A conferma della vivacità più volte espressa, il Circolo Pd David Sassoli di Granarolo dell’Emilia ha messo a disposizione gratuitamente i propri spazi per ospitare il dibattito in corso per eleggere fra i quattro candidati, il prossimo segretario nazionale PD. Il leader, definizione non in linea con il tipo di discussione in corso, uscirà dalle urne il prossimo 26 febbraio, guarda caso, dieci anni dopo le elezioni che decretarono la vittoria-non vittoria dello stesso partito allora a guida bersaniana.
Anni luce fa. Passato. Sì, ma un passato dove il PD ebbe 8,6 milioni di voti, passando poi ai meno di sei del settembre 2022. Brutalmente, se si citano le elezioni del 2008, a un anno dalla fondazione del partito, il confronto è ancora più duro visto che allora poté vantare oltre 12 milioni di consensi. Fra le due date il numero dei votanti è calato sensibilmente.
Disaffezione alla politica può essere il commento; distacco fra governati e governanti, nel caso del PD, mancanza di fiducia dell’elettorato nei confronti della politica espressa da un gruppo dirigente non al passo coi tempi.
Tempi dove aumenta la povertà, dove anche chi lavora fatica ad arrivare alla quarta settimana del mese, dove un milione di giovani, preparati, sono emigrati per sbarcare il lunario. Tempi in cui il fenomeno di giovani e famiglie che scappano da luoghi di disperazione, conseguenza di guerre e mutamenti climatici, invece di essere governato lo si lascia in preda alla paura e ai luoghi comuni. Paura che la storia ci insegna, le destre affrontano con sistemi repressivi e calo del tasso di libertà. Non affrontando questi problemi se ne diventa correi, meglio dire complici.
Questi i nodi sul tappeto a cui anche chi non appartiene alla famiglia del centrosinistra ne deve prendere atto, il PD cerca di dare risposta. L’occasione è quella delle primarie Made in Emilia. Spieghiamoci dopo una premessa. C’è chi sosteneva che è diverso governare l’Italia rispetto all’Emilia. Per questo pochi dirigenti della nostra terra finivano a Roma, mentre più spesso i “romani” venivano a Bologna dove c’era la cassa del partito. Ora invece i quattro candidati sono strettamente legati alla rossa terra: la lettiana Paola De Micheli (1973) proviene da Piacenza, Stefano Bonaccini (1967) è il governatore (si dice Presidente) e la svizzera americana Elly Schlein (1985) ne è stata la vice, infine Gianni Cuperlo 1961) che ha Bologna ha studiato. Insomma, alla faccia di chi non voleva gli emiliani al potere, eccoli serviti. A questi va ricordato che nei tempi recenti solo il reggiano Romano Prodi (1939) ha sconfitto la destra.
Stile emiliano anche all’accoglienza dove il vostro improvvisato cronista, non conosciuto, è salutato dalla segretaria del Circolo con una vigorosa quanto gentile stretta di mano e usando il lei nel presentarsi.
Assente la Schlein perché impegnata a Roma con gli altri candidati nella trasmissione televisiva Mezz’ora condotta da Lucia Annunziata, a rappresentare il comitato che la sostiene e che ha indetto l’incontro, ci sono, coordinati da Marco Rizzoli: Erika Ferranti, Sindaco di Bentivoglio e coordinatrice provinciale del Comitato Sostenitore, Antonio Mumolo Coordinatore Regionale nonché consigliere della Regione, Mery De Martino consigliere del Comune di Bologna ed esponente del combattivo Circolo PD del Pratello.
La platea è formata da partecipanti che hanno all’attivo un po’ di primavere. Qualcuno ha l’aria riconducibile a Marion Robert Morrison, più noto come John Wayne, esponenti del partito che aveva sempre ragione, ma che pare sinceramente pentito. Già, e l’aria nuova che si respira da subito, forse anche agevolata dal palco degli oratori che vede finalmente soprattutto donne e giovani. Aria stantia quando ci si rende conto che sono pochi i sostenitori degli altri contendenti. A pensarci bene non potrebbe essere diversamente!
Sarebbe lunga dar conto nei dettagli del ricco dibattito che fa emergere una caratteristica del partito che forse è l’unico rimasto in Italia che ha un popolo con cui discutere. Popolo che per l’occasione delle primarie torna a frequentare i circoli, a discutere e riprendere in una buona percentuale, così pare, la tessera lasciata soprattutto in contrapposizione alle scelte sui temi del lavoro compiute dal convitato di pietra il cui nomealeggiasenza trovare precisa esplicitazione. A beneficio del lettore occasionalmente partecipe alle vicende del PD, lo scrivo: Matteo Renzi.
Con toni che variano dipendentemente dal ruolo e dall’età degli oratori, sono tre le parole su cui ruota il dibattito: discontinuità, credibilità, scelta.
Su questi termini si affrontano i temi del nuovo modo di formare il gruppo dirigente, di netta frattura con i provvedimenti legislativi volti a flessibilizzare il mercato del lavoro (job act); si parla di salario minimo, di ridare il futuro ai giovani ai quali servono esempi e non sermoni, di cambiamenti climatici. Di scegliere attraverso la ricerca di una identità di partito persa per via (o forse mai avuta n.d.r.) in nome dello stare al governo senza aver vinto. Emerge anche la mentalità riformista emiliano romagnola attraverso le parole degli amministratori alla ricerca di equità e uguaglianza ripudiando elementi di demagogia.
Il cronista non ha udito durante l’iniziativa la parola populismo e ovviamente anche quella che meglio riassume tale comportamento e presente nel campo dove maggiore è stata l’emorragia di voti validi.
La platea non si scalda quando sono portati all’attenzione di un giovane militante i temi che più coinvolgono la storia e la coscienza di ognuno come a esempio il fine vita, la produzione e uso di stupefacenti leggeri. Più accorati gli applausi quando si affrontano i temi legati ai senza dimora (6000 e in aumento in regione) e ai migranti visti come risorsa e non come un problema attraverso anche l’invito a liberarsi degli stereotipi che sappiamo sono non a completo appannaggio della destra.
Tutto sommato, per trovare i tempi del confronto proposto, bastava guardare l’ultimo programma del PD che evidentemente è poco conosciuto. Del resto per troppo tempo molti del popolo di sinistra si sono auto-abbattuti con conversazioni degne del Bar Sport seguendo l’onda imposta dai media, invece di farsi forza attiva, propositiva e partecipe.
I presenti, cui alcuni oratori si sono rivolti col solo epiteto di Compagni e non del doppio Amici e Compagni di recente memoria, pare stiano riacquistando entusiasmo e coscienza del ruolo da svolgere e del cammino da intraprendere partendo, e non terminando, dall’iter che porterà al nuovo segretario.
Spirito che si coglie soprattutto perché più che di nomi si è parlato di problemi, passo essenziale per poi compiere il maggiore sforzo verso il riformismo che consiste nel risolverli.
La ricongiunzione famigliare auspicata in altra sede dalla Schlein, in riferimento ai fuoriusciti di Articolo Uno, ha trovato eco in un appello a non considerare traditore chi aveva lasciato convintamente il partito. Tutto ciò dimostra che nelle vene del PD scorre ancora sangue ed è una buona notizia per tutti i convintamente democratici.
Stefano Bonaccini è stato ospite del Circolo di Granarolo lo scorso giovedì. Ora si resta in attesa, se mai si vorrà usufruire della possibilità di avere spazi a disposizione per gli altri due candidati alla segreteria.