Riporto, ad apertura del presente articolo, le parole del prof. Monti dopo l’infelice uscita sulla necessità di controllare l’informazione durante periodi particolari come quello che stiamo vivendo, inopportunamente paragonato ad un periodo di guerra.
“Qui c’è un problema di fondo – osserva Monti – ed è lo scarso livello di educazione e di preparazione del popolo italiano […] Questo ovviamente ha anche un riflesso sulla capacità molto bassa del popolo italiano nell’esprimere un orientamento politico. Non vorrei che ci fossero equivoci: ognuno ha il diritto di voto, che è sacrosanto, ma il livello culturale scarso degli italiani si ripercuote anche sui giudizi politici di questi ultimi. È una lacuna grave e storica dell’opinione pubblica italiana“.
Se pensava di metterci una toppa, come suol dirsi, credo che sia cascato in pieno nel classico “la toppa è peggio del buco”.
Intanto lo ringraziamo per concederci che ognuno ha il diritto di voto, perché con l’aria che tira fra “società della competenza” e “patente per votare”, ormai nulla è scontato in uno stato che si dice di diritto.
Ma ciò che veramente ci incuriosisce è capire se in questi anni il professore è stato nel nostro paese o ha avuto esperienze di governo altrove.
A cosa è dovuto mai questo “scarso livello di educazione e di preparazione del popolo italiano”? Può darsi che nella furia iconoclasta propria di tutti i governi italiani, il suo compreso, lanciati a razzo contro la spesa pubblica, si sia trascurata, giusto per usare un eufemismo, la scuola e il valore aggiunto che essa apporta alla società dal punto di vista formativo, puntando invece, quasi unicamente, sulle competenze tecnologiche e sulla preparazione al mondo del lavoro? Sulla cosiddetta “cittadinanza attiva” ho avuto modo di soffermarmi in altra occasione, sottolineando quanto ci sia di ipocrita in una definizione che rimane lettera morta non incidendo minimamente nella vita concreta delle persone, soprattutto nella vita di chi non ha idea dei propri diritti e della Costituzione che dovrebbe garantirli. E se questo è accaduto, evidentemente, qualcosa non ha funzionato nell’opera di formazione dei cittadini. Ma cosa, esattamente? Nell’ottica del risparmio e del controllo della spesa pubblica, dopo alcuni decenni in cui sembrava che ci fosse un reale interesse per la scuola pubblica, con la riforma della scuola elementare che introduceva la pluralità di maestri e il tempo prolungato, lo Stato italiano ha cominciato a tirare i remi in barca con interventi di vera e propria controriforma, spesso motivati da discutibili considerazioni di carattere pedagogico. Ma si sa: quando c’è da risparmiare la fantasia dei politici e dei pedagogisti un tanto al chilo, arruolati d’ufficio nelle stanze del potere, si scatena, producendo effetti spesso devastanti. Infatti, anche ai più sprovveduti e all’asciutto di conoscenze pedagogiche, appare chiaro che, più togli i bambini dalla strada meno possibilità hanno di finire fra le grinfie di gruppi criminali che si pongono pochi scrupoli, al punto da arruolare anche loro per lo spaccio e/o piccole attività illegali. E se questa lettura vi pare eccessivamente drastica, è sufficiente riflettere su quante occasioni di formazione si sottraggono riducendo la permanenza entro le mura scolastiche. Perché, signor professor Monti, quello che veramente sta a cuore a voi, economisti non pentiti, è formare sin dalla più tenera età non teste pensanti ma esecutori fedeli degli ordini che arrivano dai poteri economico-finanziari che Lei, come l’altro Mario, suo amico e collega, rappresenta molto egregiamente.