrire uno sguardo lirico, disincantato: un modo dolce di affrontare il reale che è nello stesso tempo un auspicio atto a immaginare la natura e gli insediamenti urbani scevri dalle brutture che, aimè, ben conosciamo.
Ecco quindi le barche del porto canale emergere dalla nebbia che riporta al desiderio di riposo, alla necessità di prendersi il giusto tempo per riappropriarsi degli aspetti essenziali dell’esistere; le spiagge come luogo di contatto con la natura e non affollate e vocianti; i boschi che offrono affascinanti toni di colore inducendo in chi guarda un’idea di ospitalità, di accoglienza senza l’intenzione di trarne giovamento.
Le foto di Poli, in questo calendario, documentano il quotidiano con ottimismo e toglie ogni banalità, offrendo nuova vita, alle vittime dei suoi scatti. Ama posare il suo sguardo su ciò che merita attenzione senza tema di scadere nella monotonia; sonda la bellezza tralasciando gli aspetti che maggiormente denotano le ferite dei luoghi, cogliendone solo l’anima e non i corpi feriti, lacerati dall’incuria e dall’avidità. Se, è in qualche caso è costretto, a posare l’occhio, e conseguentemente farsi carico anche delle aggressioni subite dal territorio, lo fa ricorrendo a imperiosi tramonti o a immagini sature di colori che celano ciò che il nostro poetico sentire non vuole vedere.
I mesi, o meglio le foto che scandiscono questi, sono coerenti e potremmo aggiungere democratiche perché ci offrono aspetti del mondo di diversa importanza e impatto.
Il percorso, come sappiamo è d’obbligo negli almanacchi, termina con dicembre e lì ci aspetta una novità: lo sguardo di Maurizio Poli non si perde negli ampi spazi per soffermarsi su di un particolare e così ci offre un’occasione di vedere ciò che spesso nella nostra frenesia non riusciamo a fare, bruciando e privandoci di piccole sensazioni che, se godute, ci aprono l’animo a nuovi orizzonti.
Nell’ordine: Copertina, Gennaio, Marzo e Dicembre