Un medico italiano dell’Ottocento, Giovanni Morelli, storico dell’arte, è famoso, fra gli addetti ai lavori, per la sua teoria sull’attribuzione delle opere pittoriche, al punto che molti acquirenti di opere d’arte si rivolgevano a lui prima di acquistarle. Il suo metodo, definito metodo indiziario, che ha influenzato financo S. Freud nell’elaborazione della sua teoria psicoanalitica, consisteva nello studio dei dettagli delle opere perché, sosteneva, era da questi particolari, che l’artista non controlla, per esempio la forma di un orecchio, che si poteva risalire al vero autore e pervenire ad una attendibile attribuzione. Questa affascinante ipotesi, che conserva comunque un suo fondamento anche se, successivamente, è stata abbandonata a favore di teorie più complesse, ritengo abbia il pregio di essere applicabile a diversi ambiti dell’attività umana.
L’occasione per il suo ripescaggio me l’ha fornita la notizia che la Germania, contravvenendo agli accordi sulla distribuzione delle dosi di vaccino fra le nazioni europee facenti parte della UE, ha acquistato direttamente dall’azienda produttrice una notevole quantità di dosi, accaparrandosele in barba alle dichiarazioni della signora “Fonderlaien”, commossa al limite del pianto (e noi italiani ne sappiamo qualcosa di donne in politica che piangono!) nel momento in cui annunciava che, una volta stabilito il principio di equa distribuzione dei vaccini, partendo tutti i paesi nella stessa giornata nella somministrazione dei vaccini, l’Europa dava un segno di unità e di coesione.
La notizia è trapelata in seguito alla domanda di una giornalista che chiedeva lumi in proposito alla signora Merkel.
Non pare che questo comportamento tedesco abbia destato particolare scandalo, perché quasi tutti i notiziari si sono limitati a riportarla senza sottolinearne gravità e scorrettezza.
Ma, si sa, la Germania è la Germania e gli altri paesi dell’UE non contano nulla!
È, dunque, proprio dai dettagli che emergono i veri significati delle azioni umane. La condotta della Germania in questa occasione rivela il senso di Angela per l’Europa, costruita intorno alla locomotiva tedesca che può permettersi di fare il bello e il cattivo tempo.
Prendiamo per esempio il tema della bilancia commerciale tedesca che è in attivo strutturale da molto tempo, oltre il 6% consentito dai Trattati europei. Le spiegazioni di Confindustria e del suo organo Il Sole24ore sono ineccepibili perché, in effetti, l’avanzo non prevede “procedure d’infrazione”.
Il massimo che può accadere a un paese che adotta una simile pratica è una “raccomandazione specifica”, che, come sappiamo, è poco più di carta straccia.
Ma viene da chiedersi come mai al momento del concepimento e della stesura dei Trattati non sono state previste misure coercitive rispetto a quelle che poi vi sono state inserite, relativamente all’attivo della bilancia commerciale, mentre sono state previste sanzioni e misure coercitive per deficit e debito? Forse perché era noto che mentre deficit e debito erano caratteristici dei paesi del Sud dell’Europa, l’avanzo nella bilancia commerciale era una peculiarità già comprovata dell’economia tedesca? Essere la locomotiva dell’Europa ha significato costruire l’Europa sul modello tedesco, laddove era sin da subito chiaro che le politiche austeritarie, più che prevedibili, certe, avrebbero accentuato il distacco di paesi come la Spagna, l’Italia, la Grecia e, per alcuni versi, anche la Francia, dalla Germania, che ne avrebbe tratto dei vantaggi. Vantaggi che si sono manifestati in tutta la loro potenza devastante nel caso della crisi della Grecia, costretta a svendere interi pezzi del suo patrimonio, crisi che ha permesso ai capitali tedeschi di accaparrarsi tutto ciò che hanno potuto.
Nessuno può negare i comportamenti virtuosi della Germania e la sua forza, ancor prima che si realizzasse l’Unione europea. Ci sarebbe dovuta essere maggiore accortezza e determinazione da parte dei politici italiani, prima di accedere alla moneta unica, e valutare in maniera più oculata i pro e i contro di un ingresso alle condizioni che sono state poste al nostro paese.
Come qualcuno sostiene è forse più probabile che l’Unione si spacchi per volontà dei cosiddetti “paesi virtuosi” piuttosto che per volontà dei paesi che arrancano con tanta difficoltà, soprattutto alla luce dell’attuale quadro economico dominato da incertezza e instabilità, fattori questi che alimentano la paura di non potere sopravvivere al di fuori dell’Unione.
A questo proposito è interessante quanto affermato in un articolo di qualche anno fa di una rivista di economia, in cui è detto chiaramente come stanno le cose: “Per Berlino, guidare l’Area Euro non significa adottarne i difetti degli altri membri, ma spingere i meno virtuosi verso livelli di maggiore efficienza sia di governo che di modello economico. Chi non ha compreso questo aspetto elementare e fondamentale del modus operandi dei tedeschi, evidentemente dovrebbe chiedersi cosa ci stia a fare nell’euro”. (1)
Appunto, verrebbe da dire.
Secondo questa logica è, pertanto, un’idea da anime belle pensare che si sarebbe potuta realizzare un’Europa diversa, un’Europa dei popoli, al posto di un’Europa dominata dagli appetiti delle èlite economico-finanziarie, che, come dei mastini non intendono, per nessuna ragione al mondo, mollare l’osso.
Sarà, ma alla distopia in cui siamo piombati continuo a preferire l’utopia di un’Europa diversa, un’Europa dal volto umano.
1. Articolo di G. Timpone pubblicato su “INVESTIRE OGGI. Quotidiano economico finanziario.” del 16 settembre 2016.