L’avere lasciato alla destra l’intestazione di alcune battaglie riguardanti temi cruciali della nostra democrazia è il motivo della marginalità cui si è condannata la sinistra mondiale.
Perché, per esempio, si è lasciato che la destra si impossessasse del tema della sovranità, quando anche uno studioso del calibro di L. Canfora ha ammesso che nel nostro paese esiste un problema di sovranità, che va posto a prescindere dal colore politico?
Ma il tema che veramente la Sinistra non avrebbe mai dovuto lasciarsi sottrarre è la critica al sistema neoliberista, utilizzato dalla destra nonostante la sua storica connivenza con il grande capitale. Doppio scacco questo per la sedicente sinistra attuale.
D’altra parte il fatto che ci sia ancora qualche politico che pensa che 600 euro al mese per un lavoratore stagionale siano una giusta retribuzione, la dice lunga sulla considerazione in cui è tenuto oggi il lavoro. Che questi due temi siano strettamente connessi al tema dell’Unione Europea è alquanto evidente. Quella che sarebbe dovuta essere, nei propositi dei promotori, la soluzione, è diventato il problema. L’adesione, o meglio la resa incondizionata, all’idea di un’Europa fondata su principi neoliberisti, si è rivelata un boomerang per le sinistre europee. Le politiche economiche austeritarie hanno avvantaggiato le destre che si sono intestate le battaglie contro l’impoverimento dei ceti medi e la disperazione dei ceti popolari, già devastati da decenni di attacchi al welfare. Non smetterò mai di ammirare l’intelligenza politica di partiti come il Front National o di quelli del “gruppo di Visegrad” che, poco alla volta, hanno tolto consensi ai partiti che, tradendo il loro passato, si sono schierati a favore di tutte le norme che venivano proposte dall’Europa, norme chiaramente ispirate a logiche iperliberiste.
Ma c’è un tema spinoso, forse il più divisivo, anche all’interno degli stessi schieramenti politici, ed è quello dell’accoglienza.
Che fare delle migliaia di vite umane abbandonate dalla politica, dopo secoli di colonialismo, e che bussano alle porte dell’Europa e dell’Italia, un paese, il nostro, invecchiato per colpa dell’assenza di una politica di sostegno alle giovani coppie? È inutile ricordare che il colonialismo è stato un peso insopportabile per i paesi africani depredati delle loro risorse e che continuano a sopportare il peso delle nuove forme di colonialismo?
La povertà e la precarietà sono due mali ineluttabili? Esiste una precisa volontà di mantenere la società europea in condizioni di sudditanza nei confronti della grande finanza e del mondo delle banche che decidono ormai le politiche degli Stati nazionali. L’avere per esempio stabilito al 3% il rapporto deficit/pil non ha un fondamento dal punto di vista economico; esso poteva essere stabilito al 4 o al 5%. Sicuramente, l’avere optato per il 3% ha reso e rende più problematico il pareggio del bilancio, soprattutto per i paesi del Sud Europa, ritenuti spendaccioni dai paesi “frugali” del nord. L’avere, poi, fatto pagare ai cittadini il crollo della Borsa del 2008 è la prova più lampante di come si risolvono le crisi economiche nella società di oggi.
È, poi, vero che la società aperta sia il bene e tutto il resto il male?
L’apertura senza un progetto alternativo di società genera solo profitti per chi sfrutta la manodopera a basso prezzo dei diseredati che lasciano i loro paesi, anche a rischio di perdere la vita nel Mediterraneo.
Le sinistre europee non sono riuscite a impostare battaglie efficaci per contrastare questo genocidio, lasciando che le destre sfruttassero il malcontento soprattutto dei ceti meno abbienti, infiammando i loro animi, per dare forza alle loro politiche nazionaliste in difesa della civiltà occidentale, proponendo azioni che hanno superato il limite della umanità.
Nessuna voce da sinistra è pervenuta in opposizione alle politiche di finta cooperazione che, a parole, aiutano i paesi africani, ma che nella realtà continuano a perpetuare sfruttamento e disuguaglianze. Altrove ho evidenziato i criteri utilizzati dall’ F.M.I. per la concessione dei prestiti e contro cui si sono levate le voci di autorevoli studiosi.
È indicativo, poi, che sia proprio la finanza mondiale ad appoggiare l’idea di società aperta, ma non perché animata da spirito umanitario, da filantropismo disinteressato, ma perché vede come manna dal cielo la possibilità di utilizzare l’estrema povertà di questi immigrati per giocare al ribasso dei diritti del lavoro, conquistati dal Movimento operaio europeo e mondiale dopo secoli di battaglie, a tratti anche cruente.