di Sergio Fanti
Ho assistito a una diretta facebook di Diego Fusaro, che si trovava in auto in direzione di un impegno pubblico e che ha detto il suo punto di vista sul 25 aprile. Sicuramente interessante il modo filosofico di guardare la realtà, facendone emergere contraddizioni palesi ma forse non visibili immediatamente a chi questo “occhio filosofico” non ce l’ha.
La lezione del 25 aprile 1945 – dice Fusaro – dovrebbe essere che in casi estremi si può sacrificare la vita in nome della libertà. I partigiani sapevano che senza libertà non c’è vita. E quindi – se vogliamo glorificare il 25 aprile – dovremmo anche capire che oggi ci stiamo comportando in maniera specularmente opposta. Infatti il discorso oggi imperante è quello secondo il quale in nome della vita bisognerebbe sacrificare la libertà. E’ invece giusto – per chi ha davvero fatto la Resistenza – insorgere contro ogni forma di regime che metta a repentaglio la libertà degli individui. Quindi anche contro l’attuale dittatura sanitaria, che ci sta privando di libertà e di vita da più di un anno.
Ma proprio chi inneggia al 25 aprile col pugno chiuso lo fa bardato con la mascherina, rispettoso del coprifuoco e pronto a denunciare il vicino, in perfetto stile-Gassman.
Addirittura – ed è il particolare più grottesco di oggi – i manifestanti si sottopongono al “tampone partigiano”. Cioè, prima di sgolarsi a pugno chiuso per la libertà, pagano il pedaggio al regime.
In pratica, è una festa che nega sé stessa e i propri intenti originari. I partecipanti alla festa ben si sottopongono alle direttive del governo, un governo che destinerà alla salute soltanto una minima parte del recovery found. Perché il grosso dei soldi andrà per altre battaglie ritenute evidentemente più importanti: la parità di genere, la digitalizzazione, e la green economy. Invece di investire sulla salute e conseguentemente ripristinare le libertà individuali, si preferisce usare l’emergenza sanitaria – procrastinandola per tempi inconoscibili – proprio per imprigionare gli individui.
Fusaro cita il discorso che Mattarella fece in occasione del 25 aprile di due anni fa. Il presidente disse che quando un popolo cede libertà e diritti per tutela e protezione, storicamente ne scaturiscono tragedie.
Contestualmente, oggi Povia ha messo in rete il suo nuovo singolo e video, intitolato “Italia ciao”; è una parodia di “Bella ciao” e dice tra le altre cose “italiano, ti rendi conto che quel regime che tanto odi non è finito, è ancora qua. E’ nelle banche, è nelle tasse, nelle riforme e nei vincoli, e piano piano con il sorriso ti toglierà la libertà”.
Temo che siamo caduti nella trappola di giocare a Coppi e Bartali tra ”fascisti” (???) e antifascisti, parlando in eterno di un ventennio di quasi cent’anni fa. In realtà la competizione è tra chi si bea di mostrarsi antifascista e chi non lo trova necessario, giacché in uno stato che dovrebbe essere democratico è sottinteso essere antifascisti e godere della libertà e del garantismo, componenti connotanti un regime democratico.
Giocare a buoni e cattivi da scrivere alla lavagna può essere piacevole e divertente, il problema è che nel frattempo, mentre dibattiamo su contese di tanto tempo fa, siamo troppo distratti per vedere cosa accade oggi.