Mike Ferrel
Inglese, viaggiatore e affascinato esploratore di luoghi e città, ha scoperto tardi la sua inclinazione naturale verso l’espressione artistica, dopo essere stato appassionato visitatore di mostre e musei in giro per il mondo; come spesso accade però le attitudini scoperte tardivamente si manifestano in modo intenso e vorticoso, al punto che diventa impossibile ignorarle o rallentarne l’enfasi così Mike Ferrel prende pennelli e tavolozza e comincia a girare l’Europa per osservare colori, luci e momenti di svago di città e di popolazioni che esercitano su di lui il fascino della scoperta. In questo girovagare si innamora della Spagna, dei sapori, della solarità e cordialità della sua gente, e decide di trasferirsi in un piccolo paesino dell’Andalusia che gli ispira molte opere in cui immortala le feste, le occasioni di incontro, la vivacità delle strade e dove riesce a sentirsi a casa molto più che nella natia Inghilterra. Il suo stile è un Naif moderno in cui mette in evidenza le persone, da cui si sente più attratto con la curiosità tipica dell’osservatore, che si incontrano nelle strade e nelle piazze, o quando vanno al mercato e nei souk, ma poi anche i monumenti più importanti delle città che visita e che talvolta rende protagonisti delle sue tele. Il piacere di viaggiare che in Mike Ferrel è innato, si coniuga dunque all’istinto di memorizzare fotogrammi di scene vissute e di scorci scoperti durante il suo vagabondare e che poi, una volta rientrato nella sua calda Spagna, si trasformano in vere e proprie testimonianze degli attimi vissuti, delle atmosfere respirate e delle meraviglie che i suoi occhi hanno osservato. Ogni città, ogni luogo, divengono per lui occasione di conoscenza maggiore, di interazione socievole con gli abitanti e di curiosità di svelarne il carattere attraverso un sensibile sguardo artistico che gli permette di comprenderne la natura anche attraverso la struttura delle località stesse, dei negozi che si susseguono nelle vie, della confusione delle strade e anche del silenzio e della tranquillità che ne contraddistingue altre; Firenze, Buenos Aires, Parigi, Lisbona, Marrakesh, sono solo alcuni dei paesi visitati dal giramondo Mike Ferrel e i cui scorci e angoli caratteristici vengono narrati nelle sue tele. Più che i simboli di questi centri abitati ciò che attrae lo sguardo dell’artista sono le panoramiche sull’esistenza quotidiana, quell’essere osservatore per un attimo ma poi in realtà partecipante a quei fugaci frammenti di vita che restano poi indelebili nella sua memoria e ne arricchiscono lo scrigno emotivo. L’affollamento caotico delle vie di Buenos Aires, immortalato nell’opera Calle Defensa,
Colle Defensa
rappresenta tutta la vitalità e l’esuberanza del popolo argentino, quell’amore per la vita all’aperto che Ferrel non può esimersi dal raccontare; allo stesso modo in cui viene colpito dalla maestosità della cattedrale fiorentina, a cui dedica la tela Duomo di Firenze
Duomo di Firenze
dove ciò che è evidenziato è la bellezza artistica del monumento storico che sembra dominare silenzioso la piazza con le persone che entrano per un fugace istante a farne parte. E poi ancora il locale di Tapas
Tapas
spagnolo che descrive nel suo momento meno affollato, in quella fase di inizio serata in cui Ferrel può notare la tranquillità del personale e la cura con cui i piatti sono preparati. Uno stile semplice quello dell’artista inglese, in cui i colori sono sempre luminosi come lo è la vita e le meraviglie che nasconde e che lui ama scoprire e raccontare, viaggio dopo viaggio; le persone raffigurate sono parte di una moltitudine, dettagliate individualmente eppure necessarie nel contesto della tela proprio in virtù di quell’essere una tra tanti, che è poi l’approccio aperto e socievole che contraddistingue Ferrel a cui ora chiederemo di svelarci qualcosa di più di sé.
Mike, dietro l’inizio dei suoi primi passi come artista si nasconde un aneddoto, ce lo racconta?
Era Natale e avevo 22 anni, la mia moglie di allora mi consegnò i regali di Natale con un sorriso misterioso, io la ringraziai e cominciai ad aprirli. Scartai per primo il più piccolo, un set di pennelli, la guardai un po’ sorpreso, poi il secondo, un piccolo set di colori a olio, il terzo, un libro sui dipinti impressionisti e infine tre tele. Julie sorrise e disse: “Hai un lavoro artistico -all’epoca ero un vetrinista per un grande magazzino-, ti piace andare nelle gallerie d’arte, dovresti dipingere”. Non mi era mai venuto in mente di fare arte, a scuola l’approccio era stato estremamente formale e ci veniva detto cosa creare e questo semplicemente non si adattava al mio temperamento, così l’avevo esclusa dai miei percorsi, eppure quel regalo in mano non vedevo l’ora di iniziare. Il mio primo dipinto fu una scena di mercato in Lussemburgo, non molto buona, prospettiva dubbia, persone mal eseguite e colori non perfetti, ma mi ero appassionato. Ho passato mesi a copiare i quadri del libro, Monet, Renoir, e più di tutti quelli di Camille Pissarro. Cominciai a collezionare libri d’arte, diversi movimenti, diversi stili, e presto mi resi conto di essere una spugna e più vedevo più sperimentavo. Purtroppo il matrimonio non è durato molto, 33 mesi per l’esattezza, ma il regalo? Quello è stato il più bel regalo che mi sia mai stato fatto, e a ogni mostra individuale tengo in mano il libro degli impressionisti e racconto questa storia.
Come mai ha scelto lo stile Naif? Lo sente più affine al suo modo di fare arte oppure si è ispirato a qualche artista del passato a cui si è sentito particolarmente vicino nel dipingere?
Gli ultimi dieci anni del mio secondo matrimonio sono stati anni infelici, sono rimasto a causa dei miei figli. Non sono stato incoraggiato a dipingere, il mio desiderio di farlo era visto come una perdita di tempo e inoltre, secondo mia moglie, “non ero molto bravo”. Quando finalmente me ne andai con i bambini ci fu un’esplosione, fu come essere liberato da una prigione. Il mio stile è cambiato, i miei soggetti sono cambiati, i colori sono diventati più brillanti e ho sentito un enorme senso di libertà. Questo non aveva a che fare con nessun movimento artistico o artista in particolare, era solo la mia libertà.
Sunday lunch La Boca
Quanto è importante il viaggio nella vita di ciascuno? E quanto è importante invece per trarre ispirazione dal punto di vista artistico?
Viaggiare è estremamente importante per me, al momento a causa del Covid mi sento come un uccello in gabbia. Vivo in un piccolo villaggio andaluso con una popolazione anziana, anche se sono estremamente felice qui, circondato da belle montagne, aria pulita, e una luce estremamente buona, tuttavia desidero la folla, gruppi di età mista e colore. Muovermi tra la gente, visitare luoghi storici e immergermi in culture diverse è la mia passione, questi sono i miei soggetti preferiti. Non viaggio mai senza la mia macchina fotografica e un album di schizzi, nel tentativo di catturare quei momenti in cui le persone interagiscono tra loro.
Putting the World to Rights
Lei è un autodidatta ma anche appassionato da sempre di mostre e musei, quali sono i movimenti artistici che l’hanno affascinata di più nel corso del Novecento?
Tutti i movimenti artistici mi affascinano e non ne scarterei nessuno, forse vi sorprenderà sapere che due dei miei artisti preferiti sono Theo Van Doesburg e Wassily Kandinsky, mi piacerebbe dipingere come loro ma non ho l’immaginazione. Sono stato influenzato da Chagall, Goya, Delacroix, Mattisse, Shishkin e molti altri. Amo esplorare musei e gallerie osservando le opere d’arte, la composizione e soprattutto le pennellate. L’anno scorso ho visitato il Museo Casa de Yrurtia, uno scultore, a Buenos Aires; c’era qualcosa nella sua casa, nel suo lavoro e nel suo giardino che mi ha affascinato, ho avuto la strana sensazione di essere tornato a casa. Gli Uffizi a Firenze, dove ho trovato incredibilmente belli i dipinti rinascimentali molto stimolanti, i colori vividi e l’abilità dei grandi maestri. E infine il Museo Revello De Tore a Malaga, questo artista ha passato la sua vita a ritrarre la sua bella moglie e sua figlia con tanto amore, producendo quadri bellissimi tecnicamente, sorprendenti e pieni di vita. Uomo fortunato, lo invidio, per aver passato tutta la sua vita con una donna, profondamente innamorato, e per avere un tale talento.
Quali sono i suoi prossimi progetti? E il suo prossimo viaggio?
Attualmente sono intrappolato in Andalusia, e mi domando quando potrò tornare a viaggiare. Passo le mie giornate a dipingere e occasionalmente a scrivere. Rivivo i luoghi visitati con penna e pennello, dipingo tutti i giorni, mi sveglio con il canto degli uccelli e dopo aver bevuto il tè e risposo alle email, inizio a lavorare, normalmente verso le dieci, e continuo fino alle cinque. Dopo cena amo sedermi su una delle mie terrazze e guardare il tramonto. Aspetto con ansia il ritorno degli Housemartins (Delichon urbicum), che dovrebbero tornare da un giorno all’altro, ogni sera fanno un’esibizione aerea per me e io mi siedo con un bicchiere di vino rosso e guardo. Ho in programma una mostra personale a Venezia alla Scuola Granda San Teodoo dal 29 maggio al 7 giugno. Non mi cimenterò nelle vedute del Canal Grande poiché Canaletto l’ha già fatto così bene così come molti altri hanno cercato di essere all’altezza della sua incredibile abilità. I miei dipinti sono la vera Venezia, le sue piazze, i suoi ponti e soprattutto la sua gente. Sto anche esponendo un dipinto a Copenhagen alla mostra “Meet Art in Copenhagen”. A parte questo non ho piani precisi, sono stato invitato in Pakistan a dipingere e mi piacerebbe tornare in Argentina, c’è così tanta libertà lì, Buenoes Aires è come Barcellona sotto molti punti di vista, ma balla a ritmo di tango.
MIKE FERRELL-CONTATTI
Email: mikehferrell@sky.com
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Marta Lock’s interviews:
Mike Ferrell, the traveller’s eye in his Modern Naif
An Englishman, traveller and fascinating explorer of places and cities, he discovered his natural inclination towards artistic expression late in life, after having been a passionate visitor to exhibitions and museums around the world. As often happens, however, attitudes discovered late in life manifest themselves in an intense and whirling way, to the point that it becomes impossible to ignore them or slow down their emphasis, so Mike Ferrell takes up his paintbrush and palette and begins to travel around Europe to observe colours, lights and moments of leisure in cities and populations that exert a fascination of discovery on him. During his wanderings, he fell in love with Spain, its flavours, the sunshine and friendliness of its people, and decided to move to a small village in Andalusia, which inspired many of his artworks in which he immortalised the festivities, the opportunities to meet, the liveliness of the streets and where he felt much more at home than in his native England. His style is a modern Naif in which he highlights the people, to whom he feels most attracted with the typical curiosity of the observer, whom he meets in the streets and squares, or when they go to the market and the souks, but also the most important monuments of the cities he visits and which he sometimes makes the protagonists of his paintings. The pleasure of travelling, which is innate in Mike Ferrell, is therefore combined with the instinct to memorise stills of scenes he has experienced and views he has discovered during his wanderings, which then, once he has returned to his warm Spain, are transformed into real testimonies of the moments he has experienced, the atmospheres he has breathed in and the wonders his eyes have observed. Every city, every place, becomes an opportunity for him to get to know them better, to interact sociably with their inhabitants and to reveal their character through a sensitive artistic gaze that enables him to understand their nature also through the structure of the places themselves, the shops that follow one another in the streets, the bustle of the streets and also the silence and tranquillity that distinguishes others; Florence, Buenos Aires, Paris, Lisbon, Marrakesh, are just some of the countries visited by globetrotter Mike Ferrell and whose views and characteristic corners are narrated in his paintings. More than the symbols of these towns, what attracts the artist’s gaze are the views of everyday life, that of being an observer for a moment but then actually participating in those fleeting fragments of life that remain indelibly in his memory and enrich his emotional treasure chest. The chaotic crowding of the streets of Buenos Aires, immortalised in the artwork Calle Defensa, represents all the vitality and exuberance of the Argentinean people, that love for life in the open air that Ferrell cannot avoid recounting; in the same way he is struck by the majesty of the Florentine cathedral, to which he dedicates the painting Duomo di Firenze where what is highlighted is the artistic beauty of the historic monument that seems to silently dominate the square with the people who enter for a fleeting moment to become part of it. And then there is the Spanish Tapas bar, which he describes in its least crowded moment, at the beginning of the evening when Ferrell can notice the tranquillity of the staff and the care with which the dishes are prepared. The English artist’s style is simple, and the colours are always bright, just like life and the wonders it conceals, which he loves to discover and recount, journey after journey. The people depicted are part of a multitude, detailed individually and yet necessary in the context of the canvas precisely because they are one among many, which is the open and sociable approach that distinguishes Ferrell, whom we will now ask to reveal more about himself.
Mike, behind your first steps as an artist there is an anecdote, can you tell us about it?
It was Christmas and I was 22 years old, my then wife handed me my Christmas presents with a smile, I thanked her and started to open them. I started with the smallest one first, a set of paintbrushes, I looked at her slightly surprised, the second, a small set of oil paints, the third a book about Impressionist paintings, and finally three pieces of canvas boards. Julie smiled and said: “You have an artistic job – at that time I was a window dresser for a large warehouse – you love going to art galleries, you should paint”. It had never occurred to me to create art, at school the approach had been extremely formal and we were told what to execute and this simply didn’t suit my temperament, so I had dismissed it, but at the time of the gift I was free so I couldn’t wait to get started. My first painting was a market scene in Luxembourg, not very good, dodgy perspective, badly executed people and not perfect colours, but I was hooked. I spent months copying the paintings in the book, Monet, Renoir, and most of all those of Camille Pissarro. I started collecting art books, different movements, different styles, and I soon realised I was a sponge and the more I saw the more I experimented. Unfortunately the marriage didn’t last long, 33 months to be exact, but the gift? That was the greatest present I have ever been given, and at every solo exhibition I hold the Impressionists book and relate the story.
Why did you choose the Naif style? Did you feel it was closer to your way of making art, or were you inspired by some artists of the past who you felt particularly close to your painting?
The last ten years of my second marriage were unhappy years, I stayed because of my children. I was not encouraged to paint, my desire to create art was seen as a waste of time and besides in my wife’s words, “I was not very good at it”. When I finally left with the children there was an explosion, it was like being released from prison. My style changed, my subject matter changed, the colours became brighter and I felt an enormous sense of freedom. This had nothing to do with any particular art movement or artist, it was just me being free.
How important is travelling in one’s life? And how important is it for drawing inspiration from an artistic point of view?
Travel is extremely important to me, at the moment because of Covid I feel like a caged bird. I live in a small Andalusian village with an aging population, although I am extremely happy here, surrounded by beautiful mountains, clean air, and extremely good light, I yearn for crowds, mixed age groups and colour. Moving amongst people, visiting historic sights and emerse myself in different cultures is my passion, these are my favourite subjects. I never travel without my camera and a sketch book, in an effort to catch intermate moments when people interact with each other.
You are self-taught, but you have always been passionate about exhibitions and museums. Which artistic movements have fascinated you the most during the 20th century?
All art movements fascinate me and I wouldn’t dismiss any of them, it may surprise you to know that two of my favourite artists are Theo Van Doesburg and Wassily Kandinsky, I would love to paint like them but I haven’t got the imagination. I have been influenced by Chagall, Goya, Delacroix, Mattisse, Shishkin and many others. I love to explore museums and galleries looking at the artwork, the composition and especially the brushstrokes. Last year I visited many galleries and three of them stood out for me: Museo Casa de Yrurtia, a sculptor, in Buenos Aires, there was just something about his house, his work and his garden that fascinated me, I had the strange feeling that I had come home; the Uffizi in Florence where I found the Renaissance paintings are insipiring, the vivid colours and the skill unbelieveably beautiful. And finally the Museo Revello De Tore in Malaga, this artist spent his life portraying his beautiful wife and daughter with so much love, producing technically beautiful paintings, amazing and full of life. Lucky man, I envy him, to have spent his life with a woman, deeply in love, and to have such talent.
What are your next projects? And your next trip?
Currently I am trapped in Andalusia, and I wonder when I will be able to travel again. I spend my days painting and occasionally writing. Re-living past journeys with pen and brush, I paint every day, waking to birds song and after drinking tea and answering post, I start work, normally around ten o’clock, and continue until five. After dinner I love to sit on one of my terraces and watch the sun go down. I long for the return of the House Martins (Delichon urbicum), they are due anyday now, every evening they put on an air display for me and I sit with a glass of red wine and watch. I’ll have a solo exhibition in Venice at the Scuola Granda San Teodoro from 29 May to 7 June. No for me the views of the Grand Canal, Canaletto did that so well and others have tried to live up to his incredible skill. My paintings are of real Venice, its squares, bridges and above all its people. I am also showing a painting in Copenhagen at the ‘Meet Art in Copenhagen’ exhibition. Apart from that I have no set plans, I have been invited to Pakistan to paint and I would love to go back to Argentina, there is so much viberance there, Buenoes Aires is like Barcelona in many ways, but to the beat of the tango.