di Marta Lock
Difficilmente è possibile coniugare due mezzi espressivi tanto diversi come l’arte figurativa, in cui l’immediatezza dell’immagine, dei colori e delle sensazioni è prioritaria, e la scrittura in cui invece ogni parola, ogni frase, ha bisogno di essere scelta, soppesata, accordata al concetto o al verso seguente, eppure Maria Stamati, artista greca con un percorso di vita e di studio decisamente cosmopolita e aperto alle possibilità che la diversità offre, è un’eccellente rappresentante di entrambe queste due forme espressive. Nata in Grecia, residente ad Atene ma con un cammino formativo che l’ha condotta a studiare arte con Rube Bergstrome, professore della Scuola di Belle Arti di Getteborg in Svezia negli anni in cui ha vissuto ad Atene, ha sviluppato la tendenza a credere che non sia necessario restare all’interno di uno schema ben definito per affermare la propria professionalità, tutt’altro, l’esperienza vissuta, le persone con cui è entrata in contatto, le hanno fatto comprendere che la risorsa più grande è la trasversalità, soprattutto per chi, come lei, sente il bisogno di misurarsi con differenti linguaggi. Poetessa e scrittrice Maria Stamati ha redatto numerosi saggi e testi sull’arte pubblicati su riviste culturali e letterarie ma è con la poesia che si sente più a suo agio, che percepisce più affine alla sua natura. Ha pubblicato sei raccolte, molte delle quali sono state introdotte in antologie contemporanee e tradotte in inglese, tedesco, polacco e ceco, permettendole anche di vincere diversi premi. Tanto meditativa e ponderata quando sceglie il linguaggio scrittorio quanto invece impulsiva e istintiva è nel momento in cui si avvicina alla tela per narrare le impressioni, le sensazioni più profonde, più intime che hanno bisogno dell’immediatezza dell’immagine per essere pienamente liberate. L’Espressionismo Astratto è così lo stile pittorico più adeguato a questa sua parallela indole istintiva, quello attraverso cui riesce contemporaneamente a raccontare emozioni che poi, nella successiva presa di coscienza vengono elaborate ed esplicate nei titoli sotto forma di domande, di riflessioni su se stessa e sul mondo che la circonda; la seconda fase, quella della consapevolezza, si manifesta attraverso la necessità di arricchire la parte pittorica di elementi materici che non invadono lo spazio precedente bensì lo completano, legandosi al concetto espresso nei titoli necessari a comunicare in maniera diretta con l’osservatore. Ecco dunque che l’elemento scrittorio e quello dell’immagine si fondono in perfetto accordo e divengono l’uno il comprimario dell’altro, laddove la parte visiva necessita l’esplicitazione delle parole per amplificare i concetti delineati dai colori e dagli elementi materici inseriti, mentre la narrazione scrittoria ha bisogno dell’apparenza delle tonalità intense e delle inserzioni per dare musicalità e liricità al senso che altrimenti resterebbe unicamente legato alla parte più mentale. L’opera How far is the breath from the sigh (Quanto lontano è il respiro dal sospiro)
rappresenta la magica unione tra le due forme d’arte su cui la Stamati si muove, perché la frase del titolo riecheggia all’interno del dipinto in cui il viola, colore dell’anima, si scontra con il nero, associato spesso al dolore, evidenziano una lettera in trasparenza solcata da un filo sottile, quello appunto del confine tra il lasciar fluire il respiro generato da un frangente piacevole e l’evolversi di una circostanza che trasforma tutto il punto di vista lasciando spazio alla nostalgia o alla malinconia; e ancora in It is still a mistake when it is done more than once (È ancora un errrore quando è fatto più di una volta)
in cui la tonalità prevalente è quella del rosso, come la passione, come il dolore, come le ferite aperte, come la colpa, a cui l’artista prova a mettere una pezza, un cerotto per coprire, pur non riuscendovi, la ripetitività di ciò che è stato commesso. Andiamo ora a conoscere personalmente questa poliedrica artista.
Maria, lei si divide tra scrittura e pittura, qual è la parte più complessa dello scrivere e quale quella del dipingere? Conciliarle entrambe comporta un approccio completamente diverso, uno più visivo e l’altro più mentale, ci racconta quale dei due trascina l’altro e quanto invece uno riesca a predominare? L’arte in sé è complessa e bisogna dedicarsi completamente ad essa. Con la tua anima, il tuo corpo e tutto quello che hai e lavorare molto duramente. Richiede di manifestare ciò che si pensa di sapere fino a comprendere che è necessario esplorare anche ciò che non si sa di avere, espandendo costantemente i confini. La sua complessità ha a che vedere con il fatto che l’arte nasca dall’intera esistenza dell’artista e comunica con l’intera esistenza dello spettatore. La pittura e la poesia sono due forme di arte e di espressione diverse ma vanno di pari passo. Perché io parlo anche quando dipingo e lavoro su tutto ciò che penso, so, sulle cose che mi preoccupano, che mi generano ansia; inizio a lavorare prendendo in mano i pennelli e nel processo creativo arrivano le parole. O al contrario, inizio una poesia e questa diventa un’immagine dentro di me e così la realizzo visivamente. Si lasciano trasportare e coesistono ma non sento mai che una delle due prevale. Direi che si parlano e si completano a vicenda.
Come sceglie il mezzo espressivo attraverso cui esprimersi? Sceglie la poesia quando desidera riflettere su se stessa e le sue emozioni e la pittura quando invece sente il bisogno di indurre l’osservatore a comprendere in maniera più diretta il suo messaggio, oppure è un’altra energia a determinare quale linguaggio utilizzare?
In realtà non scelgo. Nel mio laboratorio c’è da un lato una scrivania, con carte e matite sempre in movimento; lavoro ogni giorno soprattutto dipingendo, ma scrivo anche i miei pensieri sulle opere su cui lavoro e a volte diventano versi o poesie.
Lei ha pubblicato molti libri di poesie, e molte delle sue opere sono state scelte per le copertine di volumi scritti da altri suoi colleghi, quanto è importante nel suo percorso questo tipo di interazione e di collaborazione? Può essere questo il modo per far sopravvivere e diffondere in maniera più incisiva l’arte e la cultura? Attraverso la sinergia? Quando un collega sceglie uno dei miei lavori per la copertina di un suo libro, sono contenta che abbia visto nell’opera l’espressione delle sue idee e ciò che tratta nel suo libro. Quando invece un autore mi manda il libro e mi chiede di eseguire la copertina seguo lo stesso processo di creazione di un progetto che si fa dopo aver studiato bene il testo. La coesistenza delle arti e il loro dialogo è sempre una direzione positiva per il loro approccio più completo e sfaccettato e per la fruizione dei loro messaggi. Non è un caso che nell’arte contemporanea, molto spesso le arti collaborino e interagiscano, come i video d’arte con il cinema o lo storytelling, i performer che usano il movimento e la danza, le installazioni che dialogano con la scultura. Non so se questo contribuisce alla diffusione o alla sopravvivenza dell’arte. Nasce dal bisogno degli artisti di avere un’espressione e una performance più essenziale, più completa, delle loro idee e questo porta all’uso di qualsiasi mezzo, modo o materiale.
Le sue opere sono state esposte in moltissime mostre personali e collettive in Grecia e all’estero, e fanno parte di collezioni private in tutto il mondo. Vuole raccontare ai lettori come è riuscita a raggiungere questi importanti obiettivi in un mondo dell’arte molteplice e vasto come quello contemporaneo? Quali sono i suoi prossimi progetti?
Essere artista oggi come sempre, significa esibire e far vedere ciò che si produce, io ho semplicemente deciso di mostrare il frutto del mio lavoro che emerge dalle mie opere. Attualmente sto preparando due mostre personali, una ad Atene e una a Roma, e nel mio atelier ho molti lavori in corso, molti progetti aperti. Al momento, sto anche lavorando a una grande installazione, che riguarda i grandi incendi dell’estate in Grecia e in molti altri paesi, fatti che hanno molto colpito la mia sensibilità.
Marta Lock’s interviews:
Maria Stamati, poetry and painting in splendid lyrical accord It is difficult to combine two expressive media as different as figurative art, in which the immediacy of the image, colours and sensations is priority, and writing, in which every word, every sentence, needs to be chosen, weighed up, tuned to the following concept or verse. Yet Maria Stamati, a Greek artist whose life and studies have been decidedly cosmopolitan and open to the possibilities that diversity offers, is an excellent representative of both these expressive forms. Born in Greece, resident in Athens but with a formative path that led her to study art with Rube Bergstrome, professor at the Getteborg School of Fine Arts in Sweden during the years she lived in Athens, she developed the tendency to believe that it is not necessary to remain within a well-defined scheme to affirm one’s professionalism, far from it, the lived experience, the people with whom she came into contact, have made her understand that the greatest resource is transversality, above all for those who, like her, feel the need to compete with different languages. On the contrary, her experience and the people she has come into contact with have made her understand that the greatest resource is transversality, especially for those who, like her, feel the need to measure themselves against different languages. As a poet and writer, Maria Stamati has written numerous essays and texts on art published in cultural and literary magazines, but she feels most at ease with poetry, which she perceives as more akin to her nature. She has published six collections, many of which have been included in contemporary anthologies and translated into English, German, Polish and Czech, also winning her several prizes. She is as meditative and thoughtful when she chooses the written language as she is impulsive and instinctive when she approaches the canvas to narrate her impressions, her deepest, most intimate feelings that need the immediacy of the image to be fully released. Abstract Expressionism is thus the pictorial style best suited to her parallel instinctive nature, the one through which she succeeds at the same time in narrating emotions that are then, in the subsequent awareness, elaborated and explained in the titles in form of questions, reflections on herself and on the world around her; The second phase, that of awareness, manifests itself through the need to enrich the pictorial part with material elements that do not invade the previous space but rather complete it, linking up with the concept expressed in the titles, necessary to communicate directly with the observer. Here, therefore, the written and pictorial elements merge in perfect harmony and become one the comprimario of the other, where the visual part needs the explanation of words to amplify the concepts outlined by the colours and material elements inserted, while the narrative of the writing needs the appearance of intense tones and insertions to give musicality and lyricism to the meaning, which would otherwise remain tied solely to the more mental part. The work How far is the breath from sigh represents the magical union between the two art forms on which Stamati moves, because the phrase of the title echoes within the painting in which purple, the colour of the soul, clashes with black, often associated with pain, highlight a letter in transparency furrowed by a thin thread, that of the border between letting flow the breath generated by a pleasant circumstance and the evolution of an event that transforms the whole point of view, leaving room for nostalgia or melancholy; and again in It is still a mistake when it is done more than once, in which the prevailing shade is red, like passion, like pain, like open wounds, like guilt, where the artist tries to put a patch on, a plaster to cover up the repetitiveness of what has been done, whithout managing to do so. Let us now get to know this versatile artist personally.
Maria, you divide your time between writing and painting, what is the most complex part of writing and what is the most complex part of painting? Reconciling them both requires a completely different approach, one more visual and the other more mental. Can you tell us which of the two drags the other along and how much one predominates? The art itself is complex and you have to dedicate yourself completely to it. With your soul, your body and everything you have and work very hard. It requires you to manifest what you think you know until you realise that you also need to explore what you don’t know you have, constantly expanding the boundaries. Its complexity has to do with the fact that art arises from the whole existence of the artist and communicates with the whole existence of the viewer. Painting and poetry are two different forms of art and expression but they go hand in hand. Because I also speak when I paint and work on everything I think, I know, on things that worry me, that cause me anxiety; I start work by picking up my brushes and in the creative process words come in. Or on the contrary, I start a poem and it becomes an image inside me and so I realise it visually. They get carried away and coexist but I never feel that one of them prevails. I would say they talk to each other and complement each other.
How do you choose the medium through which to express yourself? Do you choose poetry when you want to reflect on yourself and your emotions, and painting when you feel the need to induce the viewer to understand your message more directly, or is it another energy that determines which language to use? Actually I don’t choose. In my laboratory there is a desk on one side, with papers and pencils always on the move; I work every day mainly painting, but I also write down my thoughts on the paintings I work on and sometimes they become verses or poems.
You have published many books of poetry, and many of your works have been chosen for the covers of books written by other colleagues, how important is this kind of interaction and collaboration in your journey? Can this be the way to make art and culture survive and spread more effectively? Through synergy? When a colleague chooses one of my artworks for the cover of his book, I am happy that he has seen in the work the expression of his ideas and what he deals with in his book. On the other hand, when an author sends me the book and asks me to do the cover, I follow the same process of creating a design that one does after having studied the text well. The coexistence of the arts and their dialogue is always a positive direction for their more complete and multifaceted approach and for the fruition of their messages. It is not by chance that in contemporary art, very often the arts collaborate and interact, such as art videos with cinema or storytelling, performers using movement and dance, installations dialoguing with sculpture. I don’t know if this contributes to the diffusion or survival of art. It stems from the need of artists to have a more essential, more complete expression and performance of their ideas and this leads to the use of any medium, way or material.
Your artworks have been shown in many solo and group exhibitions in Greece and abroad, and are part of private collections all over the world. Would you like to tell our readers how you managed to achieve these important goals in such a diverse and vast art world as the contemporary one? What are your next projects? Being an artist today, as always, means exhibiting and showing what you produce; I have simply decided to show the fruit of my work that emerges from my paintings. I am currently preparing two solo exhibitions, one in Athens and one in Rome, and in my studio I have many works in progress, many open projects. At the moment, I am also working on a large installation, concerning the great fires of the summer in Greece and in many other countries, events that have greatly affected my sensitivity.