Lanfranco Brisighelli – Cattivofrank Come spesso accade nel mondo creativo, il protagonista di oggi ha compiuto per molti anni scelte professionali che lo hanno tenuto lontano dalla sua naturale inclinazione, per poi ritrovarla in maniera improvvisa e del tutto casuale e lasciarla fluire liberamente forse in maniera addirittura più inarrestabile di quanto non lo fosse in precedenza. Lanfranco Brisighelli, pronipote di un orafo di Casa Savoia, assorbe l’eredità creativa del suo avo e si dedica all’attività orafa per circa dieci anni, aprendo una bottega insieme a due amici; dopo quel percorso sceglie di chiudere la porta alla sua inclinazione creativa optando per impieghi diversi in cui però sentiva mancargli qualcosa, quella valvola di sfogo che restava costantemente, e forse inconsapevolmente, relegata all’interno di sé. Qualche anno fa l’incontro con la vecchia amica Giuliana Musso, divenuta attrice e regista teatrale, che stava mettendo in scena una versione rivisitata con un punto di vista femminile del dramma Medea, ha risvegliato in lui quell’impulso sopito e si è così proposto per disegnare e realizzare i gioielli di scena dello spettacolo. La sua visionaria idea è stata quella di coniugare la sua capacità creativa con il desiderio di usare materiali di riciclo, vecchi, destinati al macero, per dar vita a oggetti di scarso valore effettivo, perché tutto sommato sul palco teatrale non è quello che conta, ma di grande impatto visivo ispirandosi alle caratteristiche principali, al carattere, di ciascun personaggio. Gioielli di scena Collane di scena Corteccia di pino marittimo, filo di ferro, scatolette di latta del caffè, rami di ulivo, cinghie di cuoio industriale, questi gli elementi utilizzati per dar vita a magnifiche e affascinanti creazioni di scena perfettamente in sintonia con la storia narrata e con le atmosfere rese dalla regista. Ma il suo istinto troppo a lungo tenuto in silenzio, non riusciva ad arrestarsi, così ha deciso di disegnare sempre per Medea, una serie di sedie, o forse sarebbe meglio dire sedute, ricavate da assi di botti, da vecchio ferro di recupero, anch’esse associate alle peculiarità di ogni personaggio. Sedia Medea Sedie Medea Per Brisighelli, in arte CattivoFrank, non esiste lo scarto del materiale di lavorazione perché ogni errore, ogni figurazione sbagliata, ogni materiale in eccesso può trasformarsi in altro risultato da quello immaginato o previsto, dunque la sua filosofia artistica ma anche esistenziale, è quella di donare nuova vita a oggetti che altrimenti terminerebbero il loro ciclo facendo loro assumere un aspetto diverso tornando a essere affascinanti e appetibili al pubblico osservante. Alla manifestazione Arte non mente, che ha luogo annualmente presso l’ex ospedale psichiatrico di Udine, CattivoFrank ha camminato in quei corridoi e in quei cortili che costituivano di fatto la prigionia e il premio qualora il comportamento dei ricoverati fosse diventato controllabile dai medici, assorbendo le emozioni e le energie di quel luogo prima di creare una serie di specchi realizzati con frammenti di quelli davanti ai quali i pazienti si sono confrontati con la propria immagine, Specchiera realizzata con frammenti di vecchi specchi spesso unico modo per mantenere il contatto con una realtà modificata dal trovarsi all’interno di un mondo fatto di pareti, di medici, di infermieri e di solitudine. È questo ciò che fuoriesce dal progetto realizzato per l’ex istituto di igiene mentale di Udine, un’esperienza che ha lasciato un profondo segno nella sua sensibilità; andiamo però a conoscere meglio il mondo di CattivoFrank dalla sua viva voce. La prima domanda quasi d’obbligo è come mai la scelta di CattivoFrank come pseudonimo artistico? È stato casuale oppure nasconde una storia? Questo pseudonimo è arrivato in modo quasi casuale da vecchi ricordi di infanzia e legato a un aneddoto: mi capitò di prendere un fil di ferro e un coltellino preso in prestito per intagliare due matite, e cominciai a lavorare il legno ma una delle due matite si spezzò così gli girai intorno un fil di ferro e costruii una doppia matita con punta all’insù. Il risultato finale, seppure poetico, fu che la matita era rotta e il coltellino non era mio e un amico che vide la matita e il coltellino con la lama sporca di grafite disse: “cattivo Frank!”. Dunque ho attinto da quella memoria e ho scelto il mio soprannome artistico il quale ritengo rappresenti perfettamente il mio gesto creativo che non ammette repliche o ripensamenti e nel forgiare il metallo, saldare, fondere in terra o in osso di seppia, sgrezzare o piegare il legno, ho bisogno della cattiveria, intesa come determinazione, per farmi rispettare da materiali che spesso non sono inclini a subire le modifiche che io desidero. Lei utilizza sempre materiali di recupero, come mai questo passaggio dall’arte orafa tradizionalmente intesa a questa scelta ecologica? C’è una ragione ideologica alla base? Questo aspetto è molto legato alla mia rinascita creativa nei lavori per il teatro visto che dopo aver fatto per anni l’orafo, dunque ho alle spalle un importante e lungo passato come artigiano, dove i materiali sono preziosi e le lavorazioni sono via via sempre più minute e perfette, improvvisamente ritrovarmi a realizzare oggetti di scena ha completamente ribaltato la visione visto perché sulla scena ha più importanza il valore materiale bensì la presenza sul palco, quella che deve essere vista dal pubblico e che non è assolutamente connessa al valore dell’oggetto. Gioiello per Medea Ma questa iniziale scoperta si è poi ampliata ed estesa a tutti i lavori che ho seguito successivamente a quella rinascita creativa, in particolare dalle sedute realizzate per lo spettacolo che per mia precisa scelta dovevano essere povere come povera è la considerazione che viene data al lavoro teatrale, ancor più in questo particolare e buio periodo della storia contemporanea. Dopo quell’esperienza non mi sono più fermato e alcune volte che mi ritrovo a dialogare con poveri oggetti ormai scartati dopo essere stati utilizzati per tanto tempo e questi si mostrano agli occhi di Cattivofrank sotto una luce che li fa diventare altro, è come se fossero loro a proporsi e a me fosse stato dato il dono di comprenderli e ascoltarli. Per il progetto Arte non mente ha realizzato non solo specchi bensì anche sedute molto particolari, ce ne parla? Per Arte non mente ho realizzato una seduta utilizzando i materiali provenienti da quel posto come una parte di una vecchia panchina, doghe di altre panche in disuso, ferro, mosaici e vetri ritrovati nei vari laboratori abbandonati, e così ho costruito un oggetto su cui potersi distendere per un momento e lasciare un sogno in dono, cosa che a partire dal giorno dell’installazione hanno fatto centinaia di persone con la consapevolezza, spiegata da chi seguiva le visite in quel luogo, che per i malati mentali potersi sedere sulle panchine era un privilegio riservato solo a chi si comportava bene, era visto come un premio invece che un naturale diritto. Panchina per manifestazione Arte non mente Poi ho realizzato anche una sorta di tavolino ispirato e innestato perfettamente su un albero morto presente nel cortile del reparto Nove, quello riservato alle donne, elemento che durante la manifestazione è diventato un luogo di ritrovo e di scambio di idee e a volte anche di bevute, come da tradizione e abitudine friulana. La sua produzione artistica-artigianale è molto ampia, realizza infatti anche lampade in bamboo, gioielli meno legati alla scena teatrale e più adattabili alla vita quotidiana, e ama anche riprodurre effigi antiche per trasformarle in oggetti fruibili nel presente. Quanto è differente la sua attività attuale da quella orafa del passato? Esiste un sottile filo rosso, un legame che unisce tutte le opere recenti? Sicuramente esiste un legame di cui io non mi rendo conto nel momento in cui sto realizzando le mie opere che però si rivela quando le vedo nel loro insieme, a quel punto riconosco perfettamente il filo che le unisce che credo scaturisca e dal mio modo arcaico di utilizzare la materia e di ricercare lavorazioni del passato, è per questo che amo anche ispirarmi e copiare dai libri di archeologia oggetti per farli nuovamente rivivere al presente. Lampada 1 Lampada 2 Questo tipo di approccio creativo non solo genera in me il sottile piacere di dare nuova vita a oggetti antichi, ma anche una scuola per riscoprire nel profondo gesti essenziali ripetuti da millenni che mi induce a pensare che in campo artistico quasi tutto è stato già detto tanto tanto tempo fa. Oggetti ispirati a libri di archeologia Quali sono i suoi prossimi progetti? Ha in programma altre collaborazioni con il teatro o con enti istituzionali come la Regione Friuli Venezia Giulia che ha tenuto a battesimo una sua esposizione personale? Il presente attuale, a causa della situazione contingente che tutto il mondo sta vivendo, è fatto di tante cose ma l’arte e la creatività sembra siano state relegate a un ruolo secondario, come se non fossero cibo per l’anima e per la mente, entrambe fortemente destabilizzate proprio in questo particolare frangente, per cui attendo fiducioso che prima o poi tutto, la cultura per prima, ritorni alla normalità e si possa ricominciare a fare progetti e programmazioni sia nel campo teatrale che in quello delle esposizioni e delle mostre. LANFRANCO BRISIGHELLI-CONTATTI Email: brisighelli@adrianni.it Sito web: https://www.cattivofrank.com/ Pagina Facebook: https://www.facebook.com/Cattivofrank-1642817452634668