La piemontese Mariagrazia Zanetti vive l’arte come una comunicazione istintiva e a volte impetuosa delle sue emozioni e sensazioni più profonde, come se attraverso la tela e la spatola, riuscisse a manifestare il suo punto di vista sull’esistenza che altrimenti resterebbe trattenuto nelle pieghe della sua interiorità. La scelta dell’Astrattismo è fondamentale per il senso di libertà e di immediatezza che le è necessario per far nascere un’opera all’interno della quale le tonalità vive e vivaci diventano un modo di vivere e di intendere l’esistenza così come la ruvidità e lo spessore nella stesura del colore si trasforma in energia che desidera raccontare qualcosa che rappresenti il movimento fluido al quale la vita è costantemente sottoposta. Andiamo a conoscerla meglio e a scoprire qualcosa di più sul suo pensiero e sulla sua arte. La prima domanda è quella relativa al suo percorso artistico, vuole raccontare ai lettori qual è stato il suo primo approccio, il suo primo incontro con l’arte? Il primo incontro con l’Arte è avvenuto a scuola, dove le materie scolastiche mi hanno permesso l’approccio a un mondo nuovo, fino a quel momento sconosciuto. Ho scoperto cose nuove studiando le materie artistiche, letterarie, scientifiche, che hanno catturato il mio interesse rispetto ai giochi infantili dell’asilo ed è quindi iniziata l’avventura verso la conoscenza di materie più o meno interessanti, che mi hanno aperta al mondo. Per chi ha l’animo artistico la scoperta del disegno, dei colori, dei pastelli, apre le porte verso un mondo quasi fantastico, dove perdersi per poi ritrovarsi. Questo è ciò che è successo in me, trasmettendomi una passione e un amore che mi sono rimasti nell’anima, anche se poi nel corso degli anni ho dovuto seguire un’altra strada, un percorso completamente diverso, più pragmatico. L’abbandono del sogno è durato per molti anni, poiché in quel momento della mia vita dovevo dedicarmi ad altro; poi, passati i periodi più complicati, sono ritornata all’antica passione, in un momento emotivamente ancora difficile ma più calmo e disteso rispetto al precedente. Ho cominciato subito ad approcciare la tela, con l’aiuto di qualche nozione di base acquisita da corsi acquistati in edicola, per avere un orientamento sugli stili e sui colori. La prima opera l’ho realizzata dopo circa tre anni, a seguito della morte di mia madre, e ho scelto di utilizzare i colori acrilici, perché meno complicati dell’olio, più facili da gestire e più veloci nell’asciugatura. Ricordo ancora la prima pennellata, quell’impatto del colore sulla superficie ruvida del supporto e l’accostamento con colori diversi per creare un’armonia visiva. Fonte di grande ispirazione sono stati due grandi maestri del passato, Vassilij Kandinsky e Paul Klee, il primo per il suo approccio più mentale, il secondo invece più romantico e onirico, anche se il mio stile è una rielaborazione e una sintesi personale di entrambi. Dopo alcuni quadri, ho realizzato che quello che dipingevo era in realtà un racconto personale: le tappe della mia vita, il reale, l’inconscio, le emozioni, le sensazioni, come se le tele fossero pagine di un romanzo, in parte veritiero, in parte onirico, scritto attraverso la realizzazione dei quadri. Che ricordo ha della sua prima opera e che impatto ha avuto sul proseguire del suo cammino? Le mie prime opere sono state astratte geometriche e poco per volta il mio linguaggio pittorico si è trasformato un po’ da solo; le immagini e le composizioni create diventano a poco a poco un vero laboratorio sperimentale, per liberare energia e creatività. L’ispirazione nasce a volte anche da opere di grandi artisti contemporanei e non, metabolizzate ed elaborate in maniera personale, lasciandomi trasportare dal mio estro. Sono passata dall’Astrattismo Geometrico all’Informale dunque ho trasformato il mio stile pittorico; nelle mie opere i tratti e le forme, prima più netti e definiti, sono diventati poco per volta più sfumati, evanescenti, in un insieme in alcuni casi miscelato con gesso – paste e medium per rendere il quadro molto materico – e in altri casi con sfumature delicate. Anni fa vidi un video su Youtube, un’intervista a Emilio Vedova che mi aveva colpito particolarmente; il suo modo di dipingere così irruento, energico, quasi in trance e apparentemente un po’ folle mi aveva conquistata. Probabilmente è stato uno dei filmati che mi hanno fatto cambiare il modo di dipingere perché ero ipnotizzata dalla sua pittura gestuale che scarica sulla tela tutta l’adrenalina, l’emotività, anche la rabbia dell’artista. Tutto sommato, nel momento attuale, è il modo di dipingere a me più congeniale a differenza del mio precedente e iniziale impatto con la tela, più timido e titubante. Lo stile attraverso cui si esprime è l’Astrattismo, perché la scelta di questo approccio? Quanto è importante per lei la libertà di narrare le sue emozioni senza doversi attenere a schemi o regole? La scelta dell’Astrattismo è stato il punto di partenza, perché è lo stile che più mi fa sentire libera di esprimermi, al momento, è istintivo, è quello che mi provoca più emozioni. La nostra vita è quasi tutta legata all’osservanza di regole e schemi ben precisi, il più delle volte decisi da altri, che noi subiamo passivamente, quasi senza accorgercene; pensiamo di scegliere, ma rimaniamo intrappolati nelle scelte che altri fanno per noi. L’arte nel mio caso rappresenta l’evasione, la libertà, la rottura degli schemi e, di conseguenza, la scelta dell’Astrattismo è necessaria per esternare i miei stati d’animo, le mie pulsioni, le mie positività e negatività riversate sulla tela in maniera istintiva, senza pensarci troppo. Un qualcosa che mi viene naturale, pur non avendo alle spalle studi accademici. Un approccio diverso da quello istintivo sarebbe per la mia natura meno spontaneo, più meditato. Per un quadro figurativo o paesaggistico impiego decisamente più tempo mentre l’Astratto lo eseguo di getto, velocemente, poi magari lo rivedo, lo ripasso, a volte lo ricopro. Ci sono periodi in cui non dipingo poiché a volte sento un appiattimento interiore che non mi predispone alla pittura, poi invece scatta un meccanismo magari legato ad una sensazione, o a qualcosa di visto o letto, una recensione artistica, anche su altri artisti, che mi risveglia nuovamente. Istinto e spontaneità, ma anche un po’ di logica e di razionalità, sono componenti che a volte si amalgamano, a volte divergono ma in ogni caso fanno parte del mio essere e di conseguenza si manifestano sulla tela. Per quanto riguarda l’Astratto, nel mio caso, la spatola mi aiuta più del pennello poiché la spatolata è un gesto liberatorio; le mie emozioni si manifestano sulla tela attraverso colpi audaci e forti che creano energia e vitalità, come se fossero graffiature dell’anima. Anche l’uso di gesso e paste modellanti contribuiscono a dare al dipinto un aspetto materico, che io prediligo, al punto di sperimentare questa tecnica anche con il colore a olio, utilizzandolo come se fosse una pasta modellante. Penso che chi osserva il quadro, se ha un occhio attento e un po’ di empatia, percepisce le emozioni e le sensazioni che il pittore mette sulla tela. Ogni sua opera è un tripudio di colori, cosa rappresentano le tonalità vivaci e vitali che non può fare a meno di inserire nelle sue tele? Io vedo il mondo a colori. Il grigio appare talvolta nei miei quadri ma sono i colori a prevalere forse perché sono una manifestazione della mia personalità, del mio modo di vedere e di essere, e anche di affrontare la vita. Per me è tutto bianco o nero, oppure rosso, o blu o giallo, poche sono le scale di grigio nella mia esistenza. Credo fortemente che anche nei momenti difficili ci deve essere sempre una piccola fiamma che ci permette di proseguire il cammino, anche se stiamo andando controvento, anche contro altri pareri. Ognuno ha il proprio percorso personale, non siamo stati creati con lo stampino e ogni persona ha il suo filo conduttore che la porterà da qualche parte. Io faccio sempre le mie scelte un po’ in virtù dell’istinto e un po’ con l’ausilio della ragione, e se mi convinco, strada facendo, che ciò che sto facendo è giusto per me, vado fino in fondo anche se le circostanze sembrano avverse perché so che al momento giusto una luce apparirà. Ogni mio quadro è la rappresentazione di un piccolo pezzetto di vita in cui desidero suggerire che c’è sempre una luce alla fine del tunnel, ecco perché amo utilizzare colori vivi e tratti definiti che sono un’estensione dell’intimo e danno vita a un linguaggio inconscio che supera la comunicazione verbale. Per me dipingere è come un esercizio di meditazione, come trasferirsi in un’altra dimensione dove la realtà è sempre colorata. Roccio e acqua – Tecnica mista L’acqua sembra essere elemento naturale protagonista per lei, qual è il significato che attribuisce a questo elemento naturale? E in quale modo è fondamentale nella nostra esistenza la capacità fluida di affrontare gli eventi? L’acqua è tra i quattro elementi, quello di primaria importanza perché senza l’acqua niente esisterebbe. Anche noi siamo fatti d’acqua e senza di essa, nel giro di poco, moriremmo. È la forza della natura per antonomasia, inesorabile, apparentemente docile e facile da controllare, ma in realtà indomita, capace di abbattere ponti, distruggere dighe, scavare la roccia con il suo movimento perpetuo. Eppure appare fluida, fresca, piacevole da far scivolare tra le mani. L’acqua ci dà anche un insegnamento di carattere spirituale, ci insegna in fondo ad affrontare la vita lasciandoci scivolare addosso tutte le negatività e mantenendo solo l’essenziale, l’indispensabile. Da tutto questo l’inserimento, forse anche inconscio, dell’acqua in molti dei miei quadri, ripreso più volte poiché considerato in una chiave filosofica. L’acqua suggerisce di seguire il flusso del movimento secondo la teoria del Panta Rhei, del filosofo Eraclito. Secondo Eraclito il mondo è come un flusso perenne in cui tutto scorre esattamente come le acque di un fiume: non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua. Tutto esiste in quanto scorre, in quanto cambia. Tutto è in movimento. Lo stato di quiete è infatti solo il risultato di equilibrio di forze e di tensioni opposte. Perciò l’acqua, elemento naturale protagonista, è vista anche in una chiave introspettiva, diventa un desiderio di pulizia e rigenerazione. Quali sono i suoi prossimi progetti? Non ho dei progetti veri e propri. Continuerò a dipingere, parteciperò a qualche mostra, virtuale e reale. Pubblicherò i miei quadri su Facebook e su Instagram (mary_mariagrazia); ho perso dei treni e mancato delle occasioni tuttavia non ho rimpianti, ho la tendenza ad archiviare e dimenticare poiché il mio sguardo è sempre rivolto in avanti, una giornata dopo l’altra, con molte aspettative come se avessi trent’anni, anche se la carta d’identità mi dice il contrario e mi costringe ad adattarmi alla situazione. La vita mi ha insegnato a non pretendere cose poco realizzabili; mia madre mi ha insegnato a stare sempre con i piedi per terra e questo mi ha aiutato ad accettare anche le cose e le circostanze non proprio positive. Penso che ci sia una Grande Mente che orchestra ed equilibra tutto e così, se alcune cose non accadono o ci sono circostanze e persone che si frappongono alla loro realizzazione, un motivo ci deve essere. Può darsi che non si sia pronti a ricevere quel nuovo, quel cambiamento che a noi pare indispensabile e auspicabile e dunque bisogna anche saper accettare, prendere atto delle cose senza l’accezione negativa della rassegnazione bensì comprendendo un limite che in quel momento non può essere oltrepassato. Se si guardano le cose in un modo diverso, se si cambia la prospettiva, si vive meglio e le frustrazioni possono essere evitate, senza però chiudere mai la porta ai sogni perché senza sogni non si può vivere.