“Qui il problema è capire se continuiamo a fare tre, quattro volte le guerre puniche nel corso di dodici anni di scuola o se casomai le facciamo una volta sola ma cominciamo a impartire un tipo di formazione un po’ più avanzata, un po’ più moderna a partire dalle lingue, dal digitale”. Parola di J. S. Bruner? No! Del ministro per la transizione ecologica Cingolani. Ah!
L’ignoranza che mostra il ministro con questa affermazione non necessita di alcun commento per chi possiede buone conoscenze di pedagogia. Considererò, invece, quanto da lui pronunciato in questi giorni alla trasmissione TG2 Post, come una sorta di assist per delle considerazioni di carattere generale, evitando, nella speranza di essere apprezzato per questo, di ammannire un pistolotto ad alto contenuto pedagogico.
Scusate, dunque, se anch’io non resisto a commentare le parole del ministro Cingolani che, come tutti i politici che si rispettino, si avventura in argomenti che dovrebbe maneggiare con cura o addirittura lasciare ad altri. Ma ormai non possiamo fare altro che rassegnarci.
Accendi il televisore e senti maître (ma non à penser), giornalisti, politici, scrittori, influencer, che intervengono su tutto quello di cui si sente parlare in giro, con l’aria di saperla lunga. Ed è questo ciò che crea problemi nella comunicazione. Perché, se è giusto che ognuno possa esprimere le proprie opinioni, è pericoloso pontificare su materie che non si conoscono.
Da cosa nasce dunque la mia perplessità?
In realtà tutto comincia da quel cortocircuito cognitivo che si attiva quando sento parlare i politici. Infatti, nell’epoca che, per definizione, è quella degli “esperti”, pare che gli unici a non potere parlare dei problemi che li riguardano siano i cittadini, tutti gli altri possono parlare di tutto ed essere addirittura apprezzati per questo, alla stregua di influencer marketing, mentre gli esperti ne hanno licenza solo se allineati alle narrazioni riconosciute a priori vere dal potere. Un esperto, che definirei “resistente”, anche se a fasi alterne, che si è permesso di esprimere un parere in disaccordo con quanto sostenuto dal governo, è stato vergognosamente ripreso e maltrattato da qualche giornalista un tanto al chilo. Ma anche a questo ci siamo rassegnati.
Ma il carico da undici non poteva che mettercelo un vecchio “migliore”, il professor Monti Mario, affermando che in un momento come quello attuale, contraddistinto dall’emergenza, è necessario “trovare modalità meno democratiche per l’informazione”. A scanso di equivoci, per cui si potrebbe pensare ad un caso di omonimia, ricordo che il suddetto Monti Mario è lo stesso che, insieme alla sua collega piagnucolona Fornero Elsa, ha inventato, durante il suo governo, la nuova figura dell’esodato (quando dici la fantasia al potere!).
Da ciò capisci che il problema per loro, i “Migliori” dico, è sempre lo stesso: questa dannata democrazia che è diventata una palla al piede! Ma questo tema è vecchio di decenni, se già nel 1975 la cosiddetta Commissione Trilaterale sosteneva che i problemi principali per la governabilità “nascono da un eccesso di democrazia”. Da allora questo tema è diventato un must per certa politica decisa a non lasciarsi condizionare da seccature come il voto popolare e che, se proprio si devono tenere in vita questi riti, è meglio svuotarli di significato, per evitare di correre rischi. Quindi, se sentite parlare in giro di necessità di ampliare gli spazi di partecipazione democratica, adesso sapete che non è questa la vera volontà che guida la politica del nostro tempo, se è da quasi cinquant’anni che lo sforzo principale va in direzione opposta.
Tornando al nostro ministro Cingolani, a me pare che stia, ogni giorno di più, perdendo occasioni d’oro per tacere. Se ha qualche buona idea per la scuola, prima di lasciare il ministero (così come dichiarato da lui medesimo, dopo aver centrato, a suo dire, gli obiettivi che erano alla base della sua nomina) ne parli subito col suo collega Bianchi che come ministro dell’economia, ops! scusate, come economista ministro dell’Istruzione, sicuramente concorderà con lui sulla necessità di modificare i curricoli della scuola, magari eliminando del tutto questa inutile Storia, che con le sue riflessioni procura tanti danni alle menti dei giovani che è preferibile si dedichino allo studio del digitale che, sicuramente, meglio di quanto possa fare lo studio delle guerre puniche, li farà diventare sudditi obbedienti, che è poi quello cui si sta alacremente lavorando. Non sia mai che quelle “stupide” guerre puniche possano diventare uno spunto di riflessione: perché cominci a parlare di lotta per l’egemonia sul Mediterraneo e non sai dove si può andare a finire!