Cari intellettuali occidentali abbiamo un problema

Cari intellettuali occidentali, abbiamo un problema.

Mette tanta tristezza mista a rabbia dover ascoltare intellettuali che inneggiano alla guerra, dimentichi della verità che si cela dietro tutte le guerre ovvero che con esse si mandano a morire tanti giovani vite per difendere, nella maggior parte dei casi, interessi inconfessabili di chi con le guerre si arricchisce. Spesso, non si può neanche invocare la loro buonafede. I dubbi sulla loro onestà intellettuale sono legati al fatto che essi si spingono fino all’invenzione di un nemico. Prendete Scurati e il suo spirto guerrier ch’entro gli rugge. Anzi, no. Lasciate al suo destino Scurati, che a forza di maneggiare “M” si è perso per strada. Della sua farneticante analisi mi vorrei limitare a commentare questa sua affermazione:

Da Omero a Ernst Jünger – scrive il nostro – la nostra civiltà ha pensato il combattimento armato frontale, micidiale e decisivo addirittura come proprio fondamento.

Ebbene, credo che per inquadrare correttamente questa affermazione siano necessarie alcune considerazioni di carattere storico sulle  trasformazioni subite dalle modalità con cui si combattono le guerre. L’eroismo cui egli fa riferimento aveva un senso quando le guerre si combattevano sul terreno con soldati che si affrontavano in un corpo a corpo decisivo del tipo mors tua vita mea. Cosa c’è di eroico in un drone o in un missile che colpisce a migliaia di chilometri di distanza una postazione nemica, un ospedale, un edificio privato? La facilità con cui oggi qualunque paese può procurarsi o costruire un drone fa sì che venga meno l’“aura” che poteva possedere il gesto eroico del guerriero che affrontava vis-à-vis il nemico.

Non sembra curarsi nella sua superficiale analisi, il nostro Antonio, del fatto che il mito del guerriero oggi non può essere più quello della nostra civiltà delle origini. Esso non è il frutto di una mentalità agonistica tipica del mondo greco in cui ancora vigevano delle regole, ma il risultato di  videogiochi saturi di violenza gratuita e della deriva culturale per cui la risoluzione delle controversie passa attraverso la rissa, come dimostrano i sempre più frequenti episodi di violenza giovanile e la diffusione anche nei nostri paesi delle gangs che si affrontano a colpi di machete ed altri diabolici strumenti.

F. Pastore in un suo articolo apparso su Kulturjam ha rilevato bene questo aspetto quando nota come nel mondo dei mercati, il culto muscolare diventa ideologia. Tra palestre, arti marziali e mitologia del “duro”, il corpo si plasma come arma. Non più salute o sport, ma performance e dominio: l’estetica del combattente diventa modello sociale per adolescenti e manager… Oggi, al contrario, il mito dell’obesità muscolare si è socializzato in termini prestazionali e ha assunto connotati squisitamente ideologici. Appare, nelle pose, negli sguardi, nella gesticolazione dei nuovi “duri” metropolitani, una cultura della spedizione punitiva, un’estetica da guardaspalle vestito di tirapugni.

È questo il messaggio che si vuole inviare alle nuove generazioni? E vogliamo parlare della scuola che diventa luogo di formazione alla mentalità guerriera? Di una scuola che organizza visite guidate alle caserme come fossero centri di educazione alla convivenza civile? È questa la cittadinanza attiva sí cara ai corifei dell’uguaglianza e del riscatto degli ultimi? Ma sì, diamo una possibilità anche a loro, formiamoli per mandarli a morire in qualche guerra qualunque, purché non si dica che non abbiamo fatto nulla per garantire loro un lavoro. Alla scuola serva del mercato sostituiamo la scuola serva della guerra, prendendo così due piccioni con una fava!

Certamente la guerra ucraina conserva ancora taluni caratteri della guerra tradizionale anche se droni e missili vengono utilizzati da ambedue gli eserciti senza alcuna remora. Allo stesso modo, mutatis mutandis,  non è corretto definire guerra quella che si combatte in Medioriente, dove un esercito regolare attacca senza limiti i civili con l’alibi di colpire Hamas. E una corretta informazione non dovrebbe lasciarsi sfuggire questo aspetto. Ma tutti sappiamo bene come funzioni oggi l’informazione. Se ciò di cui si scrive riguarda gli “amici” allora tutto è lecito, persino ricorrere alla menzogna e a giustificazioni prive di fondamento come invocare il diritto alla difesa, anche se nel fare ciò Israele si macchia di crimini contro l’umanità e di genocidio. Va, a tal proposito, sottolineato come questa parola venga accuratamente evitata per indicare l’azione disumanizzante di Israele, poiché è stato deciso che il popolo ebraico debba essere l’unico autorizzato ad usarla per indicare l’inumana sorte di cui è stato vittima, la stessa che oggi sta infliggendo ai palestinesi. Giusto per rinfrescare la memoria agli smemorati la storia ha conosciuto diversi genocidi come quello degli indiani d’America o quello degli armeni o ancora, quello dei Tutsi in Ruanda. Ed oggi quello dei palestinesi ad opera di Israele.

Pochi commentatori, giornalisti ed intellettuali oggi hanno il coraggio di ammettere che questa condizione di vittima consente ad Israele di commettere crimini odiosi come lasciare che un intero popolo venga lasciato morire di fame e sete o come attaccare inermi civili mentre cercano di accaparrarsi quel poco cibo che la belva Netanyahu permette di fare entrare nella Striscia. Dove sono qui gli eroi? Forse il premier israeliano? E poi, cambiando scenario, è eroico continuare ad alimentare e sostenere una guerra, contravvenendo alla ferrea logica che caratterizza ogni guerra per la quale chi la sta perdendo non può dettare condizioni a chi la sta vincendo sul campo? Non è che per caso attraverso essa si vuole nascondere la crisi di un sistema che ha prodotto miseria e che adesso, al culmine di un percorso diabolico, vuole favorire i produttori di armi, gli unici  a  trarre  profitti dalle guerre?  Diccelo, Antonio.

È al corrente il nostro nostalgico guerriero fuori tempo massimo che molte delle guerre che oggi si combattono hanno dietro inconfessabili e inconfessate ragioni economiche e di supremazia territoriale che niente hanno a che vedere con l’eroismo? Anche la lettura che viene offerta dai media dell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi ci racconta solo una  parte della storia, quella finale, facendo finta di dimenticare le cause che hanno condotto all’invasione. Provare a tentare altre letture diverse da quella imposta da giornalisti, intellettuali e commentatori vari, adusi ad obbedir tacendo, porta con sé, in una sorta di riflesso condizionato, l’accusa di putinismo e conseguente linciaggio mediatico. La prova dell’uso di parte dell’espressione “c’è un aggredito ed un aggressore” è più che mai evidente nel caso di Israele che sta attaccando, non solo impunemente ma con il sostegno di tutto l’Occidente, uno Stato sovrano, nonostante non vi siano prove che questo Stato ne minacci l’esistenza. Alla luce di tutto ciò una domanda sorge spontanea: non è che questa esaltazione dell’indole guerriera occidentale è un modo per occultare i crimini di quello stesso Occidente che, fingendo di ignorare la propria storia, si autoproclama il Bene? Scurati non è propriamente quello che si può definire uno sprovveduto. Da uno che ha dimostrato di conoscere la storia trattando “M”, ci saremmo aspettati un’analisi un tantino più approfondita delle guerre che stanno infiammando l’Europa e il Medioriente. Ma poiché i mali non arrivano mai soli, all’erudito Scurati si è inaspettatamente unito, in un impeto di esaltazione quasi mistica che urla vendetta, un insegnante di latino e greco in pensione che afferma: “Socrate, Spinoza, Cartesio, Hegel, Marx, Shakespeare, Cervantes, Pirandello, Manzoni, Leopardi. Ma gli altri le hanno queste cose?”. A questo ti è servito l’avere tanto studiato? verrebbe da chiedergli. Cari Antonio e Roberto se queste, dall’alto della vostra cultura storica, sono le conclusioni cui siete pervenuti, insieme ad altri quotati intellettuali, beh, allora abbiamo un problema!