Il percorso artistico dell’austriaca Marijana Vukovic è molto particolare e affonda le radici in un passato lontano, per molti anni accantonato in favore di altre scelte professionali e di vita, ma poi ritrovato e riesploso al punto di non potersene più staccare. Mamma, filantropa, attivista per la tutela e la protezione di bambini e animali, ma soprattutto artista, è una donna eclettica e piena di interessi che segue e cura compatibilmente con la malattia autoimmune con la quale convive da tanti anni. Il nuovo incontro con la pittura, dopo decenni di distacco, le ha permesso e le permette di trovare un luogo in cui distrarsi, in cui pensare a emozioni positive e a paesaggi idilliaci che non può vedere ma che, grazie alla magia della creazione artistica, può interpretare e raccontare attraverso il suo sentire, quel mondo immaginario e pieno di vita e di colori che contraddistingue la sua produzione. Ma andiamo a conoscerla meglio attraverso le sue parole. Quando è avvenuto il suo primo incontro con l’arte e quando ha percepito l’impulso di esprimersi attraverso tela e colori? Il mio primo incontro con l’arte è avvenuto quando, ancora bambina, vivevo con i miei nonni in Bosnia in condizioni molto precarie; alla fine degli anni Settanta riuscimmo ad acquistare un televisore in bianco e nero e io amavo seguire un programma televisivo domenicale che si intitolava Mille pittori – mille capolavori. Mi sentii completamente conquistata dalle opere di Claude Monet, Michelangelo Buonarroti e Vincent van Gogh e cercavo di immaginare come sarebbero state a colori e non grigie come le vedevo dal televisore. Forse è in quella fase che è cominciata a nascere la mia attitudine a usare colori forti. In quell’epoca avevo solo matite colorate, penne, quaderni che mi comprava mio nonno e una valigetta, regalo di un cugino dove riponevo i miei disegni. Mi piaceva sedermi sotto un vitigno non lontano da casa e disegnare. Alle elementari i miei insegnanti d’arte hanno notato subito il mio talento, in particolare il Professor Meho, anch’egli pittore, mi aveva soprannominata la sua piccola Van Gogh. Purtroppo, quando ero in terza media, è morto in un incidente stradale con la sua famiglia, che mi ha sconvolto e rattristato e da allora non ho più dipinto o disegnato nulla per i successivi trenta anni. Mi sono dedicata alle materie scientifiche e allo sport, verso cui sentivo particolare attitudine, e al college volli studiare chimica; poi però lo scoppio della guerra in Bosnia e su volontà dei miei nonni che volevano mettermi al sicuro, tornai in Austria, mia terra di nascita. Due anni fa, è improvvisamente riemersa la mia passione per l’arte e da quel momento non mi sono più fermata. sono attivamente in viaggio come artista e dipingo principalmente con colori acrilici su tela. Cosa rappresenta per lei dipingere? Quanto è diventato importante nella sua quotidianità e nella sua vita attuale? Dipingere per me significa libertà, una finestra sul mondo, è il ponte tra sensazioni visive ed emozioni interiori. Per esprimere ciò che sento ma anche per immaginare luoghi dove vorrei essere. Ho sempre osservato il mondo con il cuore e non con gli occhi, è per questo motivo che la mia prima mostra personale si intitolerà: “Il mondo nei miei occhi”, che inaugurerà il 06.06.2021 nella Galleria Sandpeck di Vienna sotto la direzione del gallerista Thomas Leimer. La pittura è diventata molto importante per me, soprattutto perché, essendo afflitta da una seria malattia autoimmune, mi aiuta a superare le giornate difficili, le notti, i dolori, l’insonnia e a distrarmi un po’ da tutto, in modo di potermi aggrappare ad altri pensieri più positivi. Mi dà la forza di continuare, proprio come scrivo sul mio sito web: “L’arte è la mia terapia”. Il suo stile è decisamente espressionista, dunque contraddistinto da colori innaturali, decontestualizzati rispetto alle scene descritte, perché la scelta di questo approccio pittorico? Sono autodidatta e dipingo da soli due anni. È vero che sono molto ispirato dall’Espressionismo, ma il mio stile viene dalla mia anima, quindi mi basta prendere un pennello in mano e iniziare, istintivamente, a dipingere. La mia tavolozza di colori viene sempre creata per prima cosa nella mia testa, senza schizzi o modelli su tela. Naturalmente, durante questo processo, il quadro prende la sua direzione e uso i colori più funzionali a narrare ciò che sento e vedo nel momento in cui lo creo. È per questo che può succedere che il cielo diventi verde, forse viola o che il mare diventi arancione, perché mi piace camminare a briglia sciolta e io stessa non so quale sarà il risultato finale. La scelta dei soggetti, prevalentemente paesaggi, nasce da una discrezione nei confronti degli altri, dunque senza mettere a nudo il senso di uno sguardo, oppure da un’esigenza di avere uno spazio più ampio per narrare le sue di emozioni? Amo molto dipingere paesaggi, soprattutto di luoghi del mondo in cui vorrei essere fisicamente durante l’atto creativo e che, a causa della mia malattia e dei costi che i viaggi comportano, non mi è possibile visitare. Grazie a Dio, ho accanto a me tre fantastici figli, un marito, due gatti e amici che mi sostengono in ogni modo e mi aiutano quando non riesco a usare le braccia. A causa di queste pause forzate che si presentano un paio di volte al mese, quando torno in forma mi tuffo letteralmente nella pittura dipingendo due o tre quadri alla volta, e perciò la mia scelta deve necessariamente cadere su soggetti più istantanei che non i ritratti che richiedono un tempo differente. Nella mia vita il tempo è prezioso e perciò devo dare la priorità alle persone che amo e apprezzo. E poi mi sento libera quando racconto paesaggi, perché il loro orizzonte aperto, i colori, gli odori, i suoni, il respiro che arrivo a sentire anche dentro di me, mi regalano l’emozione di essere davvero lì, al calore del sole, con il suono del mare, nei campi di lavanda, con l’odore dell’erba tagliata, della pioggia calda d’estate, queste sono le mie emozioni che imprimo nei miei quadri. Rimanendo sul tema della natura, lei è anche molto sensibile al mondo animale al punto di donare in beneficenza i proventi delle vendite delle sue opere. Ci racconta meglio questo suo percorso? Faccio tutto ciò che è in mio potere per aiutare e proteggere i bambini e gli animali, e ho donato diverse mie opere su questo tema a organizzazioni caritatevoli come Anime senza voce, organizzazione italiana diretta da Brigitte Ostwald che si impegna per la protezione e l’aiuto dei bambini e ragazzi vittime di abusi o l’organizzazione Turtle Island per la protezione delle tartarughe. Inoltre, ho anche donato due opere alla Artfactory Gallery di Graz, diretta da Raimund Seidl, per la grande mostra e campagna internazionale per la protezione degli animali e della fauna intitolata: Gli ultimi animali della terra. E ancora, sono sempre felice di aiutare e sostenere persone disabili, artisti, rifugi per animali, bambini, ricostruzione di ospedali dopo il terremoto a Zagabria e molti progetti più piccoli. Di ogni quadro venduto, il 30-50 per cento viene donato a progetti che mi stanno a cuore. La restante parte la uso per acquistare materiale per dipingere e per partecipare alle mostre necessarie per farmi conoscere. Vorrei ringraziare alcune persone della mia città natale Bruck an der Mur, Styria, Austria, che mi hanno sostenuto fin dall’inizio nel mio percorso di artista, per esempio con sconti speciali per gli abiti per i vernissage e per aver esposto opere in vendita nei loro negozi. Così è stato possibile creare così tanto e aiutare in solo un anno da quando ho cominciato il mio percorso artistico:Peter Rohrhofer di R&R-Fashion Boutique. Öztürk Öz di Handy Shop Bruck an der Mur. Sultan Karaca Krainz di Joy in mode Boutique. Quali sono i suoi progetti per il futuro? Ho moltissimi progetti per il futuro ma naturalmente, a seconda di ciò che la mia salute mi permetterà di fare, continuerò a dipingere e vorrei cominciare a sperimentare anche la scultura, ho già in mente di realizzare due opere sul tema dell’ambiente, e continuare con l’arte e la creatività a occuparmi personalmente di molte cose e aiutare molte persone. Attraverso l’arte, la mia vita è cambiata in modo positivo, è uno dei motivi che mi danno la forza di continuare a lottare e a vivere. Ho incontrato molte persone e artisti personalmente o virtualmente, con alcuni dei quali ho iniziato un rapporto di vera e sincera amicizia. Nel frattempo ho buoni contatti con molte gallerie e galleristi in tutta Europa e si è sviluppata una sorta di sinergia tra paesi, artisti e culture diverse, cosa di cui sono molto orgogliosa. Amo molto sostenere e incoraggiare i giovani talenti che vogliono intraprendere un percorso artistico come mia figlia diciassettenne Kristina Vuković e penso che in un periodo storico come quello che stiamo attraversando, i governi e le istituzioni dovrebbero facilitare l’accesso dei giovani alla conoscenza e all’esercizio dell’arte dando ai bambini e ai giovani delle scuole la possibilità di accedere gratuitamente a mostre, musei e a lezioni d’arte.