I drammatici mesi della pandemia dovuta al Covid-19 hanno visto bloccati totalmente tutti i settori del nostro paese, compreso lo sport. Un periodo di stop, per cause di forza maggiore, che ha privato a lungo gli appassionati, e non solo, di quelle abituali gioie (e/o dolori) settimanali. Al giorno d’oggi il calcio, nonostante sia la disciplina più seguita in Italia, viene visto da alcuni come un insieme di atleti che inseguono un pallone, prendono milioni di euro e si divertono. Se così fosse, sarebbe allora fuorviante parlare di questo sport così costantemente tra amici, nei bar, per strada e soprattutto attraverso i social. Se tutti avessero una visione così affrettata e quasi banale del calcio, esso perderebbe la sua essenza e la sua rilevanza sociale e culturale (ed economica). Sociale, perché coinvolge milioni di tifosi nel nostro paese (e nel mondo), ognuno con la propria squadra del cuore, con i propri sogni e le proprie speranze. Culturale, perché rappresenta un vero e proprio movimento, uno stile, un costume, un codice intellettuale e folcloristico ben definito, riconosciuto anche al di fuori dei confini nazionali. Economico, perché porta, per esempio, nelle casse dello Stato diversi miliardi di introiti, e la necessità della sua ripartenza post-Covid è stata estremamente importante, ma questa è un’altra storia. Per molti il calcio rappresenta invece uno stile di vita, per altri un’alternativa, per qualcuno una distrazione, per tanti una passione. In un momento storico così estenuante, anche la sola possibilità di poter vedere e seguire le competizioni, rappresenta per le persone una meravigliosa evasione sociale dopo mesi di chiusura e di distanziamento. Ad esempio una semplice partita accomuna, unisce e riunisce un elevato numero di individui (o tifosi), sottolineando il grande bisogno umano di agire e reagire, soprattutto dopo il lungo Lockdown. Dopo settimane in cui le televisioni, le radio e i giornali hanno raccontato esclusivamente del progressivo aumentare dei casi quotidiani, oppure delle sconsolanti notizie dei vinti dal Coronavirus, oggi si può finalmente tornare a raccontare qualcosa di “nuovo”, o meglio, di dilettevole. Certamente non solo calcio, ma indubbiamente rimane più confortante seguire i resoconti delle partite in programma che i racconti sui nuovi contagi o addirittura sui decessi da “Corona”. Un risvolto sociale dunque, degno di nota, che può arrivare a coinvolgere qualsiasi ramo della società e qualsiasi fascia d’età. Il che ci fa sentire sicuramente più “vivi”. Si pensi per esempio ai più anziani, da sempre i più grandi commentatori del lunedì mattina dopo il weekend calcistico, che per mesi sono stati obbligati, come tutti, a restare in casa e che ora possono tornare a dibattere appassionatamente (spesso anche animatamente) sui risultati assieme ai “vecchi” compari. Si pensi anche ai bambini, che durante il Lockdown non hanno potuto vedere gli amici ed emulare con loro le gesta dei propri beniamini sportivi, che adesso possono tornare ad esultare insieme a loro per un “goal” o per una vittoria della propria squadra del cuore. Si pensi infine al tifoso medio, il quale può (a volte inconsciamente) vedere nel calcio una sana tregua, o distrazione, dal lavoro e dalle difficili sfide costanti della vita e godersi una bella partita allo stadio o nel proprio salotto di casa. Uno stop drammatico per un paese che ha saputo però reagire, stringere i denti e andare avanti, anche quando “l’avversario”, seppur invisibile, era più forte. Uno dei lati più incantevoli dello sport rimane infatti l’imprevedibilità degli eventi, dove non sempre colui che è favorito trionfa sugli altri. Restano davvero desolanti le tribune deserte degli stadi, rimane molto triste l’assordante silenzio del pubblico che non c’è; eppure per ripartire tutti hanno dovuto sacrificare e rinunciare a qualcosa per riavere indietro al più presto la normalità. Un insieme sfortunato di eventi che ha portato perfino al rinvio, di un anno, degli Europei calcistici, previsti inizialmente per l’estate 2020 e per la prima volta nella storia a modello itinerante (cioè in più nazioni dell’UE). Questo grande evento sarebbe stato un’ulteriore dimostrazione di quanto il calcio, e lo sport in sé, abbia una grande rilevanza nazionale, capace di unire grandi e piccoli, senza distinzioni di tifo, pronti per abbracciarsi e impazienti di esultare insieme. Così, nonostante gli innumerevoli dibattiti sul risvolto di questa disciplina sportiva che si protraggono da decenni, non si potrà mai negare il forte impatto sociale e culturale che il calcio imprime al nostro paese. Il mondo non è solo questo, ma senza non sarebbe lo stesso.