Qualcuno si era illuso che con Mario Draghi a capo del governo l’Italia avrebbe contato di più in Europa. Alla prima occasione, invece, l’Europa ci ha presentato il conto. I 900 milioni che lo Stato italiano ha dato ad Alitalia, come prestito-ponte per evitare il fallimento, devono essere restituiti in quanto aiuti di Stato che, come tali, hanno alterato le regole del mercato e della concorrenza. Contrariamente a ciò che pensano in molti, Draghi rappresenta per l’Europa il garante degli interessi della Ue e non del suo paese, del quale non sembra importargli molto. Da notare, inoltre, la tempistica. Mentre è in corso la trattativa con i sindacati per la partenza della nuova compagnia ITA, si abbatte sul paese la richiesta di una somma che aggiunge ulteriori difficoltà al dialogo fra le parti. Più che un sospetto, si può essere certi che questa decisione, già nell’aria, sia caduta in questo momento per ridurre a più miti consigli i sindacati che, in altre occasioni, hanno dimostrato di non essere particolarmente combattivi, cedendo facilmente al ricatto dei posti di lavoro che, comunque, vengono sistematicamente ridotti e, addirittura, con dimezzamento dello stipendio per i lavoratori. Queste sono le regole si dirà. Bene, è fuor di dubbio che esse non sono state pensate per rendere più facile la vita alle economie dell’Unione, la quale punta sempre su regole atte a favorire il capitale piuttosto che il mondo del lavoro. E quando in Europa qualcuno ha sbugiardato le forze che si richiamano, compatte, alla logica neoliberista, a queste voci non è stato neanche dato il contentino di un passaggio nei notiziari e sui quotidiani. Si potrebbe, per esempio, riportare l’intervento dell’europarlamentare Manon Aubry che ha attaccato frontalmente Ursula Von der Leyen sui vaccini dicendo: «La Commissione si è piegata alle aziende farmaceutiche». Ma a certe cose è meglio non dare diffusione.
Dovrebbe essere, pertanto, chiaro il motivo per cui oggi a Palazzo Chigi siede il signor banchiere Draghi, che non potrà fare altro che riconoscere che l’Europa ha ragione. Ad aggravare la situazione del nostro paese, nonostante lo sbandierato miglioramento della nostra economia, c’è l’ombra lunga del ritorno in grande stile del Patto di stabilità che svelerà a tutto il continente l’ipocrisia degli aiuti pervenuti col PNRR, che pagheremo cari e senza sconti.
Ma, se si sapeva già che Draghi non sarebbe servito neanche a rendere meno flebile la nostra voce in Europa, non rimane altra possibilità di spiegazione che la volontà di evitare le urne per accontentare tutti i partiti in vista del PNRR, ovvero per consentire loro di avere voce nell’accesso ai fondi, in cambio dei quali ci siamo impegnati a realizzare riforme che, nella maggior parte dei casi, vanno nella direzione di confermare le scelte di politica economica ispirate da sempre a quella austerità che nessuno ha il coraggio di mettere in discussione e che, pertanto, continuerà a pesare come un macigno sulle economie dei paesi più deboli. D’altra parte, avendo scelto un modello di sviluppo in cui vince il più forte, mandando in soffitta qualunque principio di solidarietà, non possiamo che “chinar la fronte al Massimo fattor”, il dio “Profitto”, che ormai permea di sé qualunque attività umana.